Ylenia Sina nel documentato libro Chi comanda Roma ha messo a nudo un approfondito accertamento sul sistema di potere per mezzo del quale “palazzinari”, banche e stampa, tengono in pugno la capitale.
Non è certo un argomento nuovo, tanto più che, come scrivono Alessandro Zardeto e Daniele Nabbau nella nota editoriale di prefazione, lo studio s’inseriva in una ampia inchiesta servile sui “veri padroni delle città italiane”, e quindi gli autori hanno sistematicamente organizzato le loro ricerche muovendo dal concreto evolversi del processo di urbanizzazione. Così, capitolo dopo capitolo, il lettore viene a intravedere una serie di vere e proprie “fotografie del potere”. Naturalmente gli autori hanno ricostruito un insieme di informazioni che chiamano in causa importanti personaggi della “Roma bene”, per descrivere – a noi sembra – una “Roma male”.
Si delinea così una serie di interventi e di azioni che riguardano il settore delle costruzioni, innanzitutto, spiegando come funziona il meccanismo degli intrecci di potere che si è venuto a determinare insieme dei comportamenti tra privati e politici. “Cambiare nella continuità” è il simbolo che sintetizza questo grande scorcio di come siano state assunte via via dalle amministrazioni pubbliche una serie di atti, dei quali vengono presentati rischi, disavventure, a seconda delle diverse gestioni. Naturalmente non si possono negare né dimenticare i risultati positivi del sistema finanziario instauratosi nella capitale, come riferisce in particolare Roberto Morassut in una intervista nella quale è sottolineato come si siano stabiliti rapporti di forza tra amministrazione pubblica e rendita urbana.
Qui non possiamo certo riprendere tuto l’insieme del groviglio di interessi che avrebbero portato ad un nuovo “sacco di Roma”. In un’altra intervista Vezio De Lucia afferma che dal Vaticano a Caltagirone, a Roma comanda la proprietà fondiaria. Risalire al piano regolatore del 2008 consente d’inquadrare le diverse serie di poteri affermatisi nella città, con particolare riguardo all’Eur, a Pietralata, a Cinecittà, centri a loro volta di complessi interessi. Un vero e proprio circuito di interessi individuato attraverso richiami a varie responsabilità sul diffondersi di comportamenti che hanno fatto di Roma una città “disegnata” nel suo sviluppo diseguale.
Naturalmente risultano con evidenza le diseguaglianze sempre più accentuate, specie in riferimento al sistema bancario. Vengono individuati, capitolo dopo capitolo, quelli che sono presentati come “poteri forti”. La lettura può essere utile per farsi una idea di come le varie amministrazioni abbiamo continuato ad operare nel loro succedersi alla guida della città. La giornalista autrice del libro ha il merito di aver studiato a fondo nei meandri di ambienti, la cui attività si è dimostrata dannosa per la cittadinanza mentre è difficile individuare fattori positivi: è questo il destino fatale per i romani? E vi sono altre possibilità? Ardua la risposta.