Per fortuna pochi giorni fa una giovane donna dal sorriso dolce,
radiosa e determinata, Igiaba Scego , ha vinto il prestigioso
premio Matilde Serao edizione 2021. Si tratta di un riconoscimento al
valore letterario della scrittura femminile.
Il premio merita un breve approfondimento per il suo nome importante.
Donna Matilde nasce a Patrasso da una nobildonna greca e da
un padre avvocato e giornalista, esule dall’Italia perché
antiborbonico. Colta e piena di passione per la scrittura, al rientro
della famiglia in patria dopo il 1861, si stabilisce a Napoli dove
compie e dà ampio spazio alla sua attività letteraria. Ci sarà poi un
soggiorno a Roma durante il quale incontra e sposa Edoardo Scarfoglio
- Matilde Serao
Darà la nascita a 4 figli maschi, ma neppure tale impegno la
distoglierà dalla meta del destino intrapreso, premiato alla fine da
un ricordo imperituro. Dopo la chiusura del "Corriere di Roma" per
indebitamento, gli Scarfoglio si trasferiscono a Napoli e con l’aiuto
finanziario del banchiere Matteo Schilizzi, di cui a Posillipo c’è un
monumento grandioso
- Mausoleo Schilizzi
i coniugi fondano nel 1892 "Il
Mattino". La sua collaborazione al quotidiano sarà
fondamentale.
Autrice di articoli, novelle e romanzi, famoso è :"Il
ventre di Napoli", dopo aver assaporato la soddisfazione della
candidatura al premio Nobel per la letteratura, si spegne un anno dopo
nel 1927 all’età di 71 anni.
- Serao e Scarfoglio
Igiaba è una donna coraggiosa non meno della co-redattrice del
giornale partenopeo. Grazie alla sua scrittura, che si svolge come un
racconto interessante per il lettore, finisce per risultare anche una
forte denuncia del malessere della sua terra.
Chissà che la consegna del premio non sia stata anche una forma di
riscatto del colonialismo italiano.
Per chi scrive invece è un ritorno laddove ha trascorso qualche anno
felice della sua prima infanzia.
I genitori di Igiaba fuggono dalla Somalia per venire in Italia in
seguito al colpo di stato di Siad Barre. Il padre, segnato dal grande
amore per il suolo natio, aveva seguito gli avvenimenti politici con
partecipazione e competenza fino ad assumere incarichi importanti
prima dell’avvento del dittatore. La madre Kadija, un nome poetico,
era una nomade. Da lei Igiaba eredita il piacere del racconto, una
caratteristica che probabilmente condivideva con i suoi numerosi
fratelli, dodici figli, dieci sopravvissuti. Nella storia dei Paesi
africani la cultura è prevalentemente orale. Manca una tradizione
scritta per la difficoltà dei molteplici gruppi etnici con lingue
tutte diverse.
Oltre a sporadici rientri, a 10 anni Igiaba trascorre a
Mogadiscio un periodo di un anno e mezzo. Ma è a Roma che compie gli
studi, laureandosi in Letterature straniere alla Sapienza. E
incomincia a scrivere tanto, anzi tantissimo quasi con rabbia, per
mettere nero su bianco e ricordare così la voce materna. Diventa
sempre più sensibile a quel disagio legato a culture diverse, le quali
arricchiscono sì. Tuttavia vivere nel Paese colonizzatore del proprio
Paese colonizzato, se non crea smarrimento, può generare finanche un
conflitto d’identità. Chi sono io ? Qual’è la mia terra?
Le vere radici sono quelle dei suoi genitori, impiantate da
generazioni, non le sue.
Eppure scrive con coraggio: "La mia casa è dove sono".
E’ lucida nella denuncia delle sofferenze del colonialismo e della
decolonizzazione. E passa tutto sul suo corpo finanche la minima
offesa viene abbracciata da Ibagia per diventare la sua. Cionondimeno
il suo sguardo è capace di spaziare ben oltre il proprio orticello e
guardare i rifugiati e gli immigrati di altri Paesi con uno sguardo
post-coloniale, alle seconde o alle terze generazioni. Il suo
interesse non riguarda soltanto la migrazione somala. Lo si evidenzia
nel tentativo letterario di dare forma e sostanza ad un appello corale
verso forme di rivisitazione del fenomeno.
Igiaba cerca di riaffermare quel difficile rapporto di reciprocità con
la cultura italiana, auspicato anche da tanti studiosi dell’argomento.
La necessità, ad esempio, del riconoscimento dello "Ius Soli". Una
delle sue domande: "Perché l’Italia disconosce i suoi figli?"
L’Italia potrebbe essere quel ponte tra l’Africa e l’Europa proprio
per la sua posizione geografica. Un’affermazione che potremmo
accettare quale esortazione ad un impegno maggiore, mentre sembra un
po’ provocatorio riprendere un interrogativo di Jennifer Guglielmo e
S. Salerno: "Gli Italiani sono bianchi?" La risposta di Igiaba è
negativa. "Gli Italiani non sono bianchi. Oserei dire, per fortuna.
Gli Italiani sono in mezzo. Sono mediterranei. Sono creoli. E l’Italia
ha avuto una immensa paura di finire in serie B chiamata sud global."
Un altra lettura un po’ cattivella della nostra storia, anche se non è
solo sua: "La Cenerentola d’Europa...per sedere al tavolo principale e
partecipare alla spartizione dell’Africa, in modo d’avere un pedigree
di nazione europea... l’Italia post-unitaria usò il colonialismo per
essere accettata...e dopo ...poiché non poteva più sfruttare i suoi ex
possedimenti ha voltato le spalle ..." .Tutto ciò è scritto nella
introduzione del suo ultimo libro: "Africana", pubblicato e uscito a
inizio giugno dell’anno in corso.
Un testo interessante perché dà voce a tanti autori africani dai
racconti vari, drammatici e giocosi. Giustamente ribadisce Igiaba,
sottolineandolo anche se ovvio, che l’Africa è un continente. "E’
immenso, sono tante le Afriche dentro l’Africa. E’ un continente
moderno, giovane e straordinariamente creativo. Un continente dove la
letteratura scorre come un fiume in piena...? E riporto con piacere il
passaggio che mi è piaciuto di più: " Ho sempre questa immagine in
mente: l’Africa come una grande coperta che le potenze europee, Italia
compresa, tiravano da una parte e dall’altra a seconda dei propri
interessi. Un’Africa strattonata e umiliata..."
"E’ questa immagine dell’Africa paradiso dei sensi e terra di eterni
safari noi vogliamo combattere".
Infine durante l’intervista in occasione del premio ricevuto, la
riflessione di Igiaba Scego si allarga all’attualità italiana
deplorando il ruolo spesso subalterno delle tante autrici dimenticate
nel firmamento letterario ancora troppo maschile. Perché non si
studiano a scuola Grazia Deledda, Ada Negri, Sibilla Aleramo,
tra le più note e tantissime altre oscurate completamente?
Il premio Matilde Serao alla sua quarta edizione è importante proprio
per il valore che può dare all’universo femminile.