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OMICIDIO AL PRESEPE VIVENTE

Il nuovo giallo di Annalisa Venditti
giovedì 8 dicembre 2022 di Nica Fiori

Argomenti: Recensioni Libri


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Chi ha già letto i precedenti gialli di Annalisa Venditti, incentrati sulle investigazioni del capitano dei carabinieri Giovanni Borgia, sicuramente accoglierà con entusiasmo il nuovo romanzo “Omicidio al presepe vivente” (dei Merangoli Editrice, Roma 2022), che ci riporta in flashback agli inizi della sua carriera, quando il capitano era un giovane tenente.

Affascinante come al solito, e se vogliamo anche più brillante, il bell’ufficiale è in compagna della sua fidanzata del momento, Viola, alla quale ha proposto una vacanza natalizia in un borgo sperduto, arroccato sui resti di un santuario di epoca romana, spinto da una cartolina ingiallita dal tempo, acquistata per poche lire al mercato romano di Porta Portese.

Un paese “che, per trovarlo, c’era voluta una vecchia mappa ormai fuori commercio e si era domandato, Borgia, se quella cartolina non fosse uno scherzo, un fotomontaggio”. È lì che in una fredda giornata di tardo dicembre degli anni Novanta del Novecento ha inizio la vacanza della coppia, non senza qualche perplessità da parte di Viola, che avrebbe preferito un luogo più animato.

“Benvenuti a San Porfidio. Visitate il grande presepe vivente!” è scritto in un cartello all’ingresso del paese, che annuncia la grande attrattiva del periodo natalizio. Un presepe davvero unico, che per due mesi ha impegnato una squadra di cinque falegnami e due muratori nella realizzazione di una Betlemme in miniatura, dove si esibiranno dei veri attori e diversi figuranti in costume. Il parroco ha investito molto su questo evento, dal quale si aspetta un ritorno in denaro per i restauri della chiesa. Ma un inquietante mistero aleggia tra le mura vetuste di San Porfidio e un fatto inaspettato di sangue turberà la quiete del luogo, riportando il giovane tenente alla sua attività investigativa.

Il borgo, vero protagonista del romanzo, sembra come stregato, sospeso al di là della vita e del tempo. Una chiesa, una torre di porfido con un sorprendente orologio meccanico, un palazzo nobiliare e il suo giardino con uno stagno, un’edicola mariana, un tempietto romano, un cimitero, un pugnale dalla lama retrattile, un costume da Erode sono solo alcuni elementi materiali di una storia enigmatica nella quale si muovono una strana fanciulla vestita di bianco, un prete e la sua perpetua, un marchese che ha vissuto un grande dolore e la sua domestica, un barista, un architetto, un calzolaio, tre gemelli, alcuni attori di una compagnia teatrale, una vecchietta di quasi cento anni e perfino un cagnolino che contribuisce a creare momenti di suspence.

Questo giallo sembra nato sulla scia della grande tradizione della narrativa fantastica noir, e in particolare si ispira alle atmosfere misteriose dello sceneggiato Rai “Il segno del comando” del 1971, che Annalisa Venditti, all’epoca non ancora nata, ha visto solo qualche anno fa rimanendone assolutamente affascinata, così come lo è stata dai gialli di Agatha Christie.

E, proprio come i grandi giallisti del passato, l’autrice si muove a suo agio nell’intreccio, caratterizzato da tante sorprese e colpi di scena che portano il lettore a sospettare di più protagonisti, fino alla soluzione finale, tutt’altro che scontata. Un finale che in realtà non svela proprio tutto, perché alcune cose devono rimanere non dette, ma sono comunque intuibili; l’ultimo capitolo, poi, sembra preludere alla prosecuzione delle avventure di Giovanni Borgia, e forse alla storia del suo omonimo Juan Borgia, figlio prediletto di Alessandro VI, assassinato misteriosamente a Roma e del quale possiede un ritratto.

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Presentazione del libro

Annalisa Venditti fonde suggestivamente realismo e onirismo con una elegante scrittura che sa essere descrittiva, evocativa e visionaria, senza trascurare la caratterizzazione psicologica dei misteriosi personaggi che si incontrano nel romanzo. Leggende e oscure paure si sposano con l’atteggiamento scientifico di Borgia, forse non dissimile da quello della scrittrice, che ha una formazione archeologica e che indubbiamente ama i puzzle e in generale l’enigmistica e i giochi di parole.

Pensiamo in particolare al paese, che è una sua invenzione basata sul ricordo di tanti altri borghi che ha visitato: il suo strano nome allude al marmo rossastro della torre, come pure ai due santi patroni, chiamati Porfirio, o forse a un Porfisio, cui viene dedicato il libro.

Allo stesso tempo il nome potrebbe rifarsi al casato del marchese Loperfido, nella cui dimora alloggiano, insieme a un’altra coppia, Borgia e Viola, e rievoca anche l’iscrizione latina sulla lapide della sua prozia Letizia, morta nel 1905 e definita “vergine infelice perché l’amore sa essere perfido nelle vicende della vita”.

Com’è affascinante quell’aggettivo latino “perfidiosus” usato nell’epigrafe della donna raffigurata nel marmo, la cui immagine “comunicava un dolore incontenibile, devastante, il peso di un destino crudele, di una inevitabile condanna”. È un’anima senza pace la sua, la cui storia tutti hanno paura a raccontarla. Non si dice forse nel paese che “chi vede il suo fantasma nel giro di poco tempo o muore o subisce gravi lutti, a meno che non riesca a rompere l’incantesimo”? E non si tratta forse della stessa donna la cui firma (“Tua Letizia, per sempre”) nella vecchia cartolina ha spinto Borgia a cercare il paese di San Porfidio?

Come ha raccontato l’autrice nel corso della presentazione del libro, San Porfidio esiste nel salotto della sua casa, e si tratta di un plastico costruito pezzo dopo pezzo con scatole, cartoncini, colla, stucco, colori ed elementi paesaggistici. Realizzare questo paese è stato un modo per passare il tempo nel triste periodo dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da covid. Prima ancora di ambientarvi il suo racconto, questo luogo è stato il suo rifugio segreto: una fantasia che è diventata realtà e dove anche noi vorremmo perderci tra i vicoli, le botteghe, i palazzi, così come vorremmo assaggiare i piatti tipici descritti nel romanzo o fare uso di quell’olio santo di antica tradizione che guarisce molti mali.

Il libro è tutt’altro che breve (276 pagine), eppure lo si legge tutto d’un fiato e alla fine i protagonisti principali continuano a vivere dentro di noi insieme al ricordo di quel borgo e di quel nostalgico natale di altri tempi, quando ancora non si usavano i navigatori satellitari, né i cellulari e i social che tanto hanno cambiato il nostro modo di vivere.

P.S. Annalisa Venditti (1977) è giornalista, scrittrice e autrice televisiva. Lavora nel programma di Rai 3 "Chi l’ha visto?" ed è coideatrice e autrice di “Vertigo. Gli abissi dell’anima”. Si occupa da anni di cronaca nera, giudiziaria e di omicidi irrisolti. Tra le sue pubblicazioni si ricordano “l’albero di Milli”, una favola noir di Natale, e “Andrea Baroni. Il cavaliere delle rose e delle nuvole”, biografia del celebre meteorologo televisivo. Con la casa editrice dei Merangoli ha pubblicato nel 2016 “Donne Perse(phone)”, testo teatrale contro la violenza di genere, e i due romanzi gialli che hanno come protagonista il capitano Borgia "Il giorno dell’Assoluzione"(2016) e “Delitto all’Home Restaurant” (2020).

 

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