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IL PCI E L’EREDITA’ DI TURATI

Un’accurata analisi storica
domenica 30 maggio 2021 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Recensioni Libri


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IL 27 Maggio 2021, alle ore 18,00, in audio-video sulla piattaforma Zoom, Paolo Franchi ha presentato il suo libro Il PCI e l’eredità di Turati (Ed. La Nave di Teseo). L’incontro è stato introdotto da Giuseppe Crippa, con i contributi di Pia Locatelli e Carlo Salvioni, Silvana Tacchio (Direttivo Centro Nuovo Progetto).

Paolo Franchi ha cominciato la sua attività di giornalista a “Rinascita” nel 1976. Ha poi lavorato a “Paese Sera”, “Panorama” e “Corriere della Sera”, dove è stato inviato, notista politico, capo della redazione romana ed editorialista. Tra il 2006 e il 2008 ha diretto il quotidiano “Il Riformista”. È stato condirettore del mensile “Le ragioni del socialismo”. Con Emanuele Macaluso ha scritto Da cosa non nasce cosa, con Marco Follini Intervista sui moderati, con Maria Vittoria Tomassi ha curato Pietro Nenni: Socialista, libertario, giacobino. Diari 1973-1979. Tra i suoi lavori recenti: La traversata. Giorgio Napolitano da Botteghe Oscure al Quirinale e Il tramonto dell’avvenire. Breve ma veridica storia della sinistra italiana.

Sia la presentazione che dibattito sono stati davvero illuminanti sull’operato di Filippo Turati, figura significativa del socialismo italiano, definito il patriarca del riformismo, come si legge nella seguente presentazione della Casa Editrice: “Al congresso socialista di Livorno del 1921 il patriarca del riformismo italiano Filippo Turati partecipa nelle vesti dell’imputato principale. Quando la maggioranza dei delegati si rifiuta di espellerlo dal PSI assieme ai suoi compagni, come pretende la neonata Terza Internazionale, i delegati comunisti abbandonano i lavori per dare vita al loro partito. Durante quel congresso Turati, nel suo memorabile discorso, non si limita a difendere la sua concezione del socialismo ma, rivolto ai seguaci di Lenin, si concede una profezia: “Quando avrete fatto il partito comunista… se vorrete fare qualcosa che sia rivoluzionaria davvero, che rimanga come elemento di civiltà nuova, voi sarete forzati a vostro dispetto, ma dopo ci verrete, perché siete onesti, con convinzione, a percorrere concretamente la nostra via, a percorrere la via dei socialtraditori”. A un secolo di distanza da quegli eventi Paolo Franchi, con l’accuratezza dello storico e il piglio del giornalista, parte da questa “profezia da Barbanera”, come la definisce lo stesso Turati, per ricostruire se, quanto e come essa si sia avverata. Dal Togliatti della svolta di Salerno e del “partito nuovo” al Berlinguer del compromesso storico, fino alle conseguenze del pensiero turatiano sulla sinistra postcomunista, Franchi giunge a conclusioni inattese e fondamentali per comprendere la traiettoria e il presente della sinistra italiana”.

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Paolo Franchi

Al dibattito ha partecipato anche la sottoscritta che pur condividendo l’analisi storica dei dotti e competenti relatori, ha messo in rilievo la necessità di ritrovare coesione e unità tra partiti progressisti oggi profondamente divisi e ormai lontani dalle prestigiose figure del passato, divisioni davvero irresponsabili di fronte ad avanzata di destre estremiste, perdita di diritti dei lavoratori, licenziamenti in tronco per delocalizzazioni favorite da strategie globalizzate e selvaggia deregulation per lauti introiti e sfruttamento di risorse di ogni genere, mancanza di rispetto per diritti umani verso migranti che fuggono da guerre, violenza e fame, mancanza di solidarietà perfino durante l’attuale drammatica pandemia, mentre organismi internazionali come ONU e la stessa EU sono bloccati dal voto all’unanimità, non a maggioranza, che fa prevalere gli interessi dei Paesi più potenti.

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Filippo Turati

Ci sembra infine giusto ricordare in un breve excursus la vita di Filippo Turati. Nato a Canzo (Como) nel 1857, di famiglia altoborghese e conservatrice, si laureò in legge e nel 1884 a Napoli conobbe Anna Kuliscioff che lo sollecitò allo studio del marxismo. Nel 1889 costituì la Lega socialista milanese e nel ’91 fondò la rivista Critica Sociale (1891). Nel 1892 fu tra i promotori del Congresso di Genova che portò alla nascita del Partito dei Lavoratori Italiani. Considerato la mente e poi il simbolo del socialismo italiano riformista, fu un convinto sostenitore delle libertà democratiche. Eletto deputato nel 1896, nel 1898 fu condannato a dodici anni di reclusione in occasione dei "moti del pane" di Milano, repressi nel sangue da Bava Beccaris, ma fu amnistiato l’anno successivo.

Antimilitarista convinto, si oppose alla campagna alla guerra italo-turca (1911) e all’entrata nella prima guerra mondiale nel 1915, svolgendo un’intensa campagna contro l’intervento in guerra. Aderì, tuttavia, alla mobilitazione patriottica successiva alla rotta di Caporetto. Dopo il 1918 tentò ancora una volta di favorire i legami tra i partiti di democrazia laica e progressista e il movimento operaio. Massimo esponente dei riformisti nella lotta contro i massimalisti all’interno del partito, percepì con ritardo l’avvento del fascismo ma fu uno dei pochi disposti ad agire ("ogni quarto d’ora perduto è un tradimento"). Dopo la scissione di Livorno, da cui nacque il PCI (1921), messo in minoranza, fu espulso dal PSI e diede vita al Partito socialista unitario (1922). Dopo il delitto Matteotti (1924) prese parte alla secessione dell’Aventino. Morta nel ’25 Anna Kuliscioff, in seguito alle leggi speciali del 1926 fuggì in Francia, grazie all’aiuto di Parri, Pertini e Carlo Rosselli. Qui si adoperò per la nascita della concentrazione antifascista (1927), per la riunificazione del partito insieme a Nenni (1930-31) e per una strenua attività di denuncia della dittatura mussoliniana. Morì a Parigi nel 1932.

Giovanna D’Arbitrio