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Genocidio. Una passione europea (Marsilio, 2009)

LE PAGINE DEL GENOCIDIO IN UNA CRUDA RICOSTRUZIONE STORICA


martedì 9 febbraio 2010 di Carlo Vallauri

Argomenti: Guerre, militari, partigiani
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: George Bensoussan


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Nella seconda guerra mondiale il genocidio sistematico ha caratterizzato, con impressionante crescendo, il comportamento delle potenze vittoriose nella prima fase del conflitto. Dal cuore dell’Europa al lontano Oriente niente è stato risparmiato al genere umano. George Bensoussan in Genocidio. Una passione europea (Marsilio, 2009) è andato a rievocare i precedenti della tragedia europea, ripercorrendo le matrici culturali all’origine del diabolico disegno di annientamento.

Così il lettore scorre i precedenti, dai fantasmi medievali all’anti-illuminismo per poi soffermarsi su concetti affermatisi tra Ottocento e primo Novecento circa il ruolo fondamentale attribuito alla guerra quale fondamento dell’ordine sociale e della vita dei singoli, sino all’esaltazione dello spirito bellico inteso quale “igiene del mondo” nell’esaltazione della virilità. Già la prima guerra mondiale aveva assunto caratteri di distruttività totale sia con la distruzione di massa attraverso le mitragliatrici, gli assalti frontali al nemico, le prime prove della guerra chimica. Inoltre nel fronte dell’Est l’esercito tedesco imperversava contro le moltitudini dei contadini russi affrettatamente reclutati dall’ultimo zar. Si confermava la previsione di Gustavo Le Bon sull’ “età del ferro”, dove tutto ciò che è debole deve fatalmente perire.

Un darwinismo non naturale ma realizzato secondo un piano dettagliatamente studiato. Proprio le conclusioni del 1918 alimentarono negli sconfitti tedeschi l’idea di una rivincita totale. L’imbarbarimento dell’Europa trova le forme e gli strumenti per preparare i mezzi di sterminio che il totalitarismo saprà allestire al più alto grado di perfidia.

Ma quali le ragioni dello scatenamento di tanto odio? Lo storico, che tanto in profondità ha studiato l’intero fenomeno della Shoah risale in questo libro ai motivi ossessionanti della “purezza di sangue”: la “razza” diversa. Così un fattore discriminante come spiegazione del mondo, nella negazione del mondo sociale e della stessa umanità. L’antigiudaismo pervade nell’intimo tante coscienze sino a pervenire all’idea non più di isolati o singoli programmi ma di una organizzata persecuzione che giungerà all’orrore della “soluzione finale” sulla base di una propaganda fondata su invenzioni (“protocollo di Sion”) ma anche su richiami ancestrali a quanto di più profondo male possa sortire da ciascuna persona. Una ossessione biologica nella condanna del meticciato mentre – osserviamo – la scienza più moderna non esclude di metterne in rilievo gli elementi positivi.

Quindi dal pangermanesimo dei tempi del Kaiser si passa alla terribile pratica attivata dai nazisti sul fronte russo poi nei campi di sterminio. L’Occidente cristiano assiste attonito all’olocausto, ma l’autore va più lontano nel cercare i precedenti in una serie di consuetudini di odio e di violenza dai secoli bui del passato, risalendo ai demoni del millenarismo, quello violento che portò alle stradi del Cinquecento (come a Münster) contrapposto a quello pacifico di Gioacchino de Fiore. Da quel male apocalittico si sperò nascesse un mondo riappacificato. L’universo dominato dal male, come in antiche memorie, riemergeva invece nel ritorno dell’Anticristo: “purificare il mondo”; una concezione destinata ad esplodere, nel Novecento quanto più – “contraddittoriamente, si può notare – scienza e tecnica sembrano offrire i mezzi per realizzare una vita meno straziante. La ricostruzione di Bensoussan reca i segni della critica storica e la precisione filosofica dei grandi autori.

 

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