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La pace nell’eta post-cristiana (Edizioni Qiqajon 2005)

LA VISIONE CRISTIANA DELLA GUERRA NELL’ERA POST-ATOMICA

Pace e diritti nel pensiero di T. Merton
mercoledì 15 marzo 2006 di Carlo Vallauri

Argomenti: Guerre, militari, partigiani
Argomenti: Religione
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Thomas Merton


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Pubblicata dalle Edizioni Qiqajon della Comunità di Bose (2005) La pace nell’eta post-cristiama di Thomas Merton è una fondamentale testimonianza del contributo del monaco cistercense americano ai problemi della pace di fronte alla guerra nucleare, valutati in una visione spirituale cristiana. Il frate-poeta cozzò allora contro il divieto dei suoi superiori che impedirono la diffusione dell’importante scritto, il cui contenuto venne però a conoscenza di Giovanni XXIII e di Paolo VI, i quali infatti - come emerge adesso in occasione di questa stampa - ne furono molto influenzati, al punto che sia nella Pacem in terris del Papa Woytila che nella Gaudium et spes di Papa Montini se ne avverte profondamente l’eco.

Nell’opera Merton precisa che non sussiste “obbligo” circa obbedienza ai governi nell’impegno di “combattere ed uccidere” in qualsiasi condizione: anzi riconosce “il diritto all’obiettore di coscienza cattolica nel caso di ordini che il singolo consideri contrari alla propria coscienza. Ancor prima di Hiroshima d’altronde Papa Pacelli aveva dichiarato “sorpassata” la teoria della guerra come mezzo adatto e proporzionato per risolvere i conflitti internazionali. Chiarisce Merton che l’insegnamento della Chiesa è di sostegno al “pacifismo relativo” mentre condanna il “pacifismo assoluto”, cioè il rifiuto di “qualsiasi guerra”. Egli ritiene invece che il credente sia “moralmente obbligato a rifiutare di partecipare ad una guerra evidentemente ingiusta”. Viene richiamato il concetto di “guerra limitata con armi tattiche pulite” che Edward Teller ha indicato come termine oltre il quale il cattolico non potrebbe assumersi carico di coscienza. Merton osserva che teorizzare una guerra limitata significa trascurare il fatto che “il gioco della distruzione nucleare”, una volta iniziato, include la minaccia di una guerra totale di annientamento. Da queste considerazioni deriva l’esigenza di non trascurare l’obbligo di coscienza di fare - in ogni circostanza - tutto il possibile per limitare e controllare la corsa agli armamenti.

Esemplare nella chiarezza degli enunciati Merton rappresenta uno dei punti più alti per l’approfondimento di una visione cristiana che possiamo definire post-atomica perché riconsidera il problema della guerra valutata nella fase storica di massimo sviluppo per la potenza di distruzione degli armamenti nucleari USA e Urss. Sono ammonimenti tuttora validi.

Esplicita è l’approvazione della pratica della non violenza contenuta nella citata costituzione pastorale Gaudium et Spes quando si lodano “coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più deboli, perché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri e della comunità”. La volontà di distanziare nettamente le posizioni del cristiano da chi non esita ad usare le armi per imporre la propria forza si ritrova nelle parole del successore di Papa Giovanni, segno di una scelta di fondo della Chiesa cattolica, nel rifiuto di subire le vie facili dell’adeguamento ai luoghi comuni attorno alla pace, per porre invece il valore della pace come speranza al centro dell’azione pastorale.

D’altronde il richiamo positivo dell’ “opposizione religiosa” alla guerra e ai movimenti di pace nel periodo tra le due guerre si accompagna alla denuncia delle guerre “limitate” con armi convenzionali e dell’uso di armi nucleari, senza esclusioni. L’impostazione di Merton inquadra la scelta della pace come rivendicazione del “diritto dell’uomo a vivere liberamente e a sviluppare la propria vita in modo degno alla propria grandezza morale”.

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