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Storie del Premio Viareggio (Mauro Pagliai Editore)

IL PREMIO VIAREGGIO TRA LETTERATURA E POLITICA


giovedì 23 aprile 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Letteratura e filosofia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Gabriella Sobrino e Francesca Romana de’ Angelis


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Con la primavera sta tornando la stagione dei premi, che in Italia si è andata allargando perché non c’è ormai piccolo centro o frazione che rinunci a farsi sponsor di iniziative simili. Può essere allora utile leggersi un libro dedicato al più celebre tra essi, il Premio Viareggio. Lo studio Storie del Premio Viareggio (Mauro Pagliai Editore) è di Gabriella Sobrino, scrittrice oltre che segretaria per anni della giuria, e della valente italianista Francesca Romana de’ Angelis.

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Gabriella Sobrino
Segretaria del premio Viareggio e co-autrice del libro

Il lettore, seguendo le copiose e fitte pagine del libro, ha modo di conoscere dalle origini lo svolgimento della manifestazione nei suoi aspetti noti e visibili, nonché di quelli più nell’ombra per il grosso pubblico. Così può avere un’idea precisa dei protagonisti della singolare avventura legata al corso del “Viareggio”, innanzitutto di Leonida Repaci, il fantasioso calabrese, autore del romanzo Fratelli Rupe, e della sua sposa, Albertina Antonielli, figlia del proprietario dell’albergo Margherita di Viareggio, dove nell’agosto 1929 il “premio” ebbe il suo battesimo (“il più grande evento culturale dell’estate italiana”) per iniziare però la sua attività solo l’anno successivo. Da allora resterà il più ambito dei premi, ed attorno avrà vita una serie di collegamenti destinati ad influenzare a lungo la cultura italiana, non solo letteraria.

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Premio Viareggio
Una cerimonia di premiazione

Giochi di editori, screzi tra scrittori (i maggiori romanzieri italiani). Naturalmente la Sobrino entrò in azione in epoca successiva ma la singolare costruzione letteraria, passando dal fascismo alla democrazia, manterrà il suo primato rispetto alla serie di concorrenti che cercheranno di acquistare analoga notorietà. I mille e mille particolari richiamati, con dovizia di dettagli, dalle autrici non costituiscono solo un bottino ghiotto per gli “addetti” ai lavori, perché nello svelare tanti retroscena rendono a pieno stati d’animo e atmosfera dal dopoguerra. I nomi più famosi si inseguono e si dileguano in continuazione davanti ai vostri occhi. Il mare viareggino e i salotti romani si intersecano tra personaggi politici, artisti e arrivisti. Significativa la scelta del ’47 con l’assegnazione al defunto segretario del PCI, Antonio Gramsci, come in seguito il premio “speciale” a Giacomo Debenedetti per il libro postumo Il romanzo del Novecento. Nel frattempo l’ambiente si è modificato, era nata la rivalità con il veneto Campiello e nuovi astri “internazionali” sorgevano, spesso legati ad eventi ed azioni politiche più che letterarie.

Interessante anche la descrizione relativa alla edizione 1974 e la rinuncia volontaria di Elsa Morante – che perse quell’anno pur avendo pubblicato un’opera come La Storia – contrapposta, dalle autrici del libro, alla precedente rinuncia “arrogante” di Alberto Moravia e il successo finì per premiare il “politico” Giorgio Amendola con il suo documentato libro Lettere a Milano, dedicato alla Resistenza. La saggistica aveva fatto il suo ingresso ufficiale cosicché si riuscì a trovare il modo di dare ogni anno numerosi riconoscimenti per soddisfare differenti settori, stili e persone. Vi ritrovate così con Zavattini, Lajolo, Paolo Grassi, persino Pietro Nenni, vincitore dell’ “Internazionale” nel ’77, e poi nell’87, Mario Soldati.

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Leonida Repaci
Fondatore del premio nel 1929

La perdita del “maestro” Repaci, il premio al grande psicanalista Musatti, l’arrivo della nuova generazione con Enzo Siciliano o Lucio Villari nella giuria, il “premio del Presidente” a Leo Valiani, sono altri momenti da ricordare, come le direzioni della giuria di personalità come Carlo Bo e Goffredo Petrassi, sino al successo di Maurizio Calvesi per il suo studio su Caravaggio e alla tenzone del ’91 quando Gabriella Leto prevalse nella poesia su Elio Filippo Accocca. Abbiamo citato alcuni dei tanti casi di controversie. Ed ancora personaggi come Carlo Muscetta, Manlio Cancogni: giurati, premiati ed esclusi si rincorrono in una alternante fortuna che ha dato luogo a sorprese, interventi a favore degli “amici”, sicché prevalente non può non apparire al lettore, quale fattore determinante, il gioco e gli accordi tra i “potenti” (editori, politici, maîtres a penser).

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Locandina dell’edizione 2008

La scrittura è chiara, elegante, garbata, tanto da meritare un premio per se stessa. È un panorama aperto sulla cultura italiana di ben oltre mezzo secolo, con le sue punte di diamante ed i suoi inevitabili compromessi, come in ogni premio che si rispetti. La lettura è altrettanto gradevole, e di ciò va dato merito ad entrambe le autrici. In appendice gli elenchi delle giurie e dei vincitori dal 1964. Così Giusepe Berto con Il male oscuro, Pablo Neruda (“internazionale” del ’67) e il troppo spesso dimenticato Aldo Capitini (“speciale” 1967), Nino Valeri (con il suo Giolitti) nel ’71, il ripescaggio del simpatico Achille Campanile nel ’74. I riconoscimenti a Mario Luzi nel ’78, a Primo Levi (nell’82 con Se non ora quando?), al Tabucchi di Sostiene Pereira nel ’94, infine l’Albinati nel 2004, quel che più colpisce negli ultimi anni è lo scombussolamento della giuria. Vi sono tanti nomi, anche se altri, forse parimenti meritevoli, non si trovano.

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Con amorosa voce
di Francesca Romana de’ Angelis

È questa d’altronde la storia di una “giostra” e di essa ne è fornita una illustrazione ampia e oggettiva, di cui diamo atto a Gabriella Sobrino e a Francesca Romana de’ Angelis.

Nelle stesse edizioni fiorentine di Polistampa è stata pubblicata recentemente una raccolta di poesie Con amorosa voce di Francesca Romana de’ Angelis. Siamo lieti di segnalare l’opera per la vibrante sensibilità dei versi, in parte nostalgici nelle ricordanze (promessa di amore, il rumore del mare, terza liceo), in parte di delicati ricordi familiari, ricchi non solo “di sabbia e di conchiglie” ma di quel dinamismo fatto di sogni, di speranze e di quell’ “amore” al quale Nicola Longo affida la sua intelligente introduzione al volume. Notazioni approfondite sulla musicalità delle parole, la poesia dei colori riscontrata nelle introspezioni personali e nei richiami all’identità dei monumenti romani.

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Con amorosa voce
Illustrazione della copertina
 

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