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L’ODIO PER L’OCCIDENTE (Tropea, Milano, 2010)

I POPOLI DEL SUD ALL’ORIGINE DEL SENTIMENTO DI AVVERSIONE


martedì 13 aprile 2010 di Carlo Vallauri

Argomenti: Mondo
Argomenti: Sociologia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Jean Ziegler


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Un punto centrale nel complesso intreccio delle relazioni internazionali nella fase del nuovo secolo – e non sempre considerato nelle sue dimensioni politiche e culturali – è costituito da quel groviglio di passioni ed emozioni che, superando i criteri della mera razionalità, induce tanta parte dell’umanità a nutrire un sostanziale sentimento di avversione profonda per la parte più evoluta del mondo sul piano tecnologico ed organizzativo della società moderna. E Jean Ziegler, professore all’Università di Ginevra e alla Sorbona di Parigi, vice presidente del Comitato consultivo del Consiglio dell’Onu per i diritti umani, presenta nel volume L’odio per l’Occidente (Tropea, Milano, 2010, ed. originale 2008) un elenco preciso e documentato delle ragioni che sono all’origine di tanta ostilità che, accrescendosi continuamente, rischia di divenire una formidabile forza sociale, che può condurre a creare situazioni sempre più rischiose. Nello spiegare dettagliatamente le “fonti” di tanto odio lo studioso svizzero fa tuttavia notare come un dialogo della sinistra, a livello internazionale politico e culturale, con i popoli del Sud del mondo potrebbe neutralizzare e far retrocedere quella forte spinta morale che è causa di contrarietà ai comportamenti dei grandi paesi e delle grandi imprese multinazionali, per cercare invece una strada capace di superare la fase attuale di depredazione dei popoli da parte dei “predatori del capitalismo finanziario globalizzato”. Soltanto avviando la realizzazione di una prospettiva diretta a sostituire al peso della forza determinante delle multinazionali si potrà favorire un ordine – sostiene Ziegler, con valide motivazioni – ispirato a principi di giustizia e solidarietà, certamente una sfida di ardua concretizzabilità, ma che appare indispensabile porre a base dei rapporti tra le due parti del mondo oggi inconciliabili.

L’autore, nell’individuare i fattori principali di tanto “odio”, scrive – a ridosso dell’arrivo di Obama alla Casa Bianca – che Barack è costretto a “piegarsi alla legge dell’impero”, nel senso che gli Stati Uniti costituiscono il motore di una macchina dinamica potente e creativa nel mondo industrializzato (il 25 per cento di tutti i beni industriali prodotti in un anno sulla Terra provengono da imprese americane, secondo i dati del 2000). E poiché questa gigantesca macchina non può prescindere dal petrolio di cui gli USA non hanno sufficiente dotazione ne deriva la necessità per la maggior forza militare della Terra, di controllare le aree dalle quali viene tale essenziale energia naturale, cioè Medio Oriente, Asia Centrale, Delta del Niger. Ne consegue che l’esatta valutazione di quel problema implica pertinenti scelte politiche e finanziarie dalle quali dipende ogni giorno il destino di gran parte dell’umanità.

Evidentemente, quanto più conosciamo le condizioni degli esseri umani nei vari paesi tanto meno possiamo essere, sentirci fautori della conservazione di questa situazione reale del mondo, la quale di per sé – per la gravità delle sue conseguenze – richiede ormai, quale “necessità morale” – conclude Ziegler – un intervento per porre un argine ad una distribuzione tanto irrazionale e perversa di beni in uso tra le varie parti del nostro pianeta. Ecco allora l’urgenza di prendere atto di tale realtà impegnando quanto più è possibile le forze vive della società e rovesciare le tendenze oggi prevalenti ed assicurare maggiore rispetto dei diritti umani. Il punto di partenza dello studio è rappresentato dall’America Latina, il continente che nella sua storia e nelle sue contraddizioni (le ricchezze naturali acquisite con la forza del denaro da minoranze estranee alla sua realtà e manovrate dai centri esterni delle finanze mondiali) svela il paradosso di un pianeta che, la massimo raggiungimento delle alte qualità dei suoi apparati scientifici, si vede defraudato della possibilità dell’uso razionale dei mezzi di cui dispone. In questo quadro l’Amazzonia si rivela il luogo materiale nel quale si constata il massimo grado della miseria diffusa. Particolare riferimento lo studioso fa all’esperienza della Bolivia, dove Evo Morales Auna è il primo “indigeno” del Sud ad avere conquistato effettivo potere istituzionale, pervenendo alla presidenza di quel paese, simbolo e testimonianza di “cambiamento” effettivo, mettendo in atto politiche differenti da quelle sino ad oggi imposte. Come ebbe a scrivere Maurice Duverger all’inizio degli anni ’70, a proposito dei massicci bombardamenti delle squadriglie aeree Usa contro i vietcong, gli Stati occidentali, gelosi al loro interno delle proprie istituzioni democratiche, preferiscono praticare all’esterno una metodologia sistematica di violenze, di conquiste finanziarie e militari.

 

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