Claudio Fiorentini – (Il suo sito è: www.claudiofiorentini.it) – è scrittore, poeta, voce radiofonica, artista, traduttore. Una uomo in viaggio, accolto in gioventù dal Messico caliente e oggi di stanza a Roma, da cui osserva ciò che accade nel nostro sistema solare di riferimento.
Autore di numerosi testi, ha appena pubblicato questo piccolo libretto di poesie, Sinfonia (Ensemble edizioni), che non può e non deve passare via nel marasma di articoli e recensioni pronti a invaderci le vite, per un motivo piuttosto semplice ma essenziale: Fiorentini è poeta vero, e le parole oneste vanno sempre accolte e meditate con calma, rilette, assimilate.
Se c’è una caratteristica dell’autore è l’instancabile tenacia nel saper ascoltare il proprio io dentro il mondo: è poesia fra la gente e le strade, e dunque attraversata da concreta vitalità e da una delicatezza espressiva poco comuni.
Fiorentini, uomo curioso, non scrive per il passato, ma per il futuro, perché, ci confessa, “cerco disperatamente/instancabilmente/ quella poesia che ancora non ho scritto/ per dirti che l’amore non distrugge/ ma ripete ogni inizio/ e canta/ e danza/ in una sinfonia che non ha fine”.
Il Tu davanti allo scrittore è la persona non per come vuole che sia, ma per ciò che è: il rispetto per l’altro, e complessivamente per il creato, accoglie ogni poema, anche quando la vita è segnata dalla fatica. Non c’è giudizio, ma attesa di una rivelazione da condividere tenendosi per mano, poiché la vita ha senso quando si sta in compagnia, senza chiedersi che significato abbia, ma lasciandola scorrere e accettandola.
- Claudio Fiorentini
In ogni pagina si avverte sia la tensione intellettuale, sia la serenità di chi ha viaggiato e registrato la violenza dell’esistere, consapevole che dopo ogni oscurità c’è un sole in attesa di sorgere: poesia che rifiuta il chiasso e lo sconforto, in quanto “dove il silenzio è la misura. Se non sei lì allora taci perché non ti stai cercando”.
L’autore è sincero nel tratto e nella forma linguistica, ama profondamente le parole, non cede mai a leziosismi o a narcisismi fonetici: la devozione per la vita, pur quando agra, parafrasando Bianciardi, è saggezza dal volto quasi “infantile”, nel senso più nobile e genuino del termine.
Poeta infatti è sempre e soltanto colui che sa osservare il mondo come un fanciullo, e si ritaglia un angolo di felicità: “Vedete, in fondo scrivere versi è crescere, scavare dentro/ cercare quella voce/cercare ciò che ci anima/non certo raccontar disgrazie”, perché vivere è comunque un dono, e la scrittura ne è la custode privilegiata. “In fondo, là dove la strada finisce, c’è uno spazio inesplorato che ti aspetta/ per sconfinarti nel sogno, e lì, altro non potrai fare che ridere”.
Un’opera viva dunque, e già sottolineato, da non farsi sfuggire dalle mani, da assimilare e a cui concedere anche che ci ferisca se necessario, così come accade quando ci si mette veramente in gioco con un grande amore.
Nessuna paura, sottolinea il poeta, deve paralizzarci perché quando il grido disperato si forma in noi, quando un ramo si spezza, la vita produrrà un nuovo germoglio e con esso la gioia di una prossima fioritura, fresca e senza veli, proprio come la poesia sa fare.