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DEFUBIMBO Di Andrea Forte e Vivi Lombroso

Racconto
giovedì 4 agosto 2022

Argomenti: Opinioni, riflessioni


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Capitò che un defunto, trapassato da poco tempo, vagando si trovasse per caso in una valle, non sapendo né perché né per come… cosa comprensibile, essendo trasferito da poco: e per questo lo chiameremo Defubimbo.

La valle era bellissima e confortevole. I colori meravigliosi erano traslucidi, come non aveva mai visto sulla Terra. Il cielo… incantevole, magico: in suo confronto le aurore boreali che Defubimbo aveva visto sulla Terra erano (con tutto il rispetto) dei fondali da teatro di provincia. Comunque nella valle non c’era niente e nessuno. Solo in lontananza si intravedeva qualcosa che stava lì ferma, e comunque non sembrava pericolosa. Incuriosito, Defubimbo si avviò per capire che fosse, e del resto non c’era altro.

Restò strabiliato. Era una statua di pietra, anzi di cristallo, di una perfezione incomparabile. Nessun artista sulla Terra avrebbe potuto fare un capolavoro come quello. Rappresentava un uomo, ma in trasparenza si vedevano i suoi organi interni, i capillari, persino le sue reti neuronali… E la sua espressione del viso, fredda, determinata, inalterabile. Disorientato si guardò intorno. E allora poco lontano vide un’altra statua. La raggiunse. Stessa situazione strabiliante. Una statua di cristallo violaceo, di una donna. Anche di lei, si vedeva tutto, all’esterno e all’interno. Nessun artista vivente avrebbe mai potuto fare simili capolavori sulla Terra. Con le statue terrestri, o si vedeva il dentro più o meno bene scolpiti se erano opache. Con queste invece si vedeva perfettamente il dentro e il fuori. Poi si accorse che nel frattempo si era avvicinato qualcun altro, che lo guardava con un’espressione un po’ ironica…

“Belle vero ?” gli disse. “Sì, stupende… ma chi è l’artista sublime che lo ha fatto ?” rispose, indicando la statua di uomo. “Nessuno. Non c’è nessun artista sublime. È lui la statua”

Strabiliato e intontito, Defubimbo allora chiese: “e quella allora chi l’ha fatta ?” indicando la statua di donna. “Nessuno. È lei la statua”.

Defubimbo lo guardò stralunato. Poi scosse la testa e cominciò a ridere. E quell’altro di rimando disse: “Sì, lo so che non mi credi, ma perché non hai capito. Allora fai così: guarda quegli alberelli in fondo alla valle. Raggiungili, e dietro troverai l’uscita da questa. Prosegui un po’, e troverai un’altra valle. Dammi retta, tanto non ti costa niente”. E se ne andò.

Defubimbo restò perplesso a lungo ma poi si decise. Uscì dalla valle, entrò in quell’altra, e rimase folgorato. Era piena di statue, più o meno simili alle prime due, ma tutte permeate di quella stessa misteriosa perfezione. Alcune erano più cristalline all’interno, altre erano perfettamente cristallizzate all’esterno, ma opache e gessose all’interno. A qualcuna mancava un pezzo, o un organo, ma nessuna somigliava ad un’altra. Erano tutte uniche ed irrepetibili.

Cominciò ad aggirarsi in quello stuolo meraviglioso, passando da un rapimento ad un altro. C’erano statue con divise militari di ogni nazionalità, abiti religiosi di tutte le religioni, toghe, e di tutte le età, razze, bellezze, deformità. Sentì due spinte irrefrenabili. Da una parte un desiderio di leggerezza, certezza assoluta, coerenza inalterabile. E d’altra parte, una bramosia di diventare come loro, una statua indistruttibile di incomparabile bellezza, in eterno, da esibire all’infinito. Un se stesso perfetto… come non era riuscito ad essere da vivente.

Questi due desideri gli facevano intrasentire come una pace assoluta. E poi… chi può dire ? Forse quelle statue erano ciò che rimaneva dei defunti, che morivano e lasciavano lì il loro ricordo. Poi gli venne da ridere al pensiero che forse i defunti morivano. Come fa un defunto a morire, se è già morto ? Ridicolo, ma l’idea gli piaceva lo stesso. E del resto, quel senso di pace assoluta proveniva dalle statue… era… le statue.

Allora si accorse che stava cristallizzando velocemente. Esplose una gioia immensa. Il pensiero che lui, anche lui, proprio lui… si sarebbe mostrato all’infinito per tutta l’eternità lo travolse. E più la gioia aumentava e più cristallizzava velocemente. Poi cominciò a sopravvenire una pace sconfinata, dolcissima, quella che aveva sempre sognato, quella pace lì… E la cristallizzazione raggiunse il completamento… ma un attimo prima che fosse perfetta ci fu un lampo di intelligenza, una frazione di secondo. “Oh no… maledizione… questo no… le statue non sono eterne – maledizione – quando l’universo finirà, si dissolveranno con esso… ed io con tutte… maledizione… maledizione… maledizione”.

E la statua fissava il Nulla.