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“Guerra o Diritto? Il diritto umanitario e i conflitti armati fra ordinamenti giuridici”, Editoriale scientifica, 2013

Uccidere è un diritto?

Morale umana ed Etica pubblica tra guerra e diritto.
giovedì 1 settembre 2016 di Andrea Comincini

Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Diritto
Argomenti: Renato Federici


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Cos’è la guerra? Von Klauzewitz non aveva dubbi: è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Poiché la correttezza della riflessione è fuori questione, dovrebbe essere altrettanto limpido individuare quale sia il parente più stretto di ogni contrasto. Rivoluzioni? Rivolte? No: il diritto. Accostare guerra e diritto può sembrare per alcuni provocatorio, ma è l’essenza della questione. Dove finisce l’una, inizia l’altra, ed entrambe fanno parte di quelle prerogative con cui lo stato definisce sé stesso e i propri poteri. Il diritto infatti è la scelta opposta della risoluzione di una divergenza, ed è quindi intimamente legato a quella tragica alternativa che, ogni volta intrapresa, consegna l’umanità alla barbarie.

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Renato Federici

Con “Guerra o Diritto? Il diritto umanitario e i conflitti armati fra ordinamenti giuridici” il Prof. Renato Federici, docente di diritto amministrativo alla Sapienza, prova a districare l’ingarbugliata matassa che ognuno di noi deve affrontare quando si cerca di definire il confine tra legalità ed eccezione. L’analisi tuttavia non riguarda esclusivamente il mondo giuridico e i suoi specialisti, ma fin dalle prime pagine è chiaramente un percorso attraverso quanto si intende per etica. (Il libro, non a caso, è arrivato alla terza edizione). Al lettore appare chiaro si tratti anche di un lavoro filosofico, e lo si evince dalla tensione morale che pervade la riflessione. Federici attraversa la storia del diritto da Platone a Kelsen, da Kant a Bobbio, con l’intento preciso di negare qualsiasi “normalità” all’evento bellico: la guerra è fuori da ogni ordinamento giuridico, e sebbene mostri a volte alcune regole, queste sono un semplice specchietto per le allodole, ovvero ognuno di noi nel momento in cui pensiamo che lo scontro sia una forma diversa di ordinamento giuridico. No, essa è sempre “la notte del diritto. Il diritto umanitario è tutto il diritto che può sopravvivere durante un conflitto armato ed è assimilabile a una fiaccola tremolante che può rimanere accesa anche nel buio pesto della notte”. Federici non ha dubbi: gli eserciti non chiedono a un giudice chi di loro abbia ragione, ma tentano di imporre la propria volontà senza mezzi termini.

Centrale, nella disamina, è l’idea di stato e ciò che deve perseguire. Severissimo con Hegel – e ci sembra a ragione – attento nel ricostruire le dinamiche che hanno attraversato la Chiesa e il suo rapporto con la guerra “giusta”, limpido nel delineare il pensiero di Montesquieu e di Hobbes, Federici arriva al nodo centrale: smontare l’idea di un diritto bellico – che in altri termini significa giustificare le proprie nefandezze mascherandole da azioni legali. Diritto e guerra sono in antitesi. Quest’ultima è un assassinio di massa (Kelsen); una violenza collettiva e organizzata (Bobbio); una carneficina di Stato (Lombardi Vallauri). Solo avendo ben in mente tale verità l’uomo potrà affrontare la realtà e ogni Paese autodefinirsi. La guerra a volte è inevitabile, ma non è mai giusta. Persino quando si parla di attacco preventivo, bisogna comprendere che la vera salvezza delle anime sta nel diritto, unico strumento in grado di salvarci dalla violenza indiscriminata e mai disciplinata, la cui presenza non è ancora un triste ricordo di un lontano passato, ma una sempre più attuale e, per molti, benvenuta possibilità.

 

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