Frequentemente citato in articoli e conversazioni quale inventore di aforismi, Ennio Flaiano è una personalità ricca di ironia sottile, non pienamente rivelata in singole battute, per quanto note. Giunge allora a proposito l’ampio e circostanziato libro di Franco Celenza, Le opere e i giorni di Ennio Flaiano (Bevivino editore), nel quale – come reca il sottotitolo “Ritratto d’autore” – gli aspetti specifici della sua vita e dei suoi scritti sono approfonditi con grande cura e gusto nel riportare brani delle sue pubblicazioni e memorie del suo percorso intellettuale.
Pochi scrittori come l’icastico giornalista ed autore abruzzese sono riusciti a rappresentare la storia del costume italiano tra gli anni trenta e i primi anni settanta. Vi è una doviziosa serie di testi che hanno segnato la sua affermazione specie da quanto nell’immediato dopoguerra vinse il premio Strega (quando questo non era completamente assoggettato agli interessi degli editori) e poi via via quando venivano più diffusamente divulgati suoi scritti anche di periodi precedenti. Il profilo che ne traccia Celenza – anch’egli oggi apprezzata espressione culturale dell’Abruzzo – sottolinea l’ “irregolarità” della sua figura, caratterizzata da assoluta indipendenza mentale rispetto alle mode e alle linee prevalenti in fasi di conformismo, prima e dopo la guerra.
Emerso, quasi d’improvviso, senza alcuni di quegli elementi che poi costituiranno fattori di successo, schivo com’era della sua autonomia, trovò, dopo la prima esperienza letteraria, un campo più esteso di vagabondaggio intellettuale, attraverso il settimanale “Il mondo” e la frequentazione di ambienti veramente capaci di allargare la visuale umana e sarà il cinema a consentirgli di unire al successo artistico quel poco di compensi che allora venivano dati a chi lavorava con il cervello. L’incontro con Federico Fellini fu determinante per la sua vita, con le sceneggiature di alcuni dei film più celebri dell’Italia negli anni ’50 e ‘ 60, da La strada a La dolce vita. Nel frattempo la sua originalità teatrale trovava significativi risalti, tuttavia non accompagnati da pari successo in una fase nella quale per gli autori italiani era particolarmente difficile arrivare sul palcoscenico, a meno di non essere anche autori, come nel caso De Filippo.
- Ennio Flaiano
La sua vena di umorista rimane testimoniata da una infinità di lampanti e geniali colpi. Ed è merito di Celenza aver realizzato quest’opera integrando alla descrizione delle sue progredenti espressioni letterarie numerosi testi, riportati per intero o in brani salienti, dal gustoso “Rosa rosae”, alla singolare storia del “messia”, un personaggio che in Abruzzo alla fine dell’Ottocento sconvolse tradizionali abitudini locali. La guerra spiegata ai poveri rappresentò nel dopoguerra un anticonformista modo di leggere la contemporaneità umana delle violenze e della guerra (l’A. di questa recensione ebbe la fortuna di assistere a quella rappresentazione al teatro Arlecchino, che Plinio De Martiis ebbe l’intuito e la capacità di organizzare in tempi duri).
La pubblicazione del suo romanzo più celebre (Tempo d’uccidere) riconduceva alla esperienza vissuta da Flaiano in Etiopia nel ’35. Fu quello il periodo forse più felice della sua creatività, e il lungo racconto Adriano ne è conferma.
La commedia Un marziano a Roma rimane un caso simbolico della separazione tra qualità di un testo e la sua ricezione da parte del pubblico: una delusione certamente per l’autore, anche se la realtà di quel che Flaiano intendeva dire con quella straordinaria avventura dell’abitante di Marte, Kunn, che atterra a Roma, dove il “torbido ambiente” (come lo definisce Celenza), dopo averlo esaltato, lo abbandona ad un destino di abbandono. È l’ironica rappresentazione di come il successo sia del tutto estraneo dalla rispondenza a valori. È l’opera nella quale la distaccata ironia dello scrittore domina la scena con penetranti ed icastiche considerazioni.
- Fellini, Ponti e Flaiano
Il gioco e il massacro del ’70 riconduce – attraverso la precisa ricostruzione dell’autore del libro – al Flaiano conoscitore ed interprete della grande letteratura, dalla quale egli trae motivi di profondi ripensamenti, specie nel racconto Melampus. Migliore diffusione avrà La conversazione continuamente ininterrotta, azzeccata demolizione del chiacchiericcio ininterrotto di tanti nostri intellettuali.
Viene così complessivamente in risalto – attraverso l’analitico e approfondito studio di Celenza – l’insieme di testi esemplari, rappresentativi dalla coscienza e delle memorie dell’autentica cultura italiana.