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A cosa serve la cultura (Il Saggiatore, Milano, 2008)

CULTURA E FILOSOFIA POLITICA NELLA SOCIETA’ GLOBALIZZATA

A cosa serve la cultura ? - quattordici contributi di risposta alla domanda
giovedì 16 aprile 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Sociologia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Furio Colombo e altri


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A cosa serve la cultura (Il Saggiatore, Milano, 2008) non è una domanda, bensì il libro che riporta quattordici contributi di risposta alla domanda. Gli autori sono studiosi di discipline delle scienze umane che indicano elementi utili per meglio comprendere il mondo in cui viviamo e le interpretazioni che ne possono derivare.

Nel primo è un giornalista di alta statura come Furio Colombo a riferire alcuni episodi da lui vissuti per sottolineare come l’esperienza possa insegnare che le grandi scelte della vita corrispondono ad un sentimento analogo a quello che ispira la vita, viaggi nel pensiero e nella coscienza tali da fornire alla memoria i segni di una continuità etica dei valori. Franco Fabbri, musicologo di fama, affronta il problema dell’incultura che, a suo avviso, ha preso il posto della cultura di massa. Gli interessi pubblicitari hanno provocato una degenerazione: conoscenze e credenze (spesso fasulle) di accumulano, si autoalimentano e vengono poi scagliate come armi. E la cultura – conclude – serve proprio a resistere a simili degenerazioni.

L’inviato di guerra Robert Fisk prende di petto i “perfidi” accademici che usano assurdi paraocchi per escludere il comune lettore dalla chiara comprensione di quanto viene riferito mentre il famoso Carlos Fuentes riprende i motivi sollevati dallo scrittore Roman Mailer circa il “male” costituito dalle guerre che coinvolgono popoli interi e chiama in causa i diavoli evocati in varie opere letterarie per scoprire l’inferno che vive negli esseri umani. Alcuni richiami alla biografia di Hitler squarciano altri aspetti psicologici del dittatore tedesco rivelatori del suo senso di inferiorità e di invidia, che lo hanno condotto a farsi “discepolo del Diavolo”.

Giulio Gorello si intrattiene sui primi libri di J. S. Mill e di Harriet Taylor sull’emancipazione femminile, e poi risale a Galileo e Pascal per esortare ad una prospettiva illuministica. Critica alcuni passi della enciclica Spe salvia di papa Ratzinger in quanto da essi traspare una visione del progresso scientifico – scrive il filosofo – “alquanto carente”.

A sua volta lo psicologo Marc Hauser penetra nella “inevitabilità” del “pregiudizio” per denunciare i rischi degli “ismi” che portano ad accettare giudizi di conformità inconsci e camaleontici, una discesa culturale che riguarda religiosi come atei. Cita Rawls che ha sottolineato, nel costruire la sua teoria della giustizia, come tutti gli esseri umani siano auto-interessati. Inoltre rivela il “disgusto” provocato da movimenti motivati politicamente intesi a far primeggiare l’ideologia di un gruppo a scapito di un altro e conclude augurandosi una conversione degli ismi tossici all’umanitarismo.

Sebastiano Maffettone, da par suo, osserva che riducendosi le distanze, viviamo tutti in un mondo piccolo, caratterizzato da fitte interdipendenze globali, con la conseguenza di una nuova “simmetria” dei modelli culturali e proposte politiche cui non siamo abituati, ma con le quali dobbiamo fare i conti. E, come è nelle sue corde, riferisce su quelle tesi post-moderne e post-coloniali che segnalano la lacuna insita nei modelli razionali e kantiani di teoria politica: ciò lo induce a riproporre la questione del potere e del suo esercizio, chiamando in causa i valori asiatici e la cultura politica musulmana. Il professore di filosofia politica alla Luiss guarda ai diritti umani così come sono valutati nell’Oriente asiatico: e su questi ultimi si intrattiene per rilevare le differenze rispetto al liberalismo occidentale. Tutte considerazioni di grande attualità: tenuto conto del continuo confronto al quale entrambe le posizioni vengono a trovarsi. È uno degli apporti più approfonditi contenuti in questo libro.

Meritano attenzione anche altri interventi, da Pier Aldo Rovatti con una riflessione sul nichilismo contemporaneo, a Peter Singer sull’uso della libertà intellettuale di fronte alle restrizioni materiali o meno visibili cui la cultura viene sottoposta. E Salvatore Veca chiude proponendo di adottare una prospettiva olistica per delineare una immagine perspicua della cultura, uno spazio nel quale coesistono, interagiscono e si intersecano saperi differenti. Come si può vedere da questi nostri brevi accenni, è un libro di letture tutte intense e da “gustare”.

 

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