Ho riletto con piacere questo libro alla luce dei tristi dati sulla mortalità degli anziani: se ne sta andando un’intera generazione che credeva di poter cambiare il mondo: sono i bambini usciti dalla guerra che hanno ricostruito l’Italia, i ventenni della Rivoluzione Giovanile del ‘68, quelli che cantavano le canzoni dei Beatles, di Mina e Celentano, di Bob Dylan contro la guerra, i seguaci di M. L. King, di N. Mandela, i figli dei fiori e il loro slogan make love, not war.
E così ripensando a loro, a quelli della mia generazione, e sentendo dire in giro che “per fortuna il virus colpisce soprattutto gli anziani”, mi è venuto in mente il libro di Hillman che rivaluta il ruolo degli anziani, poiché “la vecchiaia può diventare una forma d’arte, un’occasione unica per creare una struttura estetica possente e memorabile che incarni il ruolo archetipico dell’avo, custode non bigotto della memoria e della tradizione”.
In effetti nella presentazione del testo in oggetto si legge: “Non sempre è giusto cedere al fascinoso (e compassionevole) luogo comune secondo il quale chi muore giovane è caro agli dèi, perché «così come il carattere guida l’invecchiamento, l’invecchiamento disvela il carattere». La senilità, quindi, non è un accidente, né una dannazione o l’abominio di una medicina devota alla longevità, ma la condizione naturale e necessaria affinché il carattere si confermi e si compia. Come il daimon – il codice dell’anima – presiede alla rappresentazione di noi nell’età giovane, così il carattere delinea l’immagine di noi nell’età senile, vale a dire «ciò che resta dopo che ce ne siamo andati». Ma se il carattere sopravvive per immagini, invecchiare non è un mero processo fisiologico: è una forma d’arte, e solo coltivandola potremo fare della nostra vecchiaia una «struttura estetica» possente e memorabile, e incarnare il ruolo archetipico dell’avo, custode oculato della memoria e difensore non bigotto della tradizione – ovvero il compito cui siamo chiamati in tarda età. E non sarà secondaria, nell’adempimento di tale compito, la forza di impatto del nostro volto, che dal carattere è stato plasmato e del carattere è l’immagine più rivelatrice”.
Per Hillman dunque sia corpo che mente non possono evitare il cambiamento, ma esiste una componente costante che non cambia e ti rende un essere diverso da tutti gli altri: il tuo carattere individuale che si rivela attraverso le scelte di vita fatte dall’ anima, da lui denominata daimon, che s’imprimono anche sul corpo.e così, come diceva Feymann, la danza di atomi forgia il corpo che reca l’impronta del nostro carattere, della nostra identità. Insomma Hillman respinge l’idea corrente di inutilità e improduttiva del vecchi, in quanto portatori di significativi destini viventi che hanno molto da dirci.
Interessante il capitolo IV del suo libro Il Codice dell’Anima, intitolato “Il ritorno degli Invisibili”, che riassume molte idee espresse in altre opere, come Il Potere, Politica della Bellezza, La Vana fuga degli Dei, La Giustizia di Afrodite- In esso asserisce che la scienza della psicologia, pur avendo rinunciato alla secolare ricerca dell’anima, continua ad “ingabbiare l’Invisibile con metodi visibili”: la visione materialistica del mondo induce l’intelletto umano a sentirsi bene tra gli oggetti solidi, utensili fulcro della la nostra industriosità basata sull’attuale logica dei solidi (citando H. Bergson), anche se stranamente poi la nostra vita è governata da una folla di invisibili, come Dominio, Successo, Costo, Rendimento ed infine da quella più grande e invasiva tra gli invisibili, l’ Economia, che detiene il potere assoluto e oggi governa le nostre esistenze. Come gettare dunque un ponte tra Visibile e Invisibile? Hillman indica tre vie: la Matematica, la Musica e i Miti (portatori di grandi verità dimenticate) che attraverso l’Intuizione creano il ponte tra questi due regni.
Definito spesso provocatore e visionario, in realtà Hillman spazia con la sua vasta cultura in tutti i campi dello scibile umano mondiale, dal mondo antico al moderno, da miti e leggende a storia, filosofia, letteratura, filologia, scienze e quant’altro, offrendoci un’efficace visione olistica. Rielaborato la frase di Jung “gli Dei sono diventati malattie”, ha affermato che l’esclusione delle forze divine un tempo presenti nella vita dell’Uomo, oggi sta causando malattie e patologie, distruggendo armonia ed equilibri.
Giovanna D’arbitrio