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La Fontana di Bellerofonte (Pironti Editore)

LA FONTANA DI BELLEROFONTE, un coinvolgente romanzo storico

L’Italia è ancora “soltanto un’espressione geografica”?
domenica 1 giugno 2014 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Storia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Celestino Genovese


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Il 13 Maggio 2014 alla Libreria Feltrinelli di Napoli è stato presentato il romanzo storico di Celestino Genovese “La Fontana di Bellerofonte”, edito da Pironti. A discuterne con l’autore in un’ interessante conferenza erano presenti Francesco Barbagallo, accademico e storico, Silvio Perrella, scrittore e critico letterario, Sarantis Thanopulos, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana.

I tre relatori evidenziarono i pregi del testo, esaltandone la precisione storiografica e l’abilità dello scrittore, che è anche psicologo, nel descrivere i personaggi in una mirabile “scultura dei sentimenti” (S. Parrella), come si può notare in particolare nel racconto delle drammatiche vicende di Nennella, una coraggiosa e sfortunata adolescente, oppure nel contrasto tra passionalità e razionalità, luci e ombre, pregi e difetti presenti nei comportamenti di personaggi come Luigino, Carlotta, don Carlo e tanti altri.

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Morelli e Silvati

Il prof. Barbagallo da storico inquadrò in breve il periodo della Restaurazione borbonica nel Regno delle due Sicilie, i disaccordo tra i murattiani (seguaci di G. Murat) e i carbonari nella gestione dei tempi della rivolta, la diserzione dello squadrone di cavalleria guidato da Morelli e Silvati nella caserma di Nola, i moti che costrinsero Ferdinando I a concedere la Costituzione (sul modello di quella spagnola) in seguito da lui tradita su pressione dell’Austria e di altre Potenze europee, l’intervento dell’esercito austriaco e la conseguenziale occupazione austriaca che costò a Ferdinando 10 milioni di ducati, la repressione con le rituali impiccagioni. Dietro le quinte sempre gli stessi interessi economici che guidano invasioni e guerre. Fu allora che Metternich favorì gli interessi dei banchieri svizzeri e di Carl Rothschild a Napoli ed è sua la sprezzante affermazione “l’Italia è solo un’espressione geografica”.

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Ferdinando I

Silvio Perrella, invece, da scrittore e critico letterario, si soffermò maggiormente sui personaggi e sulla manzoniana definizione tra “vero e verosimile”, citando Genovese che fin dalla prima pagina del libro avverte il lettore scrivendo: “I personaggi dei quali è menzionato il cognome sono tutti realmente esistiti, sebbene siano liberamente descritti e ricostruiti dall’autore”. Facendo poi una sorta di analisi comparata tra vari scrittori di romanzi storici sul Meridione, Perrella affermò che in genere tutti, compreso “Il Resto di Niente” di Enzo Striano, si fermano al 1799, mentre “La Fontana di Bellerofonte” va oltre tale data e si differenzia non solo per la dettagliata narrazione dei fatti, ma anche per le continue riflessioni dei personaggi sugli stessi, riflessioni che estendono il discorso al senso della Storia in sé.

Infine Saranthis Thanopulos fece un panegirico forse un po’ esagerato del libro, ritenendolo sotto alcuni aspetti addirittura superiore a Renzo e Lucia dei “Promessi Sposi” nei quali manca quella “passionalità” molto presente invece in Nennella, personaggio straordinario e davvero realistico. Non a caso, secondo lui, i personaggi negativi, come l’Innominato e la monaca di Monza sono quelli che poi restano più impressi.

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Pur sentendosi onorato nell’essere paragonato ad illustri scrittori, l’autore umilmente precisò che il suo romanzo, frutto di ben sette anni di lavoro, racconta eventi avvenuti in luoghi appartenenti al suo vissuto, essendo egli nato in Irpinia.

Ero alla Feltrinelli quel giorno e seguii il dibattito con interesse, comprai il libro ed ora dopo averlo letto, nel complesso, sono d’accordo su quanto affermarono i relatori, anche se ritengo che abbiano trascurato certi aspetti.

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Generale Pepe

Ad esempio l’intreccio tra personaggi veri ( Morelli e Silvati, Guglielmo Pepe, Lorenzo De Concilji, Luigi Minichini ed altri) e quelli immaginari (Nennella e tante umili figure), rende gli eventi storici più vivi, veri e coinvolgenti soprattutto mediante la descrizione di tradizioni millenarie della cultura meridionale: è la gente del Sud che balza viva dal libro attraverso proverbi, usanze popolari, nomignoli, espressioni dialettali, ricette culinarie, feste paesane, pellegrinaggi e quant’ altro, in uno scenario di provincia in cui davvero la Grande Storia si mescola con tante microstorie.

Sulla scheda del libro fornita dall’editore si legge quanto segue: “In un ordito dove si avvicendano fatti pubblici e privati, speranze e delusioni, sembra anche affacciarsi implicitamente l’idea che nella degenerazione della Carboneria napoletana, una sorta di P3 o P4 ante litteram, si prepari un humus favorevole per quella che dopo la conquista piemontese e l’Unità d’ Italia, diventerà la Questione Meridionale….Un poderoso romanzo storico, carico di umanità e ancora attualissimo per capire la storia del Mezzogiorno”.

La conclusione del romanzo è piuttosto amara ma non chiusa alla speranza infatti don Carlo pensa tra sé : “E’ tutto finito, è durata nove mesi che sono sembrati un secolo. E alla fine non è rimasto niente di niente. Le cose vanno come devono andare: non bisogna mai forzarle né frenarle. Chissà, forse fra trenta, quarant’anni i tempi saranno maturi per un mondo nuovo. Ma quasi certamente io non ci sarò…..Quel mondo sarà per chi nasce ora”. Alla stessa conclusione arrivò in fondo Striano nel suo libro “Il Resto di Niente” sugli eventi storici del 1799.

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Metternich

E noi posteri ancor oggi ci poniamo tante domande: “ L’Italia rimane una mera “espressione geografica”, terra di conquista indebolita da lotte intestine? La Questione Meridionale sarà mai risolta? Riuscirà l’Italia a diventare un paese forte e coeso per rivendicare dignità e rispetto in Europa?”. Speriamo di sì.

 

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