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Odio gli indifferenti (Chiare Lettere, Milano, 2011)

L’ATTUALITA’ DEL PENSIERO CRITICO DI GRAMSCI


sabato 23 giugno 2012 di Carlo Vallauri

Argomenti: Storia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Personaggi famosi/storici
Argomenti: Antonio Gramsci


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La pubblicazione di un testo di Gramsci, risalente al febbraio 1917, ha effettivamente un sapore di attualità come, rileva David Binussa nella prefazione del volume Odio gli indifferenti.

Allora, nel pieno della bufera della prima guerra mondiale, aveva un significato evidentemente educativo contro corrente sollevare un problema morale di costume. L’infatuazione bellicista aveva esaltato non soltanto Mussolini ma gran parte del ceto dirigente politico democratico e socialista: basti pensare allo stesso giovane Togliatti, a Parri, Salvemini, tutta la futura elite antifascista ebbe allora un atteggiamento “interventista” seguendo l’esempio dei socialisti francesi.

10000000000000C0000000E6684FDF11Gramsci aveva in sé la motivazione proveniente dalla conoscenza approfondita delle ragioni che stavano a base del pensiero libero da trascendenze ideologiche nazionali, e quindi ricche di valori autentici di pace e fraternità internazionale. L’impegno guardava la “vita reale” – come scrive appunto Bidussa - con la comprensione autentica del trasformismo dominante e dei rischi insiti nella manipolazione delle coscienze operata dalle passioni ed illusioni che nel ’14 avevano travolto il fondamentale internazionalismo pacifista: era una società che non riusciva più a compenetrarsi nel dolore altrui preferendo giustificazioni contingenti. I fautori dell’intervento, a cominciare da Mussolini – osservava allora il giovane militante socialista, fermo nei suoi convincimenti – sembrava “ignorare la realtà, ignorare l’Italia in quanto costituita di uomini che vivono lavorando, soffrendo, morendo: non hanno alcuna simpatia per gli uomini in carne ed ossa, sono retori pieni di sentimentalismo, e non hanno preveduto che un giorno sarebbe venuto a mancare il pane … “non hanno sentito la sofferenza” dove stava effettivamente.

Sono parole che sembrano addirittura attuali: “hanno creato il caos, hanno lasciato arraffare ai più forti economicamente”. Da questo fenomeno deriva la demagogia con il “capovolgimento del senso comune”. E mentre al fronte si combatteva, gli operai della Fiat, isolati perché immersi in un ambiente di stanchezza, indifferenza, ostilità, hanno saputo battersi per salari più confacenti alle loro necessità ed “hanno resistito per un mese”.

Ecco, Gramsci osserva amaramente che l’Italia ha il socialismo che si merita. Il progresso consiste nella partecipazione del maggiore numero di individui ad un bene, come – contro l’ “egoismo” borghese – fanno gli operai quando rispondono con la solidarietà di classe. Accelerare l’avvenire con lo spirito di classe, con intransigenza e /non permettere che si adoperino mezzi non adeguati al fine. Il richiamo è soprattutto rivolto all’esigenza di non nascondere i dati reali, la verità. Solo così – aggiunge – si possono formare uomini responsabili, disposti al sacrificio. E la sollecitazione pedagogica è accompagnata da una serie di osservazioni precise sulla vita concreta: dal cibo alla sessualità. Possono sorprendere certe osservazioni di carattere molto moderno. Ma proprio in quelle parole si ritrova una continuità tra l’Italia che cede al “provvisorio comodo” e rinuncia ai diritti, dimenticando che tutti gli esseri umani sono eguali e hanno le stesse necessità. Contro il fatalismo della mentalità capitalista, contro l’accomodantismo, veniva rivendicata una giustizia che lo Stato italiano non sapeva assicurare. Non sono parole altrettanto valide oggi?

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