In pratica tutti rompevano le classiche scatole. A furia di romperle i due Re si trovarono come costretti a promulgare guerra aperta e totale, insomma una roba definitiva, che decidesse senza equivoci quale regno inglobasse l’altro.
Conseguentemente i due Re si organizzarono per assoldare mercenari. Il cattivo pensò: “Mi conviene prendere quelli che costano meno, così posso assoldarne un numero maggiore. Quando il nemico vedrà quanto siamo numerosi, si spaventerà, combatterà male, quindi vinceremo”. Il buono pensò: “ mi conviene prendere i mercenari che costano di più, così posso assoldare i migliori. Quando il nemico vedrà quanto siano di valore, si spaventerà, combatterà male, quindi vinceremo”.
Formati i due eserciti, venne il giorno della grande battaglia, ed essi conversero alla vasta pianura scelta come luogo dello scontro. Senonché, entrando e schierandosi nella grande valle, ciascuno vide l’altro. Allora i mercenari del Re buono pensarono: “Questa battaglia non si può combattere… è vero che siamo i migliori, ma il nemico è così numeroso che cadremo sfiniti dopo averne ucciso forse la metà, e allora la moltitudine ci massacrerà anche se, presi singolarmente, sono pessimi combattenti”.
Nel frattempo, i mercenari del Re cattivo pensavano: “ Questa battaglia non si può combattere… è vero che siamo tantissimi più di loro, ma ciascuno di loro vale tantissimo e allora chiunque di noi si avvicinasse per primo, resterebbe con assoluta certezza massacrato”. E per fortuna che entrambi gli eserciti fecero tali considerazioni all’unisono, talché entrambi girarono sui tacchi e fuggirono nelle direzioni opposte.
Una delle conseguenze di ciò fu che i Re si ritrovarono soli nella pianura come due cucchi. Ma non era un grosso problema; intanto perché la brutta figura risultava reciproca, e poi perché i due erano in realtà amici. Talché si misero a passeggiare in su e in giù, un po’ commentando l’accaduto, un po’ cercando una soluzione ala situazione che si era venuta a produrre.
E mentre passeggiavano sentirono un fruscìo tra alcuni cespugli. Più incuriositi che intimoriti, andarono a vedere. Trovarono un ragazzino che – si fa per dire – stava giocando con una capra. Insomma, come si diceva nel buon tempo antico, la conosceva senza veli…
Per niente intimorito o svergognato, alla vista dei due, il ragazzino continuò a giocare: ragione per cui i Re si ritirarono alquanto imbarazzati, e si allontanarono. Senonché allontanandosi sentirono un altro fruscìo in un altro gruppo di cespugli. Questa volta senza esitare andarono a vedere.
Ma questa volta non vi chiederemo che cosa vi trovarono, perché indovinereste subito… Naturalmente trovarono una ragazzina che – si fa per dire – stava giocando con un capro. Per niente intimorita alla vista dei due, la ragazzina continuò a giocare: ragion per cui i Re si ritirarono dai cespugli imbarazzatissimi, e si allontanarono.
Sarà stato pure tutto naturale e comprensibile, ma vi fu una strana coincidenza: i due ragazzini si somigliavano fra loro almeno quanto si somigliavano le capre fra loro… e un simile fatto accadeva proprio in quel fatidico giorno…
Ebbene tutto ciò doveva essere un messaggio degli dei, se non un segno del destino, talché i due re decisero di andare a chiedere un’ interpretazione al Grande Saggio che viveva in una ridente valle insieme alla sua compagna, la Grande Folle.
I due Grandi ascoltarono attentamente il racconto dei Re, mentre dal recinto fuori della caverna arrivavano i belati di molte capre. I due Grandi chiesero dei dettagli importanti (come ad esempio l’ora, il luogo, temperatura ambientale, posizioni, ritmi, suoni).
Alla fine si guardarono, si sorrisero, e sentenziarono.
Bisogna dire che la sentenza non era del tutto chiara, ma i Maestri – saggi o folli che siano – sono sempre un po’ sibillini, si sa. Comunque così il saggio sentenziò: “Rallegratevi di aver visto, almeno una volta nella vostra vita, un segno degli dei, anche se non lo capirete mai. Essi comunque hanno voluto dire: come non esiste ragazzino senza ragazzina e capra senza capro, così non esiste regno della bontà senza quello della cattiveria e non esiste re che continui a comandare senza sudditi che continuino a ribellarsi, mentre tutto è intercambiabile”.
Al che la maga dolcemente rimbeccò: “Sei il solito confusionario, amor mio. Gli dei hanno voluto dire: come non esiste un regno della bontà senza quello della cattiveria e non esiste re che continui a comandare senza sudditi che continuino a ribellarsi, così non esiste ragazzino senza ragazzina e capra senza capro, mentre tutto, si sa, può inter scambiarsi.