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Ribelli, Feltrinelli 2015

IL POTERE, LA RIBELLIONE, L’UTOPIA


giovedì 1 ottobre 2015 di Andrea Comincini

Argomenti: Mondo
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Vincenzo Pacelli, Gianluca Forgione (a cura di )
Argomenti: Pino Cacucci


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Durante la seconda guerra mondiale, i partigiani scampati ad una imboscata avevano la consuetudine di abbandonare i rifugi segreti se un loro compagno veniva invece arrestato. Nonostante la ferrea volontà le torture subite, spesso protratte per giorni e giorni, piegavano la coscienza fino a farla confessare, e ciò metteva a rischio l’incolumità degli altri. Quando venne presa Irma Bandiera, un partigiano di nome Cestino disse: “La conosco la Mimma, lei non parlerà.” E rimasero dove erano. Così fu.

La storia di questa donna coraggiosa si concluse tragicamente, dopo sette giorni e sette notti di abusi e violenze. Il suo corpo straziato, gettato sotto la finestra di casa il 17 agosto 1944, ancora respirava. Gli aguzzini le chiesero se ne valesse la pena, di dargli almeno qualche nome a quel corpo e, vedendo che la risposta continuava ad essere un fiero silenzio, la finirono con una raffica di mitra.

Irma Bandiera è uno dei numerosi personaggi che affollano le pagine di “Ribelli”, l’intenso libro di Pino Cacucci, giornalista e scrittore fra i più ispirati del panorama italiano contemporaneo (autore di “Puerto Escondido”, da cui è stato tratto il noto film; de “La brigata di San Patricio”, ultima fatica).

Come si evince dal titolo, il libro è la testimonianza di vite sparse per il mondo, da Tupac Amaru a Silvio Corbari, da Camilo Cienfuegos fino a Tamarita la guerrigliera, che davanti all’abominio del sopruso non hanno piegato mai la testa se non quando gliel’hanno tagliata o appesa ad una corda.

Il libro attraversa la storia di cinque continenti, e racconta le imprese di Pancho Villa, oppure il tragico destino di Sacco e Vanzetti, i due anarchici italiani giustiziati sulla sedia elettrica. Nonostante le differenze temporali e longitudinali, questi combattenti per la libertà delle proprie terre e delle genti sono accomunati dalla sconfitta: il potere, con i suoi meccanismi di brutale violenza, ha sempre riuscito alla fine ad eliminarli, spesso attraverso pene indicibili. Squartamenti, garrotamenti, impiccagioni, smembramenti erano all’ordine del giorno ogni qual volta, davanti all’abuso, qualcuno diceva no. Come sottolinea il giornalista, “è sempre Golia a vincere. Ma non per questo Davide smetterà di cercare una nuova pietra da scagliare”.

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Pino Cacucci

In realtà, a ben vedere, persino la sconfitta non è mai tale, se nuove generazioni continuano ad ispirarsi a tali figure ed a condurre le lotte di liberazione. Fra le eredità più intense, quella di Tupac Amaru, per esempio, che vide recisa la lingua a moglie e figli, fino alla morte per tortura, al quale poi fu staccata la testa e appesa ad un palo in segno di ammonimento. Opputr, quella di Silvio Corbari, partigiano massacrato ed impiccato nella pubblica piazza con i suoi compagni (Il personaggio ha rivissuto sugli schermi grazie ad una notevole interpretazione di Giuliano Gemma nel 1970.).

Tra le biografie emerge pure la figura di Alexandre Marius-Jacob, un anarchico francese il quale ispirò con le proprie gesta il personaggio di Arsenio Lupin. Fiero oppositore dei ricchi e dei capitalisti, rubava per donare ai poveri il possibile, e per rimediare alle nefandezze di una società corrotta e classista. Quando fu arrestato, davanti al quesito perché lo facesse, così rispose: “Glielo spiego subito, ma temo non sia in grado di capire. Ogni giorno, tanti operai muoiono di miseria. Innumerevoli poveracci vegetano e crepano senza che nessuno se ne occupi. Gran parte della popolazione vive senza un tetto per ripararsi dal freddo, patendo la fame, le malattie, la disperazione. Io ho tentato di vendicarli, e di aiutarli, per quel poco che ho potuto. Ho solo fatto il mio dovere. Ovunque abbia visto ville e castelli sono entrato a riprendere una parte del maltolto. Ho derubato i veri ladri. Questa società è marcia, e anche voi ne siete la prova.”

Meno inerente all’opera, visto il peso delle figure precedenti, sembra il capitolo su Jim Morrison, nonostante la passione con cui Cacucci ne descrive lo spirito ribelle.

Il libro è nel complesso un testo affascinate, perché non cede mai alla retorica ma descrive lucidamente quella che è la biografia dell’Occidente capitalista: abominio e violenza contro i popoli sudamericani ed africani in primis, e con i più deboli dentro i propri confini. Questo non vuol dire cedere allo sconforto: tutt’altro. Significa che non bisogna mai oziare nel cammino per la costruzione di un mondo migliore. Il testo si apre con una riflessione del grande scrittore Eduardo Galeano: “L’utopia è come l’orizzonte: cammino di due passi, e si allontana di due passi. Cammino di dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”.

 

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