Esistono, anche nel diritto alla vita, casi di serie”A” e di serie “B”?
La recente vicenda di Eluana Englaro ha dominato e sconvolto l’opinione pubblica per molto tempo e ancora oggi, si riaprono polemiche mai sopite sul testamento biologico, mentre il padre della ragazza è sotto inchiesta per “omicidio volontario”.
In questi casi drammatici, è giusto che ognuno di noi giudichi esclusivamente secondo coscienza, ma purtroppo, molto spesso, le ragioni politiche prendono il sopravvento su quelle morali e allora, il “caso” diventa motivo di polemiche e di propaganda.
Una cosa, però, salta agli occhi di tutti: mentre il Governo, negli ultimi giorni di vita della povera ragazza si precipitava (ed uso un eufemismo) a preoccuparsi della sua vita, dopo mesi di disinteresse totale, allo stesso tempo, varava una legge contro il diritto di assistenza ad altri esseri umani, sia pure clandestini. A questi immigrati irregolari è stato praticamente tolto il diritto di essere curati in caso di necessità negli ospedali e nelle strutture sanitarie, perché è stata prima ordinata e poi concessa la possibilità a medici ed infermieri di denunciare la loro presenza alle forze dell’ordine, per un immediato rimpatrio.
E’ quindi logico pensare che nessuno di questi disagiati ricorrerà a prestazioni mediche, anche di pronto soccorso, presso centri di assistenza del nostro Paese, con il pericolo di complicazioni dello stato di salute degli stessi e di diffusione generale di epidemie.
Una vera e propria contraddizione tra chi si batte a spada tratta per “salvare” una vita e chi, negli stessi istanti, pronuncia sentenze di morte per i più deboli.
Purtroppo, di casi di immoralità, di menefreghismo, di mancanza del benché minimo senso di solidarietà sono piene le cronache di ogni giorno, ma quello che colpisce di più e che spesso, troppo spesso, si tace o addirittura si applaude a tali nefandezze.