Eric H. Hobsbawm nel breve volume Imperialismi (Rizzoli, Milano, 2008) riprende il fenomeno guerra così come si è delineato nel XX secolo attraverso i conflitti mondiali e poi nei contrasti esplosi nel corso della competizione USA-URSS, per affrontare infine la questione della pretesa esportazione delle democrazie.
La globalizzazione non ha fatto venir meno il potere sovrano di uno Stato come quello americano. Malgrado la sussistenza di istituzioni internazionali (in particolare l’apposita Carta penale nata con lo statuto di Roma del ’98), si sono diffusi corpi armati distinti e separati dagli Stati territoriali e operazioni svolte al di fuori di ogni strumentazione legittima, secondo le norme del diritto riconosciuto. Rispetto a precedenti epoche della storia gli Stati Uniti si sono imposti come la massima potenza ma nello stesso tempo ritengono di essere portatori di una rivoluzione “universalista” e come tali sono convinti che il loro esempio debba essere seguito dagli altri paesi, sentondo quasi “il dovere di liberare il resto del mondo”, scrive l’insigne storico inglese. Egli osserva anzi che mentre l’impero britannico si basava su un sistema commerciale, mediante l’esportazione dei propri prodotti prima e finanziari poi, Washington cerca di importare i prodotti esteri e, dopo aver impedito all’Europa di avere un proprio potenziale militare, utilizza al massimo la propria superiorità militare, benché debba ricorrere al petrolio del Medio Oriente.
Convinti di dover far godere agli altri paesi i benefici della libertà e del loro modello “democratico”, gli americani si sono invischiati nella seconda guerra del Golfo dopo l’11 settembre 2001, avviando una guerra “preventiva” imponendo la propria forza. Hobsbawm ritiene che si tratti di una politica “folle”, destinata a destabilizzare l’intero pianeta. Anche i paesi che non hanno interesse a condividere tali progetti e accettano per trarne vantaggi e illudendosi nel contempo di eliminare ingiustizie locali. E lo storico parla a questo proposito di “imperialismo dei diritti umani”. Egli considera che sarebbe un vantaggio per l’umanità se gli altri governi non sostenessero tali pretese e sostiene che la debolezza della economia americana dovrebbe indurre governo ed elettori a concentrarsi sull’economia anziché lanciarsi in avventure militari.
Alla propaganda per la diffusione della democrazia non corrispondono – questa la tesi principale del libro – atteggiamenti coerenti. Al di fuori dei vecchi Stati-nazione, la democrazia non può di fatto funzionare. Amara conclusione di Hobsbawm. Le decisioni più importanti sono oggi prese nel mondo da piccoli gruppi di persone, come nei paesi non democratici.