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Roma o morte (Garzanti, 2005)

LA LOTTA PER ROMA CAPITALE VISTA DA UNO STRANIERO

di Gustav Seibt
venerdì 2 dicembre 2005 di Carlo Vallauri

Argomenti: Storia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Gustav Seibt


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Gli storici italiani risentono in sommo grado, rispetto ai colleghi stranieri, delle loro posizioni ideologiche e delle loro idiosincrasie. A maggior ragione ciò accade per temi delicati come le contese risorgimentali. Viene allora a proposito Roma o morte dello studioso tedesco Gustav Seibt (Garzanti, 2005), opera dedicata alle complesse vicende che tra il 1861 e fine secolo condussero dapprima alla proclamazione simbolica di Roma quale capitale del nuovo stato unitario poi alla liberazione della città dal dominio papale e infine alle sistemazioni giuridiche dei rapporti tra Italia e Vaticano.

La ricerca è di grande pregio: si sofferma - grazie ad una selezione bibliografica accurata - sui punti e passaggi cruciali di quell’esperienza, riferendo con precisione sulle posizioni delle varie istituzioni o dei differenti gruppi politici, e legando strettamente il destino della città “eterna” alle variabili situazioni europee, in particolare a quelle francesi, il cui sviluppo permise nel ’70 ai bersaglieri di entrare a Porta Pia. Da questo punto di vista dettagliato è il corso dei rapporti diplomatici, come anche delle condizioni in cui si trovava lo Stato pontificio, giudicato molto negativamente da una parte notevole dell’opinione pubblica liberale in Europa. A Cavour vengono giustamente riconosciuti i meriti per l’impostazione data al problema, alla cui soluzione tutta la Destra storica poi contribuì in maniera determinante mentre il movimento originario garibaldino non poté andare oltre i tentativi come quelli sfortunati del ’67, quando le armi francesi fermarono il generoso tentativo del generale e dei fratelli Cairoli. Rivivere quegli eventi, attraverso la penna imparziale di Seibt costituisce un vantaggio per il lettore rispetto a tanti scritti sull’argomento, guidati da ostinate pregiudiziali. Particolarmente interessante è la relazione che l’A. pone tra evoluzione delle libertà in Italia e atteggiamento della Chiesa e del mondo cattolico. Tra l’altro è posto in rilievo un libro di un pensatore tedesco dell’epoca, il bavarese Dollinger che suscitò le rimostranze degli ambienti politici nel 1861 allorché sostenne che la scomparsa del potere temporale non avrebbe minacciato - come poi in effetti avvenne - il ruolo internazionale della Santa Chiesa. Ne seguirono polemiche che ancor oggi mettono in luce gli aspetti contraddittori dell’esistenza di uno Stato Pontificio. Dopo aver rilevato la sconfitta del cattolicesimo liberale, Seibt analizza la condizione di Roma capitale dal 1870 in poi sul piano della vita civile e sociale, anche con particolari poco noti sia sul piano culturale e giuridico. Quest’ultimo aspetto anzi acquista, nelle parti finali del libro, un rilievo primario, con osservazioni chiare sul “dissenso” cattolico in Italia sino al concordato mussoliniano, non senza cenni conclusivi sulle condizioni della città durante l’ultima guerra. Infine l’A. sottolinea come l’elezione di Papa Woytila abbia universalizzato il vertice della Chiesa, ma anche rinnovato la supremazia del “centro” dell’universo ecclesiastico, nel periodo del Concilio.

 

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