Giampiero Mughini, una delle più sottili intelligenze che, nel pieno della crisi della Repubblica italiana, ha portato dalla Sicilia nel cuore della capitale un punto di vista distaccato ed obiettivo per indurre le menti della classe dirigente a non piegarsi alle vanità e agli interessi di gruppi ristretti, impadronitisi di gran parte della stampa e soprattutto della televisione.
Quindi una visione originale e acuta che stigmatizzava i luoghi comuni di una Italia vittima delle manie delle mezze calzette prolificanti e spesso in grado di condizionare il discorso corrente della politica e della media cultura. Non guardava in faccia nessuno e ha continuato a proseguire una sua apprezzabile strada solitaria che ora emerge nel pieno della sua finezza e qualità nel racconto autobiografico Casa romana racconta.
La casa protagonista del secolo è un appartamento nel quale lo scrittore catanese ha trovato un angolo distintivo da cui meglio osservare una Roma sventata, muovendo proprio dalla tragedia della famiglia che, vissuta negli stessi locali negli anni neri della guerra e dell’odio, era poi tragicamente scomparsa.
- Giampiero Mughini
Ma la verità morale al centro del testo viene fuori gradualmente ed esplode nell’insieme tumultuoso e irregolare della narrazione. Con citazioni e richiami soprattutto a tutte le conoscenze personali di Mughini negli anni della sua pienezza critica, e quindi scorre davanti al lettore una straordinaria serie di personaggi, fatti, speranze e delusioni di quella generazione ingannata e in parte capitolata di fronte ai piccoli despoti di una democrazia bacata e responsabile della crisi civile, ancora più che economica, prodotta a conclusione dei drammi, e delle violenze degli anni ’70 e ’80, una autentica negazione delle illusioni dell’immediato dopoguerra e delle speranze vanamente nutrite dalle presunte rivolte giovanili.
Ebbene: senza pretendere in questa sede di riassumere i pensieri e gli eventi di cui lo scrittore è stato partecipe direttamente possiamo invitare e sollecitare i lettori di qualità a leggere queste 266 pagine perché vi troveranno molti dei nodi autentici di una crisi italiana esplosa nel piano delle battaglie culturali, politiche e civili, sfumate alla fine nella vana attesa di una generazione piegata da coloro che avrebbero preteso di guidarla.
Potete immaginare nomi e cognomi dei protagonisti: troverete i più significativi, accanto ai giudizi sulle loro azioni positive e negative, dalle modelle (Kate Moss) agli scrittori d’antica tradizione (Italo Svevo) nei tanti libri valutati con serio approfondimento, da Giuliano Amato e Liliana Picciotto, sino al noto “Bifo”.
Echaurren, uno dei più grandi artisti di quella stagione, recentemente rievocato dalla RAI, ai libertini alla Tondelli, a Bruno Guerra Giordano risalendo sino a Carlo Dossi, a parte Leonardo Sciascia e Duccio Trombadori, emergono i pezzi forti di una età decadente.
Non osiamo aggiungere nulla a quel tanto o poco che Mughini sa narrare, con geniale acutezza, e le nostre parole abbasserebbero il tono e la qualità di un libro da leggere appena possibile per godere della ricchezza umana che caratterizza questa nuova testimonianza di una stagione che le contrastanti versioni dei protagonisti hanno reso meno viva di quanto sia stata nella realtà vissuta. A ciascuno il suo merito, a noi solo il modesto compito di invitarvi a leggere queste pagine singolari e meritevoli di riconoscimento di fronte alla quantità di altri libri sulla stessa fase culturale, in genere maldestramente raccontata. Mughini invece vi introduce nella pienezza del dramma che non riguarda solo una casa ma la vita di tutti noi.
Una nota particolare: quando ho conosciuto l’autore rimasi molto ammirato dalla qualità della sua presenza anche silenziosa ma, per quanto io cercassi di trovare qualche comune punto di riferimento (che obiettivamente non mancavano proprio con richiami alla sua Catania) non siamo mai riusciti a parlare che per pochi momenti, e ne sono rimasto sinceramente dispiaciuto, apprezzando in modo particolare le sue qualità umane e culturali. Vorrei dire a Giampiero che la mia abitazione a piazza Mazzini è sempre aperta per lui, avrei qualche libro da fargli vedere e qualcun altro da donargli.