In Libro notturno Franco Scaldati ripropone aspetti della tragedia umana, riconnessi a precedenti opere delle quali già abbiamo avuto occasione di scriverne sin dalla sua prima produzione.
Adesso questo testo messo in scena da Lucia Ragni conferma le qualità poetiche della sua ispirazione, anche se l’inclinazione del suo linguaggio, in una combinazione con musiche originali, sembra restare al livello di quel sogno-incubo, di cui parla la stessa regista nel programma. Lo spettatore non specializzato rischia allora di restare invischiato in una atmosfera dalla quale non riesce a trarre i colori caratteristici che l’A. intendeva trasmettere. Un discorso cioè troppo chiuso in sé stesso e quindi non in grado di pervenire ad un livello realizzato, anche se l’interpretazione di Francesca Benedetti ha un suo autonomo rilievo.
- La regista Lucia Ragni
Quel fantasma che aleggia nel racconto della vicenda resta lontana indicazione di una sorte mitica senza inverarsi in una più compiuta trasposizione. L’insistente richiamo ad elementi connaturati ad una triste esistenza fisica e psicologica sembrano parole lanciate in un vuoto, non riempito da consistenti tracce di quelle “ali di farfalla” che Lucia Ragni dichiara di aver intravisto nell’orrifica descrizione. Una maggiore attenzione alla percettibilità e sensibilità da parte del pubblico dovrebbe costituire un fattore valido ai fini della scelta di una rappresentazione mentre in questo caso non è stata considerata.
Ecco perché la presenza romana di Scaldati questa volta ha francamente deluso chi, come il sottoscritto, ne ha in passato valutato positivamente l’opera.