Nel risvolto di copertina si legge che “La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato. Come si racconta una vita se non esplorandone i luoghi simbolici e geografici, ricostruendo una mappa di sé e del mondo vissuto?
Tra la Basilicata e Brooklyn, da Roma a Londra, dall’infanzia al futuro, il nuovo libro dell’autrice di Cleopatra va in prigione è un’avventura che unisce vecchie e nuove migrazioni. Figlia di due genitori sordi che al senso di isolamento oppongono un rapporto passionale e iroso, emigrata in un paesino lucano da New York ancora bambina per farvi ritorno periodicamente, la protagonista della Straniera vive un’infanzia febbrile, fragile eppure capace, come una pianta ostinata, di generare radici ovunque.
La bambina divenuta adulta non smette di disegnare ancora nuove rotte migratorie: per studio, per emancipazione, per irrimediabile amore. Per intenzione o per destino, perlustra la memoria e ne asseconda gli smottamenti e le oscurità.
Non solo memoir, non solo romanzo, in questo libro dalla definizione mobile come un paesaggio e con un linguaggio così ampio da contenere la geografia e il tempo, Claudia Durastanti indaga il sentirsi sempre stranieri e ubiqui. La straniera è il racconto di un’educazione sentimentale contemporanea, disorientata da un passato magnetico e incontenibile, dalla cognizione della diversità fisica e di distinzioni sociali irriducibili, e dimostra che la storia di una famiglia, delle sue voci e delle sue traiettorie, è prima di tutto una storia del corpo e delle parole, in cui, a un certo punto, misurare la distanza da casa diventa impossibile”-
Senza dubbio un libro coinvolgente in cui la storia familiare dell’autrice si intreccia con una significativa riflessione su classe, disabilità ed educazione culturale. Nipote di emigranti, nata a Brooklyn e tornata in Basilicata ad appena sei anni, Claudia Durastanti ci racconta le sue esperienze italoamericane, ponendo al centro della narrazione la figura della madre, ragazza degli anni ‘70 affetta da sordità, che ama la libertà e affronta la vita in modo autonomo e coraggioso viaggiando tra vari paesi. L’autrice ne racconta la particolare relazione sentimentale con il padre, anche lui non udente, e riflette sui rapporti familiari, inserendoli nel contesto epocale e sociale, con uno stile colto ma allo stesso tempo essenziale e senza fronzoli.
In un’ intervista l’autrice ha dichiarato: “Una delle frasi per me più vere di questo libro è: ‘Non c’è nessuna violenza nella mia vita che io riesca a ricordare senza ridere’. Questo non significa neutralizzare il dolore o il vissuto: esistono più modi di raccontare un trauma, e io credo che nell’elaborazione del trauma si arrivi a un momento molto particolare, quasi magico, in cui pur essendo ancora presente nella memoria quel fatto crea un’emozione diversa, dato che ormai è tessuto cicatriziale. Con il passare degli anni cambia il modo in cui ce le si racconta, le cicatrici, e questo modo può essere anche ilare, se lo vogliamo”. Ecco l’intervista, pubblicata su Il Libraio: https://www.illibraio.it/claudia-du...
- Copertina del libro
Dai cenni biografici apprendiamo che Claudia Durastanti ora vive a Londra. Il suo romanzo d’esordio Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra (2010) ha vinto il Premio Mondello Giovani; nel 2013 ha pubblicato A Chloe, per le ragioni sbagliate, e nel 2016 Cleopatra va in prigione, in corso di traduzione in Inghilterra e in Israele. È stata Italian Fellow in Literature all’American Academy di Roma. È tra i fondatori del Festival of Italian Literature in London. Collabora con “la Repubblica” .
Giovanna D’Arbitrio