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La pace possibile (Francesco Brioschi editore, Milano)

HAMMARSKJOLD E IL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE NEL DOPOGUERRA E PER LA DECOLONIZZAZIONE

Relazioni internazionali
mercoledì 2 gennaio 2013 di Carlo Vallauri

Argomenti: Mondo
Argomenti: Personaggi famosi/storici
Argomenti: Susanna Pesenti


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Di fronte al nuovo ordine internazionale mondiale, il ruolo svolto dall’esperto norvegese DAG HAMMARKJOLD, chiamato nel 1953 alla carica di Segretario generale delle Nazioni Unite, è stato di fondamentale importanza. Pertanto il recente libro di Susanna Pesenti a lui dedicato, con il sottotitolo La pace possibile (Francesco Brioschi editore, Milano) merita di essere letto perché l’autrice fornisce una ampia e documentata esposizione sul rilievo della sua figura umana e politica e su quanto egli ha contribuito personalmente ad uno sviluppo positivo, ed in certi eventi, anche innovativi dell’organismo chiamato a sviluppare una funzione dirimente nei conflitti e nelle complicazioni sorte a livello mondiale.

Nella prefazione al volume Giulio Terzi di Sant’Agata – non ancora chiamato, nel momento della pubblicazione, alla carica di Ministro degli Affari Esteri della nostra Repubblica – mette giustamente in rilievo i tre livelli nei quali l’eminente diplomatico ha esercitato una funzione specifica: cioè di iniziative per favorire il processo di decolonizzazione ed in particolare per il Congo, le attribuzioni conferite – oltre allo stretto dispositivo dello statuto dell’ONU – per l’attivazione degli interventi concreti delle forze militari di pacificazione, e in un più vasto aspetto per la stabilizzazione democratica dell’organizzazione internazionale che nel suo insieme in effetti era fortemente ispirata alle ragioni particolari dei grandi Stati vincitori, come dimostra la stessa composizione e impostazione del massimo organismo direttivo. Inoltre viene indicata un’eredità aperta, quella cioè avviata con una azione chiaramente esercitata con il senso preciso di una autentica “missione” nel senso proprio di una “vocazione”.

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Susanna Pesenti

L’autrice dedica la prima parte alla ricostruzione di una vita vissuta con tanto impegno a cominciare dalle indicazioni sulla famiglia del personaggio, a partire dal padre Hjalmar, primo ministro del suo paese dal 1914, in una fase che era ancora di costruzione della Norvegia, staccatasi dall’unione con la Svezia, mentre scoppiava la prima guerra mondiale. E dal padre Dag ha tratto quella visione idealistica che poi lo ha guidato in tutta la sua attiva opera a favore della pace. Uppsala rappresenta la città e l’università che sintetizzano la sua formazione umana e politica, in una concezione strettamente rivolta a guardare alla complessità dei problemi della società, con un’impronta morale nutrita di speranza.

Nel 1953 verrà designato a Segretario generale dell’ONU (dopo l’esperienza di Trygve lie). Da quel momento la sua attività è a servizio dell’interesse della pace attraverso negoziati condotti con assoluta imparzialità in un mondo di fatto tutt’altro che dotato di spirito “pacificatore”. A New York egli avrà modo di superare tante situazioni difficili, riorganizzando l’intero apparato amministrativo al fine di renderlo più efficiente.

Non possiamo qui ora seguire tutte le condizioni nelle quali si misurò in quegli anni: tra l’altro si trovò alle prese con la particolare condizione della Cina di Mao, allora riconosciuta solo da qualche paese. Tra i suoi primi interlocutori Anthony Eden, Mendès France e il primo ministro indiano Nehru, Chou En Lai, Ben Gurion, Nasser. Nel libro vengono riportati alcuni interessanti annotazioni del diario personale di Dag, con osservazioni di carattere generale che confermano l’alto livello culturale e i sentimenti che dominavano il suo agire. Egli interpretava la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 come un punto di riferimento fondamentale per i governi e per le persone al fine di garantire dignità e libertà di svolgimento nell’operato di quanti operavano nell’ONU.

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Dag Hammarskjold

Dai drammatici eventi del ’56 in Ungheria alle tumultuose vicende del Medio Oriente traspare il rilievo che Dag attribuiva alla pace intesa come sforzo comune per trovare soluzioni rispettose dei diritti umani nella consapevolezza di una responsabilità esercitata con un senso profondo di una fede, intesa come “unione con Dio” nell’assioma emergente in tutto il suo operante lavoro, guidato dalla interiore sollecitazione per favorire la difesa del disarmo in una fase caratterizzata dalla crescente forza delle armi atomiche perfezionate. Ma sarà la decolonizzazione il terreno specifico sul quale Hammarskjold riuscirà a dare una impostazione specificatamente tesa ad assicurare il riconoscimento dell’indipendenza a tanti popoli africani ed asiatici, sino allora sottoposti alla dominazione coloniale.

La crisi del Congo lo condurrà a scontrarsi con tutti i protagonisti del nuovo assetto nel groviglio dei problemi economici, militari e politici connessi alla liberazione della grande nazione africana dal dominio del Belgio (per avere un’idea di quale fosse la realtà di quella grande regione basti pensare che non a un solo congolese fu consentito dal Belgio di accedere all’università, al contrario di quanto avevano fatto Gran Bretagna e Francia nei confronti di alcune delle loro colonie). L’intervento dell’organizzazione internazionale nelle operazioni per far acquisire lo stato d’indipendenza al Congo ha costituito certamente una straordinaria impresa, sia per superare il dissidio tra Kasavubu e Lumumba sia per venire a capo delle ulteriori difficoltà emerse nel quadro generale dei rapporti tra le superpotenze. E proprio in quelle giornate di gravissime situazioni emerge dal diario personale una intima e profonda sensibilità nel comprendere il significato del “cammino” da percorrere ed i “dolori” che potevano derivare alle popolazioni interessate da quella radicale svolta della politica internazionale: l’autrice sottolinea la capacità dimostrata nel resistere alle pressioni che venivano di fatto esercitate su di lui.

Si giungerà così nel 1961 al tragico incidente aereo del settembre 1961, dopo le concitate giornate di trattative per la cessazione del fuoco in Katanga. Una morte analizzata nel libro in tutti i suoi particolari, con le ipotesi e i sospetti sorti attorno a quell’evento terribile. Caduto nella battaglia per la pace, dirà il presidente dell’assemblea generale. Sono particolarmente eloquenti anche i documenti che corredano il libro. Vogliamo infine segnalare che viene più volte citato, come stretto collaboratore di Hammarskjold, il vice-segretario generale, l’ambasciatore italiano Pier Pasquale Spinelli, che Dag aveva chiamato, per designazione personale, avendolo apprezzato quando il diplomatico italiano – ancor prima dell’ammissione del nostro paese nell’ONU – gli aveva riferito sui risultati di amministrazione fiduciaria in Somalia.

La lettura del libro di Susanna Pesenti costituisce un arricchimento documentato per quanti intendano studiare la personalità di uno dei grandi costruttori della pace internazionale nel periodo aspro del dopoguerra e della guerra fredda.

 

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