Giuseppe Averardi è stato un militante socialista che non solo si è impegnato per una lunga stagione a sostenere le tesi del suo partito in sede politica e parlamentare ma che è anche intervenuto con documentazione inoppugnabile a dimostrare i comportamenti antidemocratici dei comunisti sia nei confronti delle società europee che in particolare ai danni di quei socialisti italiani che rappresentavano la voce autenticamente democratica di una parte considerevole del mondo politico. Si ricorderanno le rivelazioni sull’azione dell’URSS spiegate da Eugenio Reale nel dopoguerra come recentemente la denuncia delle violenze compiute dai dirigenti comunisti ai danni dei socialisti quando alla fine del Novecento chiesero di partecipare alla stessa organizzazione politica.
Ed oggi in Socialdemocrazia. L’altra voce dell’Europa (Datanews, 2013) Averardi offre un quadro ampio e documentato sulle lotte dei socialisti democratici in Europa per salvaguardare i valori di coscienza e dell’idea socialista nella fondamentale esperienza dei primi esperimenti di concreti e aggiornati interventi sociali nella struttura delle istituzioni e ne descrive le molteplici iniziative. Illustra dapprima le prime leggi sociali a fine Ottocento (Gran Bretagna e Germania) e inizio Novecento, con le assicurazioni obbligatorie e poi spiega il ruolo fondamentale del pensiero e dell’azione di Keynes, che rimosse la concezione stessa dell’intervento pubblico, diretto ad assicurare con l’occupazione una serie di benefici concreti dalla salute all’istruzione.
Interessante in proposito il quadro presentato sullo sviluppo nel Welfare State nel dopoguerra, anche se in seguito i mutamenti delle strutture industriali ha modificato lo stato di fatto, facendo cadere i vantaggi dello stato del benessere a causa della nuova strutturazione del mondo finanziario.
- Giuseppe Averardi
Da sottolineare peraltro l’analisi che Averardi compie nel descrivere il rapporto tra pensiero di Marx ed azione prativa dei movimenti sociali sin dall’Ottocento: sono pagine da leggere con attenzione perché riconducono a momenti troppo spesso dimenticati dell’ascesa sociale del movimento operaio europeo. Naturalmente sono fornite precise indicazioni per una rilettura obiettiva dei rapporti tra le componenti molteplici del mondo operaio al di là delle illusioni e dei progetti di trasformazione del sistema economico. Così da Weimar a Bad Godesberg il libro precisa una serie di eventi positivi nei confronti dei quali il comunismo cercò invece di porre impostazioni rigide e totalizzanti, del tutto avulse da possibili rinnovamenti, mentre la realtà effettiva dell’azione socialista permise di realizzare indubbi progressi nelle stesse strutture degli Stati capitalistici.
Sono affrontati i temi classici sul ruolo del proletariato, e nei rapporti di mutamento delle strutture sociali, realizzate nel rispetto dei valori democratici nella società contemporanea. Molto ampio e dettagliato il capitolo esemplare sul laburismo britannico sia tra le due guerre che nelle grandi scelte post 1941. Altrettanto ampia e dettagliata la descrizione del socialismo sviluppato nel dopoguerra in Europa, significativo perché poco conosciuto nei suoi termini reali. Sono pagine da leggere con cura perché spiegano le ragioni del successo di quelle esperienze, fornendone dettagli scarsamente valutati dai critici del partito socialista negli scorsi decenni.
Altrettanto significativo il capitolo sui limiti del famoso “modello svedese”. Le trasformazioni dell’economia sono state spesso più rapide della capacità di intervento dimostrato dalle forze sociali e sindacali propugnatrici del rinnovamento. Emerge in particolare il ruolo dei protagonisti del socialismo nordico. Altrettanto importante il capitolo sull’astromarxismo, così poco conosciuto, mentre leaders come Saragat ne sono rimasti profondamente arricchiti come conoscenza reale al di là degli schemi. Si può infatti ricordare in proposito il particolare rapporto che egli stabilì con quel movimento di idee all’inizio del suo trasferimento in esilio, che lo condusse in un primo tempo a Vienna.
Si scambiavano progetti, ideali, speranze che la violenza della dittatura fascista mandò all’aria, ma nel secondo dopoguerra tuttavia queste spinte riassumeranno una funzione di guida. Pagina dopo pagina passano davanti al lettore una serie di eventi, movimenti, trasformazioni che hanno arricchito la democrazia socialista, che doveva costantemente impegnarsi per smentire le menzogne troppo spesso usate dai rivali.
Ebbene: è un quadro dettagliato, esauriente, chiaramente esposto, in grado di aprire gli occhi sulla realtà del socialismo in contrapposto alle menzogne diffuse dal PCI (basterebbe leggere i libri che venivano usati in proposito alla scuola delle Frattocchie). E infine c’è nel testo un richiamo agli eventi italiani del dopoguerra sino ai giorni nostri. Quindi una serie di precise informazioni che Averardi ha il merito di aver, ancora una volta, messo in chiaro contro falsità e misconoscimenti.
Un libro da leggere e meditare, adesso quando ancora una volta i criteri di rinnovamento sociale cozzano contro la dura realtà del capitalismo, quel capitalismo che neppure tra le due guerre era alla sua fine come aveva detto Saragat, quando Buozzi, arrivato da poco in Francia, gli chiese come si doveva valutare la nuova situazione europea a seguito del successo del bolscevismo e del fascismo. Ebbene Saragat precisò che con il capitalismo (scrive nel 1928) avremmo dovuto convivere almeno per un secolo!
Preveggenze che consentono ancora oggi di valutare in senso positivo l’andamento della storia del socialismo in confronto dell’esperienza dei comunisti, traendone conclusioni logiche e significativamente ineccepibili, a dimostrazione dei fatti accaduti, in nome della verità contro le asserzioni dei propagandisti comunisti.