- Alexander Langer
Alexander Langer, al quale ora l’editore Chiare Lettere dedica un bel volume, Non per il potere, ha rappresentato, negli anni duri dell’Italia trascinata verso la violenza eversiva, un punto fermo per chi non intendeva cedere alle violenze, nelle varie incarnazioni. E come è posto in rilievo nell’apertura nota editoriale, il giovane pacifista è stato un instancabile “creatore di ponti” tra associazioni civiche a livello transnazionale nonché animatore instancabile della tesi della necessaria conversione “ecologica” della società e dell’economia, quando questa matura concezione dei rapporti a livello globale era ancora “in fieri”.
Il suo pensiero ha contribuito a dare sostanza ad una costante opera di volontariato attraverso il “coraggio di compiere azioni radicali”. Il prof. Federico Faloppa sottolinea poi con precisione la capacità di Langer di mettere in atto la sua “indignazione” mediante il richiamo pertinente alla dignità dell’uomo quale premessa d’ogni azione politica. E questi elementi spiegano altresì il significato della Fondazione a lui intestata e ispirata a sostenere e diffondere le sue idee, in particolare quella costante denuncia contro il “demone dello sviluppo”, che negli anni ’80 poteva sembrare una affermazione generica mentre era in effetti una significativa anticipazione di motivi che troveremo in seguito in importanti contesti.
Dalle carte rielaborate e presentate nel libro emerge la “rivoluzione non violenta” quale punto fondamentale per migliorare i rapporti tra Est e Ovest: Alexander è stato esponente di quella “sinistra cristiana” che ebbe nel ’68 un suo momento di critica espressione morale ancor prima che politica al fine di cambiare qualcosa nelle “regole della città” per migliorare i modi di rapportarsi alle vicende concrete, a costo di apparire impopolari. “Non si può far finta di non sapere”. Una chiara denuncia dell’approssimatismo di tanta parte dei dirigenti della politica italiana e che nella terra di Langer era particolarmente avvertita. Zona di frontiera che spiega i caratteri supernazionali dell’incitamento lanciato ai giovani attraverso una serie straordinaria di iniziative, ponendo, a se stesso e agli altri, interrogativi inquietanti di fronte ai troppi silenzi dominanti nella società italiana. La sua sensibilità non ammetteva compromessi perché egli guardava sempre alla pienezza delle convinzioni e alla responsabilità negli atteggiamenti sul versante economico al fine di meglio intendere le specifiche esigenze nascenti nel delicato ambiente inter-etnico nel quale egli viveva.
L’adesione a “Lotta continua” denotava una volontà operativa ben oltre le singole questioni nelle quali si dividevano le forze politiche. Contro le “gabbie etniche” la sua parola sarà sempre chiara e netta. Interessante l’osservazione che se una volta si imparava dai libri, gli eventi lo avevano condotto a giovarsi sempre più dell’esperienza di “incontri” diretti nei quali si svolgevano scambi in grado di superare schemi pregiudiziali. Tra le numerose notazioni degli scritti di Langer vengono ricordate le ragioni che lo inducevano ad assumere posizioni molto nette sulla necessità di “liberare” l’Est europeo dalla compressione imposta da una forma degenerata di “socialismo”. Precipua importanza egli dava ai mutamenti demografici e al rischio della perdita di autonomia della persona umana nel corso del succedersi dei contrasti politici. I rischi dell’inquinamento inoltre erano analizzati nel quadro di un turismo usato solo a scopo di sfruttamento, mentre rivendicava l’esigenza, per il movimento operaio, di rompere la subalternità al fattore produttivo. Inoltre riteneva necessario valorizzare gli elementi pratici di un impegno civile ben oltre le concezioni statalistiche. La stessa intuizione del primato dell’”austerità” è chiaramente indicata quale passaggio per l’affermazione della solidarietà e della convivenza nel reciproco rispetto.
Incessante infine il suo appello per l’attuazione di azioni concrete ai fini della salvaguardia della pace. E proprio per queste ragioni nel mio recente studio “L’arco della pace”, Ediesse editore, ho dedicato un accurato richiamo all’indimenticabile Alexander e a quelle che chiamava “interferenze plurime”, dirette a favorire cooperazione tra i popoli nel riconoscimento dei rispettivi diritti, senza invadenza e soprusi.