Il buio non è soltanto assenza di luce. Il buio può essere ancora più oscuro del previsto, aggrovigliarsi intorno ai cuori e non avere fascino alcuno. Si tratta di un’oscurità che non è sinonimo di mistero o di atmosfere stellate, ma rimanda a dolore, fatica e desolazione. È la notte dell’anima, la mancata assenza di fiducia nella vita e nel futuro.
Questa condizione abbraccia tutti nella vita, prima o poi, ma ognuno reagisce a suo modo, e i risultati non sono mai predeterminati. Nel Novecento le tenebre si sono condensate, assumendo le forme dell’Olocausto, del nichilismo, della povertà, ed hanno avvinghiato alcune figure straordinarie, la cui lezione è custodita nelle pagine preziose di Dal buio la luce, piccola raccolta di biografie fuori dal comune.
Giorgio Garrone, sacerdote di Bra (TO), dedica queste pagine a Etty Hillesum, Madeleine Delbrȇl, Roger Schultz e Olivier Clément. Chi sono? Per molti questi nomi saranno estranei, poiché i soggetti in questione non hanno dedicato la loro esistenza alla ricerca della gloria terrena o alla fama becera, non hanno visto i loro capelli incanutirsi perché confinati all’orrore dei lager o uccisi da squilibrati, ma hanno avuto come unico scopo accogliere l’amore di Dio, e restituirlo al mondo.
Molti di loro sono stati atei, materialisti, e infine si sono convertiti. Come è successo? Garrone descrive con uno stile lineare e limpido l’evoluzione spirituale di chi, incapace di accontentarsi di risposte preconfezionate o di accettare passivamente il male facendosene una ragione, ha chiesto di più a se stesso e al mondo, interrogandosi: “chi sono io, chi è dio?” – una domanda fondamentale, che può portare a tragiche risposte come : “nulla” – ma che necessita una ricerca senza riserve dentro di sé, capace anche di sovvertire il proprio cammino fino a quel momento.
Ne è esempio Etty Hillesum, morta ad Auschwitz, che incontra dio imparando a pregare, e ci insegna ad amare perfino gli aguzzini, perché tutto è vita e amore; oppure Madeleine Delbrȇl, materialista socialista incapace di parlare di religione se non nei termini di “oppio dei popoli”, eppur definita dal cardinal Martini “una delle più grandi mistiche del nostro secolo”. Come fu possibile il cambiamento della donna, la nuova scelta di vita e il relativo giudizio di un grande intellettuale della Chiesa, davanti all’opera che la occupò per tutta l’esistenza?
Con l’incontro con i Vangeli, che la trasmutano in un’altra persona – una persona donata alla quotidianità e alla fatica della strada per aiutare i poveri. E che dire di Olivier Clément, “immerso nella radicale angoscia del nulla”, infine trovatosi a guadare il volto umano di Gesù e a risorgere già da vivo, prodigandosi per tutta la vita alla promozione di una Chiesa unita?
Libro forte e consigliato dunque, poiché non racconta solo di incredibili conversioni o di amori incommensurabili, ma per la capacità di mostrare questa rinascita, illuminarla di splendore, e svelarne il carattere divino.
Ciò che Garrone trascrive non è infatti una sequela di psicologie frustrate che trovano nella fede un conforto ordinario. L’autore racconta fatti ultraterreni, nel senso ben preciso di vite trasmutate da una forza difficilmente riducibile a banali contesti psicosociologici. Da dove viene questo amore “che move il sole e l’altre stelle” non è detto saperlo, ma per i protagonisti di queste brevi biografie è chiaro: è la luce di Dio, l’altra luce che tutto illumina e rende semplice, nonostante le difficoltà.
Stiamo parlando di energie spaventevoli e affascinanti allo stesso tempo, che rendono il lavoro del sacerdote torinese un piccolo manuale terapeutico per chi, sconfortato dal nichilismo della vita quotidiana, non solo cerca una ispirazione, ma tende al confronto con chi ha vissuto lo stesso travaglio interiore: una guida per cercare di andare più a fondo, e magari attraversare quella notte che tutto avvolge.