https://www.traditionrolex.com/30 VITA, MORTE E MIRACOLI DELL'ITALIA BADOGLIANA NEI RICORDI DELL'AMBASCIATORE DUCCI-Scena Illustrata WEB

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Donne e politici del Regno del Sud, prefazione Francesco Perfetti (Editrice Le Lettere)

VITA, MORTE E MIRACOLI DELL’ITALIA BADOGLIANA NEI RICORDI DELL’AMBASCIATORE DUCCI


giovedì 8 novembre 2012 di Carlo Vallauri

Argomenti: Storia
Argomenti: Roberto Ducci


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Nata all’indomani della drammatica notte del 25 luglio 1943, l’Italia badogliana è passata alla storia come una delle pagine più nere del nostro paese. Dopo 45 giorni di spasimo ed incertezza, l’occupazione del territorio nazionale dalle Alpi a Napoli, da parte delle truppe tedesche, fu rapida e straordinariamente dolorosa, segnando la fine della nostra indipendenza mentre le truppe anglo-americane avanzavano dal Sud. Il re Vittorio Emanuele si trasferisce – via Pescara – a Brindisi, dove si sarebbe ricostituito un’ombra di governo, prima di spostarsi a Salerno, dove avrà luogo l’inserimento dei partiti anti-fascisti, secondo l’indicazione dei comandi alleati.

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Pietro Badoglio

Quelle pagine strazianti sono ora fatte rivivere nella significativa testimonianza di Roberto Ducci, allora giovane diplomatico con delicate funzioni al Ministero degli Esteri, poi valente ambasciatore dell’Italia repubblicana negli anni della rinascita e della ricollocazione del nostro libero paese nel quadro internazionale.

Una documentazione di grande interesse storico ed umano quindi il libro ora pubblicato da “Le Lettere”, Donne e politici del Regno del Sud, nella collana diretta da Francesco Perfetti, il quale, in una densa introduzione, ripercorre quelle giornate perigliose, con una descrizione di rara fattura emotiva e politica sulle strade di Roma nella notte della indimenticabile notizia del passaggio del governo da Mussolini al maresciallo Badoglio, scelto da Sua Maestà. Nelle settimane successive mentre la situazione disperata dell’Italia giungeva al suo punto più disastroso ed inglorioso, il giovane diplomatico, con il collega Venturini, traversava le linee per recarsi a Brindisi, dove poi ebbe incarichi delicati, tra l’altro redigendo un documento per il nuovo capo del governo sulla situazione psicologica oltre che politica degli italiani alle prese con tanti problemi. Ed il documento, ricco di osservazioni pertinenti, è riprodotto integralmente nello snello volume.

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Roberto Ducci

Così, tra carte ufficiali e osservazioni personali, il libro prosegue presentando il volto riposto e triste di una specie di Italietta, chiusa tra le forze militari straniere e il fervido attivismo dei generali e dei politici tra i quali andavano assumendo un ruolo crescente i rappresentanti del Comitato di liberazione nazionale, specificatamente del partito d’azione e del partito comunista. La prosa di Roberto Ducci è di una singolare lucentezza psicologica, man mano che introduce situazioni e personaggi alle prese con tante tragedie nazionali e personali. Il diplomatico rivela la sua sensibilità non solo riguardo ai grandi temi dell’esigenza di avviare una sorta di ricostruzione nazionale, nelle nuove condizioni verificatesi, ma anche in riferimento a tante debolezze umane di quei personaggi ormai passati alla storia.

Sbigottimento certamente ma anche volontà di ripresa sono segni evidenti di una sorta di “riscossa” che dal privato giunge al pubblico interesse. E l’autore del libretto, conciso eppure esauriente, non ha remore nel riprodurre singole miserie di uomini e donne che egli ebbe allora occasione di incontrare, dal sommo filosofo Croce alle sue figlie mentre, sul piano internazionale, dal “primo” si passerà al secondo “lungo” armistizio che definiva la condizione giuridica assegnata alla parvenza dello sconfitto Stato italiano. E vi sono passi di gradevole lettura nelle osservazioni acute e significative di quel che cominciava ad emergere nella “nuova” classe dirigente che andava formandosi mediante apporto di diverse tradizioni. Particolarmente interessanti le pagine sul gruppo di intellettuali che si trasferisce a Napoli, da Longanesi a Gabriele Baldini senza tralasciare sia la presenza di Palmiro Togliatti, emergente in una veste singolare di politico appena reduce dal lungo esilio a Mosca ma subito pronto, nella nuova, singolare situazione, ad assumere un ruolo di primo piano.

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1943-Re-Vittorio-Emanuele-III-a-Brindisi

Gustose – ma anche gravide di precedenti sofferenze individuali – le contrapposte posizioni di quanti – sino allora fascisti – cercavano di precostituirsi una verginale veste nell’incipiente contesto politico completamente trasformato, come contemporaneamente di quanti, autentici anti-fascisti, andavano assumendo ruoli rilevanti sul piano internazionale. Colpiscono le amare considerazioni di Ducci, che sa tratteggiare fisionomie e caratteri dei diversi personaggi che egli ebbe modo di conoscere da vicino e nei cui confronti fa osservazioni particolarmente chiarificatrici nel prefigurare appunto l’ansia per quel che di nuovo poteva accadere al fine di far uscire l’Italia dalla terribile trappola nella quale era caduta tra i due grandi protagonisti del conflitto mondiale. Da un lato appare la spinta ad una sorta di ripresa nazionale che qualche esponente vorrebbe realizzare anche sul piano militare, mentre tutto ormai dipende dalla decisione dei comandi anglo-americani riluttanti a simili prospettive.

Eppure tutte quelle difficoltà sono affrontate da parte della classe dirigente in formazione con spirito e quindi partecipe consapevolezza e l’allora giovane diplomatico ne darà testimonianza, a tratti con non celata trepidazione, al di là dei ruoli ufficiali che già allora rivestiva e anche con evidente capacità di comprendere la gravità dei problemi da superare. Le annotazioni strettamente personali del diplomatico sono, a parte le valutazioni politiche complesse nel tormento di quei mesi, di particolare valore soggettivo, a dimostrazione di quei sentimenti di dignità che albergavano allora nel cuore di tanti italiani, come Ducci, naturalmente scossi dalla pesantezza della situazione generale ma anche partecipi di una personale volontà nel passare dal dubbio che ormai tutto era perduto alla speranza di una rinascita per scacciare l’idea di quel che appariva a tanti come “la morte della Patria”.

Lo stesso Ducci avrà modo di vivere nei decenni successivi in ruolo di rilievo nazionale ed internazionale e quindi quella esperienza giovanile viene da lui vissuta e presentata come una fase di trasformazione nella quale tutto poteva accadere, di segno positivo o negativo: egli ne è un fotografo accorto.

Quindi queste memorie costituiscono un “libretto” di gradevole lettura e di indubbio afflato di senso storico nel riferire su quelle vicende nazionali, nella pienezza di una gioventù che cercava di liberarsi del peso degli errori commessi dai governanti italiani: si avverte lo sforzo dell’autore per approdare ad un clima più sereno, e qualche volta anche distaccato, a tratti, nell’ironia, come rivela questa testimonianza originale e interamente vissuta con indubbia partecipazione emotiva, al di là dei ruoli ufficiali già allora sollecitati.

 

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