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Il vero potere del Vaticano (San Paolo, Cinisello Balsamo)

IL VATICANO DI FRONTE AL COMUNISMO, AL NAZISMO E ALLA POLITICA INTERNAZIONALE


sabato 1 dicembre 2012 di Carlo Vallauri

Argomenti: Religione
Argomenti: Storia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Jean Michael Meurice


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Tra i tanti laici scrittori, che negli ultimi tempi si sono dedicati a far conoscere all’esterno condizioni e mutamenti sopravvenuti nel Vaticano, il libro dell’artista Jean Michael Meurice (pittore e regista), Il vero potere del Vaticano (San Paolo, Cinisello Balsamo), si distingue perché, nel riferire sullo svolgimento storico che ha condotto la Chiesa a mutare tanti aspetti del suo stesso potere, coglie momenti e punti essenziali sulla funzione delle stesse istituzioni interne di quel grande incrocio di potestà che si diparte dalla cattedra di Pietro, da quando ad essa è stato sottratta ogni forza “temporale”. Sono decenni che dagli anni della prima guerra mondiale giungono alle scelte internazionali attraverso le quali rappresentanti vaticani sono intervenuti all’incontro di Helsinki nel 1975.

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Jean Michael Meurice

E proprio dall’assunzione del potere in Russia di una dittatura, come quella bolscevica, la Curia non può che introdurre nella sua azione una serie di iniziative che guardano al “potere” reale esercitato in Europa, evitando di inserirsi in situazioni che ne possano pregiudicare il suo ruolo concreto. L’autore si sofferma così sull’analisi di quanto avvenuto in Germania al termine della prima guerra mondiale, di fronte all’emergere di repubbliche di tendenza sovietizzante. In quel grande paese i cattolici rappresentavano un terzo della popolazione ed essi avevano subíto alla fine dell’Ottocento il peso della Kulturkampf, quindi avvertivano l’esigenza di sottrarsi a minacciose autorità statali, donde la necessità di tenersi fuori – anche in altri contesti – dai conflitti politici nazionali. E momento determinante è stata allora l’assegnazione, nel 1917, della rappresentanza della Chiesa di Roma al cardinale Pacelli, che si opporrà alle direttive del Santo Uffizio, contrario alla collaborazione tra cattolici e protestanti, e pertanto favorirà nella repubblica di Weimar la collaborazione del Zentrum con il partito socialista. Da qui nascerà la linea di cercare una regolarizzazione dei rapporti diplomatici con il Vaticano. Sopraggiungono naturalmente ulteriori complicazioni quando sopravviene l’ascesa del nazismo cui la Chiesa (1933) si oppone vietando ai cattolici di votare per Hitler (l’autore Meurice precisa che Hitler era un cattolico battezzato, anche se, dopo l’infanzia, non aveva più messo piede in una chiesa, l’unica eccezione a Berlino nel ’35 ad una messa in memoria del maresciallo Pildsuski, che era stato in Polonia aspro avversario dei bolscevichi). Divenuto cancelliere, Hitler affermerà di voler garantire le condizioni di una “vita religiosa profonda e interiore”.

È in questo ambito che si formerà un clima favorevole al Concordato tramite l’allora monsignor Pacelli, anche se la Chiesa non mancherà di riaffermare la propria diversità e opposizione rispetto ai principi nazional-socialisti. Lo stesso Pacelli cercherà di giungere all’accordo malgrado Pio XI fosse restio ad accelerare i negoziati, essendo egli dubbioso sull’affidamento alle parole e promesse del Cancelliere. Preservare i diritti umani resta un caposaldo per la Chiesa – scrive l’autore – ma, come egli stesso spiega, Pacelli riteneva di poter mantenere una atteggiamento non oppositorio, secondo il principio esplicitamente dichiarato “Il Vaticano tratta con i governi che i popoli si danno” (si tenga presente che noi riferiamo non solo sulle opinioni espresse da Meurice ma anche quelle di vari studiosi, via via interpellati nel corso della narrazione dei fatti).

Intanto vescovi di rilievo, come quelli di Berlino e Munster, non mancano di denunciare il nazismo, ricordando che “Dio punisce quelli che perseguitano gli ebrei”. Nel 1937 Pio XI, con l’enciclica Mit brennender Sorge, denuncia l’oppressione esercitata contro i fedeli nonché il contenuto “pagano” del nazismo. Il documento è del 14 marzo. Il giorno 19 l’enciclica Divini Redemptoris denuncerà, con pari nettezza, il comunismo ateo. Nel ’38 Pio XI farà preparare un’enciclica (non emanata dal suo successore) per condannare ogni forma di razzismo, e quindi sia l’anti-semitismo nazista che la segregazione razziale negli Stati Uniti. Dai testi preparati da Papa Ratti il nuovo pontefice Pio XII trarrà invece elementi per l’enciclica che il 20 ottobre 1939, all’indomani dell’invasione della Polonia, condannerà la distruzione della Polonia e il patto tra Germania ed Urss. 100000000000012C0000011D4E21D77D

Nel prosieguo del libro il prof. Francesco Margiotta Broglio ricorda che la rivista “Civiltà cattolica” in quel periodo pubblica numerosi articoli per denunciare l’antisemitismo (anche in relazione alle leggi fasciste del ’38) mentre per quanto riguarda la Polonia la Santa Sede preferì la via del “riserbo”, cioè del silenzio, rinunciando quindi ad una condanna pubblica delle persecuzioni messe in atto dai nazisti. E neppure nel messaggio radiofonico del Natale 1942 – che sollecita la fine della guerra – viene esplicitamente condannato l’antisemitismo né viene menzionato lo sterminio degli ebrei.

Per quanto riguarda la Spagna – e anche per questo argomento vengono citati vari altri studiosi – il libro fornisce precisi chiarimenti: Pio XI era “molto pragmatico” e pertanto nel ’31 riconosce la repubblica, mentre questa non esita ad adottare provvedimenti contro la Chiesa, proibendo l’istruzione religiosa, espellendo i gesuiti e confiscando i beni della Chiesa, provvedimenti definiti dal Papa “persecutori”, tanto da emanare un apposita enciclica di denuncia. Non si può tuttavia dimenticare neppure come dal luglio ’36 siano stati massacrati migliaia di sacerdoti (632 cattolici verranno poi venerati quali “martiri”). Nello stesso anno Pacelli afferma che “è utile per la Santa Sede integrare il blocco fascista”. Non mancherà un tentativo di sottrarsi alle posizioni del versante fascista, denunciando l’intolleranza e le violenze, ma la legislazione repubblicana, con le sue misure contrarie alle istituzioni collegate con la Chiesa, è assunta come pietra di paragone per giustificare l’appoggio a Franco: un concordato tra il Caudillo e il Vaticano verrà stipulato solo nel ’53.

10000000000000EF0000012CC25283C3Veniamo al più ampio quadro internazionale aperto dalla conclusione della guerra nel ’45: la Chiesa cercherà di assumere un più autonomo ruolo internazionale, partecipando – con Giovanni XXIII – in particolare ad iniziative dirette ad aprire colloqui collaborativi proprio muovendo dal principio giovanneo di “non confondere l’errore con l’errante”. Da qui si passerà ad una serie di rapporti tra Mosca e Vaticano, quindi alla Pacem in terris (1963) e poi all’Ostpolitik, sostenuta e portata avanti da Monsignor (poi cardinale) Silvestrini, al fine di definire meglio la condizione dei cattolici in Ungheria, Polonia e Cecoslovacchia. Superate quindi le controverse questioni dei cardinali in Ungheria e della situazione in Jugoslavia si perverrà con Papa Woytila ad una situazione sempre più aperta e che condurrà agli accordi internazionali di Helsinki (1975) l’indicazione dei tre settori nei quali si cerca di attuare una comune, feconda collaborazione (sicurezza, rispetto delle frontiere, libera circolazione tra i popoli e diritti umani). Non dimentichiamo tra l’altro l’importanza attribuita all’accordo da Moro come inizio di una nuova fase nei rapporti tra le nazioni, proprio in una visione di afflato culturale, umano oltre che politico, al fine di porre i diritti delle persone come fattore prioritario della vita sociale ed internazionale. Ricordiamo infine la dichiarazione di Silvestrini rispetto alla libertà religiosa, da applicare anche per gli atei. Come si vede, un complesso di vicende, con varie forme di rispetto e di equilibrio, ma anche di incomprensioni e omissioni, che hanno caratterizzato la Chiesa romana nei rapporti internazionali.

 

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