a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
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Ultimo aggiornamento
10 ottobre 2024
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Stamattina ho pensato con entusiasmo di visitare la mostra Comicon, ma giunto in prossimità degli ingressi, a piazzale Tecchio e su viale Augusto, le file interminabili mi hanno indotto a più miti consigli, contento per il successo della manifestazione, un po’ meno per il dover rinunciare alla visita.
Mi sono però soffermato a lungo ad osservare le file di aspiranti visitatori, la quasi totalità giovani ed ho constatato che nella mia, ormai abbastanza lunga vita, una sola volta mi ero imbattuto in una fila più lunga(circa 3 chilometri), quando nel 1989, prima della caduta del muro di Berlino, a Leningrado, dovevo visitare con la mia famiglia il celebre museo dell’Ermitage e rimasi spaventato da una marea di persone pazientemente in attesa, avendoli scambiati per amanti dell’arte, mentre viceversa si trattava semplicemente di cittadini che ambivano di acquistare una bottiglia di Coca Cola, tra l’altro prodotta in loco.
Ma la seconda osservazione è quella che mi ha sorpreso maggiormente ed amareggiato oltre misura: non vi era un giovane che non indossasse vestiti stracciati e non ostentasse pettinature tra il barbaro ed il demenziale, mentre moltissime ragazze erano in maschera, da fata, da strega, da donna fatale, pur essendo lontano il Carnevale. Probabilmente volevano rendere omaggio al titolo della rassegna apparendo comiche e svampite.
Beate loro, povera umanità.
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