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I virtuosi di san martino

Nel nome di Ciccio

A “Benevento Città Spettacolo” l’omaggio a Nino Taranto dei Virtuosi di San Martino
giovedì 13 settembre 2012 di Gianandrea de Antonellis

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Teatro


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Molte sono le polemiche che hanno accompagnato l’inizio della trentatreesima edizione del festival teatrale “Benevento Città Spettacolo”: troppo scarsi i fondi a disposizione (si era ventilata la chiusura, che molti avrebbero preferito ad una stentata sopravvivenza) e, di conseguenza, secondo molti sarebbe troppo basso il livello degli spettacoli ed eccessivo lo spazio lasciato agli allievi del locale conservatorio, all’evidente scopo di sopperire alle carenze di budget con la presenza dei musicisti locali.

Sicuramente di alto livello lo spettacolo dei Virtuosi di San Martino, anche se non si tratta certo di una novità, visto che la ripresa dell’omaggio a Nino Taranto (che risale al 1999) era stata già proposta lo scorso anno proprio durante la 32° edizione del festival beneventano.

Ma non ha importanza, visto che i Virtuosi hanno avuto anche il merito indiretto di sostituire un omaggio ad un altro artista, Fred Buscaglione (L’ultima corsa di Fred di Mario Gelardi e Giuseppe Miale Di Mauro): un altro deja vu , visto che la pièce aveva esordito dieci anni proprio a “Città Spettacolo”.

Lasciando da parte le polemiche e limitandoci al giudizio sulla performance del gruppo napoletano, che vedeva Vittorio Ricciardi al flauto, Antonio Gambardella al violino, Federico Odling al violoncello, Carmine Terracciano alla chitarra e Roberto Del Gaudio voce recitante e soprattutto cantante, si è trattato di un pieno successo: nessuno si è lamentato della riproposizione di uno spettacolo già visto lo scorso anno ed anzi in molti sono tornati ad ammirarlo.

100000000000012C000000CC87C5DD89Nel nome di Ciccio è una esilarante carrellata di “macchiette” tratte dal repertorio dell’avanspettacolo, naturalmente rivisto nello stile dei “Virtuosi”: si apre con le dolorose vicende del celebre Ciccio Formaggio (che si lamenta del fatto che, se la moglie gli volesse bene veramente, non lo sottoporrebbe ad una reiterata serie di angherie) recitata, più che cantata, in stile pressoché tragico, tale da far meditare gli spettatori sul reale dramma vissuto dal narratore; ma è solo l’inizio: da lì in poi le risate si susseguono senza soluzione di continuità, come senza interruzioni è il passaggio dalla canzone al recitato, con contaminazioni di generi e di musiche (non mancano le citazioni di Rossini, Verdi e Wagner), mentre il cantante di una macchietta si può improvvisamente trasformare in niente popò di meno che Eduardo, che sorbisce al balcone il caffè dialogando con il dirimpettaio professore (la parodia di De Filippo è uno dei punti di forza della comicità di Del Gaudio, che peraltro in questo spettacolo aggiunge altre imitazioni, come vedremo, al proprio inesauribile carnet).

Roberto Del Gaudio, autore assieme a Federico Odling delle musiche e dei testi (i due artisti formano l’asse portante dell’ensemble), si conferma eccezionale affabulatore, mai prono alle imposizioni del politically correct , inventore di un nuovo tipo di “grammelot” che niente ha da invidiare a quello di Fo (e che sorpassa di molto in comicità). A tale “grammelot” Del Gaudio si abbandona in un esilarante finale, in cui anche la semplice presentazione del nome dei componenti del gruppo diviene un momento comico irresistibile.

Un altro esempio della tipica comicità dei Virtuosi consiste nella reiterazione dal sapore talvolta futurista di una semplice frase, interpretata in numerosissime, differenti sfumature (arrabbiato, piangente, pauroso, folle, etc.) o con una perfetta imitazione dei più grandi attori italiani (da Eduardo a Carmelo Bene, da Bice Valori a Vittorio Gassman), in un susseguirsi di variazioni che sembra non dover mai aver termine.

Lo spettacolo, che ha anche il pregio di non essersi avvalso di alcuna amplificazione, ma di essere completamente acustico, ha esaltato il pubblico, che ha richiesto ben due bis: prima la riproposizione di un brano in dialetto meneghino di Walter Valdi, per uscire dal mondo dell’avanspettacolo napoletano, e poi una versione “cinese” di un classico di inizio Novecento, A canzone ’e Napule , come l’avrebbe interpretata il cantautore “Peppino di Taiwan”.

P.S.

Una idea dello spettacolo da questa ripresa dell’anno precedente

Nel nome di Ciccio - I Virtuosi di San Martino


 

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