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Il conflitto Israele-Palestina e altri saggi, (Data News, 2° ed.)
IL CONFLITTO TRA ISRAELE E GLI ARABI
E LE RESPONSABILITA’ DEL GOVERNO BUSH nel pensiero di Chomsky
mercoledì 29 marzo 2006
di Carlo Vallauri
Argomenti: Guerre, militari, partigiani
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Argomenti: Noam Chomsky
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Una raccolta di saggi di Noam Chomsky è contenuta nel libro Il conflitto Israele-Palestina e altri saggi, (Data News, 2° ed.). L’illustre studioso americano ripercorre le tappe delle vicende immediatamente precedenti o successive all’attacco alle Torri del settembre 2007, senza arrivare alle vicende più recenti della guerra in corso nell’Iraq. La sua denuncia degli atteggiamenti e delle responsabilità di Bush è molto netta: sia l’esperienza in Afganistan sia l’appoggio incondizionato alla politica di Sharon, non priva di aspetti provocatori, sono inquadrati nel più ampio scontro che vede contrapposti il mondo islamico all’Occidente.
Chomsky naturalmente non condivide il concetto di un contrasto tra civiltà anzi mette in evidenza come siano pericolosi tutti gli atti che favoriscano l’inasprimento di rapporti tra le popolazioni nel Medio Oriente. Sono richiamati i casi nei quali Washington si è opposto all’approvazione di risoluzioni Onu che tendevano a riaffermare i valori dei diritti eguali di tutti i popoli, e quindi a tutelare i più deboli, oppure non ha dato alcun contributo all’applicazione di decisioni di organismi internazionali rifiutate da Israele. La visione strategica americana privilegia il rafforzamento spaziale-nucleare del primato conquistato attraverso le ricerche scientifiche e l’interrotta spinta al massimo armamento possibile. Quindi anche le azioni di forza compiute ai danni dei piccoli paesi dall’inizio degli anni ’90 (contro Panama, Nicaragua ad es.) rientrano in tale impostazione, con assoluto disprezzo per ogni regola maturata a livello internazionale. In particolare l’intera questione palestinese è considerata come una questione di sistemazione di tipo “coloniale” alla quale gli arabi sono tenuti a sottomettersi.
Molto delicata la questione del terrorismo. Secondo Chomsky, i kamikaze che compiono atti di terrorismo non sono assolutamente giustificati, ma altrettanto condannabili ritiene i comportamenti dei governi di Tel Aviv e di Washington. La risposta all’attacco delle Torri non rende accettabile l’uso della forza contro i popoli, afgano prima, irakeno poi. Viene quindi richiamato il pericolo costituito dalla logica delle guerre preventive. Richiamando fasi precedenti, in uno dei saggi si sottolinea come Bush padre nulla abbia fatto, dopo la prima guerra del Golfo, in favore delle popolazioni oppresse e terrorizzate da Saddam, anzi implicitamente ha consentito le violenze del dittatore contro le minoranze. Una critica serrata è contenuta nelle pagine dedicate al rifiuto di Israele di riconoscere l’esigenza di applicare in Palestina la Quarta Convenzione di Ginevra in materia di diritto internazionale (stabilita nel ’49) per colpire ogni violazione in materia di obblighi di una potenza occupante in territori altrui. Nel ’71 Bush padre, allora ambasciatore al palazzo di Vetro, criticò Israele. Quanto agli accordi di Dayton che posero fine al conflitto arabo-israeliano, lo studioso americano ritiene che non siano stati allora sufficientemente tutelati i diritti dei palestinesi. Sempre attento Chomsky è anche nei confronti di quel che avviene all’interno dei paesi occupati dalle armate USA: si guardi p. e. al richiamo di una organizzazione femminile in Afganistan. Per la crisi di quest’ultimo paese, Chomsky osserva che Washington, rifiutando di discutere la proposta dei talebani di estradare Bin Laden, dimostrò la sua volontà di usare esclusivamente i mezzi militari. Lettura quindi ricca di informazioni e di riflessioni sull’interminabile dramma dei paesi mediorientali.
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