Nell’Iliade un sentimento oscuro, prepotente e feroce, attanaglia l’animo dell’eroe, e rivela un tragico presentimento: di cosa? La consapevolezza della morte e dell’oblio. Ogni esistenza è segnata da una verità che sussurra parole oscure nella notte, e agita i cuori: bisogna morire – e il risultato è una inquietudine esistenziale per “essere gettati”, direbbe Jaspers, in questo mondo. Se nel poema l’uomo si sottrae al triste fato grazie a imprese sovrumane, presto il paradigma aristocratico e guerriero comincia a vacillare, mostrando il vero e onnipresente tratto dell’anima greca, l’inquietudine: “Per difendere e garantire il benessere della propria comunità, per conquistare per se stessi ricchezze e prestigio: guerre e conflitti sono inevitabili nell’universo di questi eroi, e la forza è l’unico valore reale. Il colpo di genio dell’Iliade è quello di mettere in discussione l’apparente ineluttabilità di questa situazione, mostrandone i limiti e le tensioni”.
La risposta all’oblio prende nuove strade: lo chiarisce bene Mauro Bonazzi, docente di Storia della Filosofia antica a Milano. Con Atene, una città inquieta, lo studioso rompe un cliché consolidato che vorrebbe la città simbolo della grecità regno dell’equilibrio e della razionalità, erede di una tradizione paladina del primato della ragione. È forte infatti l’idea, affermatasi attraverso i secoli, che il lascito principale dello Stato ateniese sia la capacità sistematica del metodo d’indagine razionale (la filosofia), tanto che persino il papa emerito Benedetto XVI, nel 2006, durante una lectio magistralis all’università di Ratisbona, giudicò essere il razionalismo il tratto distintivo dell’Occidente (suggellato ovviamente più tardi dal Cristianesimo) – mentre spetterebbe ad altre culture e popoli un rapporto più intenso con il lato sentimentale, affettivo, dell’animo.
- Mauro Bonazzi
Nulla di più falso, afferma Bonazzi, e a ragione. Fedele a una analisi storico-filologica, lo studioso fa emergere chiaramente quanto Atene venga troppe volte identificata con un momento preciso della propria storia, e precisamente con Platone e Aristotele, e riducendo la sua diversità culturale a un tempo circoscritto. Quell’inquietudine dell’eroe omerico e la tradizione poetica che la segue e la racconta attraverso nuove forme non va dimenticata, perché confluì prepotentemente fra le vie della città, nelle piazze e nei dibattiti, producendo un coacervo di idee dove il logos e il raziocinio sono soltanto un aspetto della identità sociale e non l’unico.
Se la razionalità è quindi certamente un connotato distintivo, nondimeno la poesia svela in varie forme molteplici la grande irrequietezza dell’essere un cittadino ateniese: attraversando i grandi tragici greci, la Teogonia, i filosofi arcaici fino ad arrivare alla nascita della democrazia periclea, è evidente che ad Atene si manifesta quel connubio tra apollineo e dionisiaco, direbbe Nietzsche, per cui ragione e sentimento non si contrappongono, ma rappresentano due aspetti diversi di un medesimo disagio esistenziale, e si esplicano a seconda delle scelte personali o dei governi al potere.
L’uomo greco, in altri termini, ha tentato di dare una risposta all’oblio attraverso un lingua che è ancora la nostra, cercando di guardare nell’abisso che lo distanzia dal mondo degli dei, o tentando di costruire una giustizia che potesse “consolarlo”, e proteggerlo, dallo sgretolamento del tempo. Il tema chiave del libro infatti è come instaurare una dike, e capirne l’origine. Legge divina o umana? Adeguamento a una verità superiore o compromesso terreno?
- Atene, Partenone
Le pagine catturano il lettore in un vortice di storie e racconti, in cui il protagonista è appunto il quesito: come vivere al meglio, e rettamente, per salvarci dall’oblio? Non è casuale dunque quanto contemporaneo e attuale sia il lavoro di Bonazzi: splendido e variegato affresco della città greca, e quindi del mondo oggi intorno a noi. Se nell’età arcaica è la forza a dare la possibilità di affermarsi e Troia rappresenta la città-simbolo del conflitto, se è l’impresa a sancire chi sentirà il proprio nome echeggiare nei secoli, solamente ad Atene tutti i paradigmi confluiscono, e risuonano possenti attraverso i discorsi dei sofisti e dei maestri: la democrazia e l’egemonia della città consentono un confronto serrato su cosa sia giusto, e come ottenerlo.
Attraverso l’epitafio di Pericle comprendiamo la grandezza di quel mondo: “Questo deve chiarire la discussione su Atene. Non si tratta banalmente di celebrare quanto è bella la democrazia di Atene. L’ambizione di Pericle è di mostrare attraverso Atene che cosa è l’uomo, e che cosa può. Il tema dell’epitafio è la potenza dell’uomo”. L’ascesa di Platone, fiero aristocratico, inciderà notevolmente sulla futura percezione, da parte nostra, di quell’epoca: la filosofia e il logos, il mondo delle idee, produrranno le fondamenta per una tradizione di cui abbiamo già accennato, mentre la cultura sofistica e i dilemmi dei poeti, espressi anche nelle opere tragiche, saranno il contraltare a una visione del mondo troppe volte sottovalutato per promuovere l’idea di una città serenamente immobile, tranquilla, non attraversata da un profondo fermento.
Insomma, secondo Bernard Williams: “Platone contro Omero: ecco il totale, autentico antagonismo”. Il filosofo sostiene che il meglio del pensiero ellenico non è dentro la filosofia, ma al di fuori. La risposta più corretta, suggerisce Bonazzi, è ricordare che entrambi gli schieramenti sono la Grecia, entrambi Atene. Il desiderio di comprendere l’uomo e la sua anima percorrono le strade della poesia e della ragione, del logos, del mythos e della politica, e dimenticarne una a scopo di sopprimere l’altra non può essere se non una privazione, una mutilazione culturale e politica.
- Scuola di Atene, Raffaello
La pluralità del mondo greco, osserva lo studioso, è la molteplicità del cittadino nuovo, forgiato da una democrazia in cui la moltitudine prevale nelle decisioni, ma entro la quale spinte oligarchiche, aspirazioni di potere e sentimenti di dominio rendono il dibattito e la vita sempre un mistero: l’uomo è destinato all’oblio, alla sconfitta, e la risposta a questa tragedia non può essere sancita da un’unica verità, ma si rinnova ogni giorno e in ogni luogo – da quell’Atene sovrana fino alle nostre moderne capitali. Come allora, il destino dell’essere umano, si chiami Edipo o Antigone, o sia quello di un cittadino londinese, parigino o romano, è barcamenarsi tra considerarsi “misura di tutte le cose” oppure affidarsi a una forza superiore, che distragga l’eterna rivale, la morte, il più a lungo possibile.