Quest’anno ricorre l’anniversario di uno degli eventi più inquietanti e tragici della storia giudiziaria – e non solo – degli Stati Uniti. Novanta anni fa, nel Massachusetts, poco dopo la mezzanotte del 22 agosto, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vengono giustiziati sulla sedia elettrica, dopo aver subito uno dei processi più immorali, odiosi e vendicativi della storia americana.
I due, accusati di furti e omicidi mai commessi, trascorsero ben sette anni in carcere, persino in ospedali psichiatrici, finché non patirono la triste sorte. Non servì a nulla la confessione di un altro prigioniero, Celestino Madeiros, il quale riferì che i veri attentatori erano dei criminali individuabili nella famiglia Morelli, una nota banda di ladri locali; non servì la mole impressionante di controprove a elementi giudiziari approssimativi, manipolati e parziali; a nulla valsero le numerose testimonianze che confermavano la presenza degli italiani in luoghi ben distanti dai fatti commessi. A nulla la grande mobilitazione, in tutto il mondo, a sostegno.
- Sacco e Vanzetti
Perché mai? Perché la ragione dell’infausta detenzione non risiedeva nell’imputazione di rapina, ma in qualcosa di più profondo, un sentimento inconfessato e rimosso dall’America perbenista, in grado di sconvolgere l’idea che il paese aveva di sé. Sacco e Vanzetti furono uccisi dopo aver denunciato ad alta voce che gli Stati Uniti erano uno stato fondato su un capitalismo predatorio e assassino, e quando la loro testimonianza prese la forma di una militanza mostruosa e inaccettabile: Sacco e Vanzetti erano anarchici, e per questo dovevano morire.
Le vicende dei nostri connazionali – uno di Villafalletto, l’altro di Torremaggiore, del nord e del sud Italia – si sono intrecciate con il destino di un mondo sconvolto dalla red scare, la paura dei comunisti, e con un popolo che vedeva dall’altra parte dell’oceano la grande potenza russa trasformarsi in Unione Sovietica: un paese quindi incapace di rispondere razionalmente alle istanze di giustizia e alle richieste di migliori salari sorte in ogni luogo sul proprio territorio.
- Luigi Botta
Che lo scontro tra capitale e lavoro fosse cruento è cosa ormai nota: parecchie sono le pubblicazioni a proposito, molte riguardanti anche l’agonia dei due anarchici. È però solo recentemente che il livello della discussione è stato approfondito, lasciando da parte alcune ricostruzioni parziali o troppo datate. Con “La Marcia del Dolore” di Luigi Botta, giornalista e studioso fra i più attenti delle vicende sopra descritte, la complessa mole di ricerche su Sacco e Vanzetti arriva ad un traguardo importante, e il suo lavoro è certamente destinato a diventare un classico per gli appassionati, e non solo. Siamo di fronte infatti a una disamina dettagliata e scientificamente accurata delle carte e dei fatti, dei luoghi e delle biografie degli interessati come poche oggi in circolazione.
Botta non solo riassume il complesso quadro storico dell’epoca, ma lo fa con un piglio deciso e scorrevole, così da rendere la lettura piacevole e coinvolgente. La minuziosa descrizione di tutti i passaggi che seguono all’esecuzione, dalla custodia delle ceneri fino alla loro deposizione in terra italica, appartengono di diritto alla migliore storiografia sull’argomento. Come se non bastasse, il libro ha in allegato un documento eccezionale: il filmato dei funerali avvenuti nei giorni successivi, a Hanover Street, zona North End, Boston. Per anni il materiale ha subito traversie inverosimili, quasi fosse segnato dal destino di non dover apparire, come era nella volontà di chi, noncurante del diritto di espressione, cercò di distruggerne ogni copia. La fortuna volle che qualcosa si salvò, e oggi quel materiale si trova a Boston, nella Public Library.
Botta racconta la storia del filmato, che si aggiunge, insieme alla testimonianza di Giovanni Vanzetti, nipote di Bartolomeo, di Jerry Kaplan e Robert D’Attilio, due grandi studiosi dell’argomento, ad arricchire un lavoro imprescindibile sia per lo specialista sia per il lettore comune, desideroso di osservare un’altra faccia dell’America, un’America poco nota ma terribilmente reale.