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Stoicismo e autismo come percorso di identificazione


venerdì 1 luglio 2011 di Andrea Forte, Vivi Lombroso

Argomenti: Parapsicologia


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Lo stoicismo è una filosofia ellenistica che entrò in contatto col pubblico con l’apertura di una scuola, la Stoà Poikilè, fondata ad Atene da Zenone di Cizio nel 300 a.C. circa. Contenuti stoici si possono reperire già in epoche precedenti presso varie correnti di pensiero. I principi fondamentali dello stoicismo sono l’Atarassia, l’Adiaforìa, e l’Autarchia.

Vediamo qualcosa sull’Atarassìa, o imperturbabilità. Molto sinteticamente, per atarassìa si intende il fatto di non abbandonarsi all’esoattivismo, l’attivarsi all’esterno di se stessi (vedi il manager, il politico). Così, non abbandonarsi all’endoattivismo, (egocentrismo, misticismo, autofilia, settarismo) o all’esolassismo (menefreghismo, vagabondaggio, pigrizia fisica, disordine) e all’endolassismo (rinunciatarismo, edonismo psicologico e psichico, indulgenza verso se stessi). In questo senso l’atarassìa risulta essere un affrancamento dai quattro vettori di lassismi e attivismi. Naturalmente gli stoici lo consideravano uno stato da conseguire con l’addestramento, l’esperienza etc.

Per quanto riguarda l’Adiaforìa, o indifferenza, indicherebbe la percezione della non differenza fra il cosiddetto bene ed il cosiddetto male, una autocollocazioe al di sopra dei moralismi e della fede in una morale unica ed universale, e quindi un affrancamento dall’illusione del giudizio di valore. Kant fece la distinzione fra latitudinarismo nella neutralità per esclusione (in pratica l’essere umano non è buono né cattivo), e latitudinarismo della coalizione (l’essere umano è sia buono che cattivo). Ma Kant, indotto dal proprio rigorismo morale, non si rese conto di mettere contigui o complanari due livelli che invece sono paralleli e sovrapposti. A nostro avviso il bene/male compete il livello dell’esistere, ma non compete quello dell’Essere. Poiché la realtà dell’Essere e l’apparenza dell’esistere sono imprescindibili fra loro, avremo che la reale sovramoralità e l’apparente moralità sono imprescindibili fra loro. Per affrancarsi dall’apparenza e accedere alla realtà, bisognerebbe fra l’altro constatare l’apparenza morale e collocarsi al di sopra di essa nella sovramoralità reale. Tra l’altro, questo è ciò che fa sistematicamente il sofista applicando l’adiaforìa stoica.

100000000000012C00000138945F67D4Andiamo a considerare ora l’Apàteia, o impassibilità. Addirittura è stato tradotto con apatìa. Apàteia significa non sensibilità, assenza di pathos, assenza di passioni. Lo stato apatico stoicamente inteso, è uno stato psichico ove si realizza la condizione massima di serenità. Il termine serenità è fuorviante, in realtà si tratta del maggior distacco possibile dalle proprie passioni, dalla fede nella loro giustezza, e nel fatto che meritino tanta intensità.

A differenza dell’epicureismo, che rinuncia ad intervenire sul mondo esterno, l’apatia stoica non comporta la cessazione di ogni attività esistenziale, ma tende alla liberazione individuale e sovraindividuale della passionalità. La passionalità infatti costituisce la passività, la subizione, la schiavitù dell’entità individuale, la coazione a crederci. La liberazione consente di risalire con coerenza e logicità alla propria identità.

Passando poi all’Autarchia, o autosufficienza, ci accorgiamo che il termine era già utilizzato dai presocratici. Nella filosofia greca in generale presenta due significati:

a – autosufficienza personale e materiale, che passa attraverso un adeguamento al contesto esterno ed alle situazioni che si avvicendano. Detta autosufficienza serve soprattutto per difendere l’individuo dalla instabilità del caso, in pratica è una difesa dall’imponderabile esistenziale.b – autosufficienza sovrapersonale e spirituale, che passa attraverso un adeguamento alle leggi della realtà, alle leggi dell’Essere, e per estensione dell’eterno infinito. È un ricondurre se stesso al principio, un trovare in se stesso il percorso di ritorno al principio.

Anticamente l’autarchia veniva indicata come un elemento imprescindibile della eudemonia, parola tradotta col termine felicità, che però è del tutto fuorviante. La colpa del tradimento del termine è dei moralisti rinunciatari, dei mistici e degli edonisti. Tuttavia ciò ha una importanza relativa. È interessante invece sottolineare il fatto che nello stoicismo si trovano gli elementi fondamentali dell’esoterismo e del metaesoterismo. Naturalmente, di fronte una dottrina così qualificata, gli umani in particolare, e l’universo in generale, non potevano che accanirsi meticolosamente, e così, consapevolmente o meno, hanno fatto in modo che andassero persi tutti gli scritti degli stoici prodotti durante 3/4000 anni, facendo dire allo stoicismo anche quello che non ha detto, e contrabbandando per stoicismo anche le più grandi nevrosi.

Circa l’Autismo, argomento molto delicato, bisogna fare alcune premesse. Esso è argomento complesso e delicato non risolvibile in poche battute. Nella letteratura specializzata scientifica regna la solita babele. Sotto il termine autismo passano varie interpretazioni, collocazioni, sintomatologie, dipende dalle scuole di appartenenza.

Premesso ciò, in linea di massima, comunemente per autismo s’intende il ritrarsi dal mondo esterno e dagli altri, l’indulgere alla fantasia, sogni ad occhi aperti, delirio, allucinazione, il prediligere l’automatismo e la ripetitività, il ripiegare su se stesso nel senso di incentrare la libidine sull’io, interpretare il mondo esterno in funzione di se stesso.

Nell’autismo patologico l’inconscio è il dominatore assoluto. A nostro avviso, come per il narcisismo, esisterebbero due tipi di autismo, uno patologico, staticizzante, ripetitivo, involutivo, paranoico, deconsapevolizzante, rinunciatario, e uno invece evolutivo, inventivo, reintegrativo, proteso al recupero della realtà, interessato agli schemi delle cose e non alle cose, nomadico. Considerando la questione sotto un ceto aspetto, si potrebbe riconoscere nell’autismo reintegrativo la 4 iniziative stoiche viste precedentemente.

Nel comportamento autistico coscienzializzante ritroviamo i caratteri dell’atarassìa, cioè la tendenza a ritrarsi, a non farsi coinvolgere, a non abbandonarsi né al lassismo né all’attivismo. Ritroviamo gli elementi dell’adiaforìa, la tendenza alla sovramoralità. L’autistico patologico è amorale, o immorale, l’autistico reintegrativo consapevolmente tende a svincolarsi dagli obblighi, le leggi, le morali. Ritroviamo l’apàteia, cioè il distacco dalle passioni etc., e così l’autarchia.L’autistico patologico cade talmente dentro di sé che taglia i ponti con l’esterno; l’autistico consapevole si ritira dall’esterno per cercare dentro di sé, ma non nega il mondo esterno, cerca gli schemi distinguendo quelli dell’esistere e quelli dell’Essere. In quest’ottica lo stoicismo è una forma di autismo consapevole e controllato.

Per chiarire l’accostamento proposto bisogna fare una distinzione tra l’autistico consapevole e l’esoterista che ricorre all’autismo. È vero che l’autistico consapevole è raro, ma se resiste alle terapie classiche, può pervenire alla scoperta dell’esoterismo. Naturalmente questo accostamento non piace agli psicologi, psichiatri etc., che idolatrano la personalità e il socializzare, e quindi, chi tende a sottrarsi ai due capisaldi della “normalità” o è un malato o è un santo.