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Torture, figuri e figuracce.

Sui fatti di Genova
venerdì 17 aprile 2015 di Michele Penza

Argomenti: Attualità
Argomenti: Opinioni, riflessioni
Argomenti: Storia


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Tutti i nodi prima o poi vengono al pettine ed è arrivato anche il turno della condanna dell’Italia per i fatti di Genova. Con la storia delle torture il nostro paese non ci ha fatto un figurone, è bene riconoscerlo francamente.

Scrissi all’epoca dei fatti una lettera al Messaggero, che non ha ritenuto di pubblicarla, nella quale esprimevo talune considerazioni che mi sembrano trovare conferma oggi a quattordici anni di distanza nei pronunciamenti ufficiali di istituzioni forse discutibili ma certo infinitamente più autorevoli di me. Scrivevo allora:

“I commenti e i pareri della stampa e degli opinionisti sui fatti di Genova si vanno grosso modo assestamdo su un denominatore comune: (sì, è vero, ci sono stati taluni eccessi, non si capisce bene per colpa di chi. Più o meno tutti li deploriamo e, comunque, fiducia sempre nelle forze dell’ordine, nella democrazia delle istituzioni, nella giustizia, bla, bla, bla.)

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La sentenza della Corte di Strasburgo

Personalmente non sarei così ottimista. Ciò che è accaduto a Genova ha colpito l’attenzione della gente per le dimensioni di scala del fenomeno, ma non differisce nella sostanza da tanti altri episodi verificati negli anni trascorsi. L’inadeguatezza ai loro compiti delle forze di Polizia, che una volta si preferiva definire di pubblica sicurezza, è un dato storico nel nostro paese e manda analoghi preoccupanti segnali da sempre, sebbene io resti convinto che non sia né generoso né onesto attribuire al personale esecutivo molte colpe che vanno individuate altrove.

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Gen. Bava Beccaris

Vigente lo Statuto Albertino leggiamo nei libri di storia che Umberto I di Savoia volle decorare di persona il gen. Bava Beccaris per aver eroicamente massacrato a cannonate i cittadini milanesi che protestavano per l’imposta sul macinato e vi apprendiamo che dopo il terzo squillo di tromba puntualmnte il delegato di P.S. ordinava ai Carabinieri il fuoco sui contadini che invadevano per coltivarle le terre incolte degli agrari.

Oggi, che la costituzione repubblicana ci complica un po’ la vita, gli abusi, se e quando avvengono, si possono fare solo nelle celle delle carceri, in qualche scantinato buio di tribunale o, appunto come a Bolzaneto, all’interno di una caserma.

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Milano1898

Credo che l’attenzione e l’interesse del potere in generale siano volti, da sempre, più al controllo politico che alla formazione e alla crescita di una forza di Polizia che se fosse veramente autonoma e autorevole diverrebbe difficile da manipolare. Non ho esperienza diretta di gestione di una scuola per sottufficiali o di corsi di formazione per agenti, ma non si può disconoscere sia pure con amarezza come nello svolgimento del loro lavoro pochi di quei ragazzi rivelino una personalità matura. Sicuramente nemmeno la selezione degli arruolamenti è più rigorosa come dovrebbe essere, e questo è un dato riconosciuto ampiamente.

Tassa sul macinato

Sono di ieri le dichiarazioni di tale agente Fabio Tortosa del VII gruppo celere, rappresentante sindacale degli agenti e protagonista dei fatti avvenuti nella caserma Diaz di Genova che si gloria di avervi partecipato, e dice che ci tornerebbe volentieri per un bis che tutti, credo, si augurano non debba mai ripetersi. Mi complimento con lui perchè è l’unico del reparto ad essersi assunto, per un sol giorno almeno perchè è stato subito zittito, la responsabilità delle sue azioni. Per tutto il resto ho pietà di quest’uomo che quando liberamente si esprime rinnega la sua umanità.

Io non mi stupisco che nella concitazione di una battaglia di strada fra dimostranti e polizia ci possa scappare l’episodio in cui un agente o un graduato prenda a calci l’avversario caduto in terra, ma se è un ufficiale ad ordinarlo a un sottoposto invece sì, mi devo stupire e parecchio. Quello che mi sconforta nel ripensare la vicenda di Genova è il verificare che nessuno tra gli uomini della P.S. intervistati o interrogati, nemmeno tra coloro, e sono tanti, che hanno tenuto un comportamento corretto, abbia espresso in alcun modo la consapevolezza che bastonare o colpire con un calcio un avversario che giace in terra addormentato o ferito è prima di ogni altra considerazione una grave manifestazione di vigliaccheria, e che la vigliaccheria è la negazione totale di ciò che dovrebbe essere un uomo della Polizia di Stato, che è in definitiva un soldato: stiamo parlando di chi impersona la forza che deve supportare il diritto, non la prevaricazione. Ma da chi è coordinata la formazione di questi ragazzi? Mi piacerebbe proprio conoscerlo!

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Il dato oggettivo che migliaia di uomini armati ed equipaggiati non siano riusciti a salvare una vetrina, una banca, un supermercato di quelli assaliti e si parli ora soltanto di 69 ricoverati in ospedale, di ossa rotte a un anziano che dormiva, di ragazze palpate e insultate, di telecamere e P.C. sfasciati da risarcire con le scuse ufficiali e della brutta figura dello Stato, e quindi anche mia, mi mette addosso una grande malinconia.

Qualcuno, almeno adesso, si assumerà il compito di spiegare con chiarezza agli agenti, speciali e non, che da loro il paese si aspetta che affrontino con determinazione i delinquenti armati e non che pestino gente che scappa o che dorme? Qualcuno vorrà mai insegnare loro che l’indossare una divisa rappresenta, è vero, un onere e una responsabilità, ma se a farlo sono uomini consapevoli e coraggiosi diventa anche un onore?

Un discorso a parte meritano i signori ufficiali. Io rabbrividisco quando sento un dirigente di polizia che nel malinteso tentativo di minimizzare il significato di indegni comportamenti se la cava dicendo: Ma, in fondo, che volete? Pure dalla parte nostra ci sono stati i feriti e molti, anche!

E, così facendo, mostra di ritenere normale il fatto che ove accada che in situazioni tipo quella di Genova, dei delinquenti, o dei facinorosi, feriscano un agente a Piazza Mazzini, diventi lecito restituire la pariglia ferendo un dimostrante pacifico che non c’entra niente a Piazza Garibaldi: è infatti noto che lo scopo della festa è quello di pareggiare il conto numerico dei morti e dei feriti, giammai quello di reprimere il reato nella persona specifica di chi lo commette, se proprio non si riesce a prevenirlo.

Triste anche l’omertà delle istituzioni, complici nel coprire i responsabili a livello medio e alto della operazione. Nessuno ha avuto il coraggio di metterci la faccia. Nessuno sa chi la ha autorizzata. Nessuno sa chi la ha gestita. Tutte le Caporetto del nostro paese sono addossate sempre ai fanti e mai ai generali. E a proposito di generali, qualcuno lo conosce bene questo signor De Gennaro?

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De Gennaro

Se ne sa poco, è veramente una figura opaca, sta sempre dietro le quinte. Io non ho elementi per valutarla perciò sospendo il giudizio ma ricordo bene che un vecchio Presidente della Repubblica, Cossiga, quel sardo senza peli sulla lingua che fu l’unico a dire la verità su Ustica, che lo conosceva per essere stato anche ministro dell’Interno, riferendosi a lui non parlò di figura ma di figuro.

Comunque, non ci scoraggiamo. Avanti senza esitazioni. Questa è l’Italia vecchia da rottamare, come dice bene qualcuno..-

 

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