I nuovi ceti popolari di Mauro Magatti e Mario De Benedittis (Feltrinelli, 2006) è una intelligente ricerca che fa il punto, sulla base della più aggiornata letteratura sociologica, a proposito della dibattuta questione della ripartizione della popolazione nei vari ceti.
Superando la precedente fase improntata sulle categorie prevalentemente di matrice marxiana, questo studio segue la trasformazione sociale verificatasi tra gli anni ’80 e ’90 quale effetto del mutamento economico in corso, ma soprattutto del sempre maggior peso esercitato dai consumi e dai media quali fattori delle diverse collocazioni tra le differenti parti del popolo nel nostro paese.
E l’elemento che emerge con maggiore evidenza è come la nuova stratificazione non sia determinata da una sola causa (come il reddito) bensì dalle molteplici componenti che alterano precedenti sistemazioni e contribuiscano a dare una più esatta formazione dalle diverse identità sociali.
Se infatti il ruolo svolto nel lavoro (e secondo il tipo, il rapporto, il contratto) ha una funzione primaria vi sono altre componenti che riguardano l’individualizzazione dei consumi, dai primari a quelli dell’istruzione e dell’intrattenimento. Emergono così le variegate fasce, ciascuna delle quali rivela propri caratteri, dettagliatamente esaminati dagli autori. Accanto alle reti sociali vi sono quelle più legate al territorio. Vengono distinti questi assetti anche in relazione alla posizione geografica. La preoccupazione della vita quotidiana influisce in maniera molto più marcata di quanto si potesse ritenere. I dati forniti appaiono convincenti e sono illustrati mediante spiegazioni circostanziate. Così il costume dell’esistenza privata interferisce sulla frammentazione delle classi. Vengono in luce anche le cause del distacco dalla politica e di un sia pur limitato ritorno ai valori religiosi. Ciò che sui giornali appare attraverso episodi di cronaca, qui è rigorosamente documentato. Ecco il merito principale di questa ricerca che sollecita la riflessione sulla mescolanza di insicurezza, paura e pragmatismo che caratterizza l’Italia di oggi.