Senz’altro pettegolezzi ce ne sono sempre stati in tutte le epoche e sempre ve ne saranno forse, ma veramente oggi nell’epoca dei social, gossip e fake news, insomma più volgarmente “l’inciucio”, sta diventando un dilagante, insopportabile malcostume, così grave da suscitare l’interesse di molti sociologi, psicologi ed esperti nel campo della comunicazione.
In “Rumor e pettegolezzi”, scritto da Volli, docente universitario e semiologo, insieme a Marino Livolsi, ordinario di sociologia della comunicazione, si cerca di analizzare il fenomeno con concrete ricerche. Secondo i suddetti autori "i rumor, nati dai discorsi a tu per tu o quelli che vengono riportati dai media, sono la grande rete dei discorsi più vicini alla vita concreta delle gente comune, quelli che danno calore a una socialità che le "notizie vere" non riescono a riempire di significati e di interesse. Sono anche la forma più elementare della controinformazione, che smaschera le verità ufficiali, anche solo per sostituirle con le fantasie e le ossessioni collettive”.
Jennifer Bosson, docente di psicologia presso dell’università di Tampa, Florida, afferma invece che “malignare” aiuta a stringere nuovi rapporti sociali, poiché se si danno giudizi negativi su altre persone, ci si sente superiori e più forti e quindi si solidarizza più facilmente. Pare che ciò aiuti anche molti arrampicatori sociali nella loro “scalata”.
In “Social Gossip” Francesco Pira e Antonia Cava, sociologi della comunicazione, evidenziano la funzione socio-comunicativa del pettegolezzo, "interpretando i media come spazio privilegiato del voyeurismo verbale". I due autori, sfidano il "pregiudizio che lega il chiacchiericcio al frivolo, invitandoci a prenderlo sul serio". Attraverso l’analisi dei linguaggi televisivi e delle narrazioni del web il "libro restituisce l’importanza dei rumor come pratica collettiva che coinvolge l’intero corpo sociale nella produzione di significati".
Uno studio di Eta Meta Research, realizzato da psicologi e psicopedagogisti, in effetti evidenzia che tv e mass media non possono più fare a meno del gossip: ogni 11 minuti va in onda un pettegolezzo! E’ il nuovo oppio dei popoli! E ormai se ne fa largo uso anche in politica: il fango vola qua e là, da destra a sinistra e da sinistra a destra, populisti inclusi, le idee si confondono e il qualunquismo aumenta.
Enrica Perucchietti nel suo libro “Fake News” analizza il rapporto tra i mezzi di comunicazione, il potere e le strategie del controllo delle masse, riprendendo e attualizzando le tematiche trattate da George Orwell nel suo capolavoro, “1984”. Il mondo totalitario descritto da George Orwell in 1984 è più attuale che mai e il “reato di opinione” è una realtà sempre più vicina. Secondo l’autrice bisogna essere sempre attenti e saper discernere, poiché anche la battaglia contro le fake news: potrebbe trasformarsi in uno strumento per censurare l’informazione alternativa.
Il confine tra informazione e propaganda è sempre più sottile: attraverso la manipolazione delle notizie prevale la “politica d’immagine” e vince chi è più abile in tal campo e riesce a far colpo con i suoi slogan. E così alla fine è più facile credere ad un leader forte e virile che promette di risolvere tutti i problemi!
Come al solito, si analizzano più gli effetti che le cause che sono di vario genere e pertanto è difficile individuarle con precisione in contesti tanto diversi nel campo della comunicazione. Comunque in genere sono sempre le persone prive di ideali e valori positivi che cercano per secondi fini di danneggiare gli altri, oppure sono gli stupidi e i superficiali che parlano senza pensare al male che fanno.
Ci sono poi a volte motivi più seri e profondi, radicati nel nostro passato, soprattutto nella nostra infanzia, accuratamente seppelliti nell’inconscio di ognuno, che vengono fuori nel rapporto con un gruppo: desiderio di affetto e di attenzione (che scatena conflitti, invidie e gelosie) o di essere protagonisti, di suscitare interesse, di aver successo e così via.
E allora i rapporti sinceri, la politica costruttiva, la Verità che fine hanno fatto? In fondo esistono ancora pur tra mille difficoltà, ma dovrebbero essere riscoperti e rivalutati superando l’attuale bailamme che prevarica e confonde le idee.
Giovanna D’Arbitrio