Il libro di Claudio Fava assume un particolare rilievo oggi che tra l’azione spregiudicata e criminale della mafia e il contrasto nei suoi confronti da parte delle strutture istituzionali appare quasi confusa la linea discriminante giacché, per antichi retaggi ed eventi come per più recenti manovre e contro-manovre, sta di fatto che il potere mafioso (e non solo in Sicilia) mantiene la sua presa sulla realtà civile, economica e politica italiana.
Ben venga allora una disamina sull’argomento svolta con conoscenza del fenomeno, tra il “contesto” risalente alla memoria di Sciascia e più attuali comportamenti. La stessa cronologia, sinteticamente fornita, offre, nella sua continuità, la spiegazione dell’indebolimento nella difesa, dipendente non poco dallo smarrimento mostrato dalla stessa politica ufficiale.
I richiami del figlio di un uomo che pagò con la vita – e caro nel ricordo di chi scrive questa nota – alla fiducia nella possibile giustizia alle esperienze, specie degli anni ’60 e ’70, sono molto istruttivi, dai “cavalieri” catanesi al caso Cianci e sino a Cuffaro. L’attività di associazioni come Libera vanno sostenute, ma resta l’impressione di un vuoto che il potere politico sembra preferire ad interventi risolutivi. Interessante anche l’accenno all’esperienza in Somalia.