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Papa Woytila ha lasciato con Memoria e identità (Rizzoli, 2005) una testimonianza di forte impatto filosofico circa l’interpretazione che l’universo cattolico ha dato dei tragici fenomeni del XX secolo e in particolare del nazismo e del comunismo. Questi due modi di pensare ed agire come segni di un “male” che - per Giovanni Paolo II - si ascrive al corso della cultura derivata dal “cogito ergo sum” di Cartesio e proseguita nell’illuminismo. Al realismo tomista tiene infatti a richiamare il papa polacco, nel suo ultimo libro, quale fondamentale punto di riferimento. E per chi - come l’A. di questa nota - è stato educato negli studi liceali proprio da un fervido sostenitore di quel pensiero, padre Gramatica, pare di risentire convincimenti ed idee che proprio nei travagliati eventi della guerra trovavano conferma nelle laceranti esperienze dell’orrore delle distruzioni e dei campi di concentramento. La “redenzione” quale fonte di bene, un “bene” che deve farsi opera, presenza, attività per poter competere con il “male” e batterlo. Questo l’assunto che d’altronde sintetizza l’intera realtà umana e pastorale di Woytila. Il rapporto tra “redenzione” e libertà si colora dell’esigenza di quel senso di responsabilità indispensabile nel momento in cui la realtà impone il dovere di scegliere nel fare “giusto uso della libertà”.
Contro l’utilitarismo trionfante il “pastore” di Cracovia mette in campo Kant ed è significativo giacché pone addirittura il sommo pontificio su quel versante della filosofia cattolica che negli ultimi decenni ha tenuto a rivendicare il valore del pensatore di Könisborg, argomento recentemente messo a punto da Dario Antiseri. D’altro canto non va dimenticato che Giovanni Paolo II ha tenuto a precisare che la Chiesa “non propone una propria filosofia” a scapito di altre, giacché la filosofia procede secondo suoi metodi, autonomi dalla fede. Piuttosto - come ha rilevato Giovanni Reale - la Chiesa reagisce contro quelle tesi filosofiche che privano la fede dello spazio suo proprio. L’ “imperativo categorico” è ricondotto da Woytila all’ “amore” che - egli afferma - è il “fine”, mentre la libertà è un mezzo. Ed è su tale traccia che nel libro viene esplicitamente menzionato il corso della dottrina sociale cattolica, dalla Rerum Novarum alla Quadragesimo anno, e ancora alla Mater et Magistra sino alla Gaudium et Spes. Se non si ha presente questo percorso la stessa storia recente si sottrarrebbe a quei passaggi ineluttabili che attraverso la “misericordia” danno - nella visione cristiana di Woytila - significato all’azione umana. In questa cornice lo stesso concetto di “patria” - così profondamente vissuto dal difensore dei diritti dei polacchi, come di tutti gli esseri umani - è sottratto alla ideologia nazionalista per essere invece collegato al “patrimonio” spirituale che lega cultura e territorio, quale “bene comune” di tutti i cittadini. La patria documenta una “identità” culturale e storica. La stessa etimologia di “nazione” conferma quella continuità posta dall’Antico Testamento quale fondamento di un comune destino, visto nelle Sacre Scritture come “storia del popolo di Dio” in marcia per la “salvezza”.
Interpretazione quindi storico-salvifica della dimensione umana in una visione che parla ai cristiani come ai credenti in altre fedi e persino a chi appare chiuso a tali “visioni”. Proprio questa ultima fatica letteraria attesta la straordinaria capacità di parlare a popoli diversi, a persone di differenti modi di “sentire” e “pensare”. In questa chiave di lettura si comprende meglio la vera forza dinamica che lo scomparso pontefice ha saputo offrire in una epoca in cui l’evangelizzazione opera quale strumento di moderna acculturazione. Allora hanno senso le espressioni in cui Woytila scrive “l’illuminismo europeo non ha prodotto soltanto le crudeltà della rivoluzione francese; ha avuto anche frutti positivi come l’idea di libertà, di uguaglianza, di fratellanza, che sono poi valori radicati nel Vangelo”. Chiudendo con queste osservazioni, vogliamo sottolineare come il messaggio di ripensamento che ha preso le mosse della “nuova” interpretazione di Galileo abbia condotto ad una serie di riletture che non riguardano solo chi le ha compiute ma vanno ad inserirsi in quella “democrazia contemporanea” di cui lo scomparso pontefice si è fatto paladino convinto e argomentatore, nel riconoscimento della indipendenza rispettosa tra Stato e Chiesa. Certo a questo punto resta aperto l’interrogativo di come i cattolici potranno, nelle rispettive esperienze, valutare quei richiami ben più identitari nei valori della vita compiuti da Woytila in riferimento ad es. a comportamenti in materia di aborto o embrioni e nei quali una parte dei cattolici non ritiene invece di identificarsi.
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