L’emigrazione dai piccoli centri di campagna alle città ha costituito dal dopoguerra in poi uno dei fattori di maggior mutamento sociale in Italia: ne sono testimonianza non tanto i dati statistici quanto i ricordi di tanti italiani del Mezzogiorno, saggi letterari, opere cinematografiche.
Con Il tempo in tasca (editrice Il Calamaio, Roma
) Bruno Lijoi, che ne ha vissuto umanamente i momenti più inquieti, ne ricostruisce, in brevi accattivanti racconti, le esperienze precedenti all’esodo dalla sua terra. Sono pagine che riconducono alle parole scambiate di sera tra casa e casa, in percorsi nei quali agli occhi dei bambini si presentava il miracolo delle lucciole, le straordinarie abitatrici del buio, indimenticate compagne di esistenza rievocate nostalgicamente da un poeta come Pasolini.
Riemergono così quelle voci e quei tremori confusi nei primi approcci amorosi, nei riti di corteggiamento allora indispensabili per avvicinare una ragazza, legata com’era ciascuna di esse a timori reverenziali mentre i ragazzi ricorrevano agli ammiccamenti per far pervenire i loro trepidi messaggi. Lijoi sa descrivere molto bene usanze di luoghi dove soltanto le permanenze estive, specie marine, consentivano quegli incontri altrimenti difficili se non impossibili. Tutto ciò avveniva prima che mutassero i costumi delle famiglie.
Strade di campagna raffigurate con la vivezza di parole che sembrano tramutarsi in schizzi pittorici: così si annodavano i fili teneri di amicizie e di affetti, forse destinati a più intimi rapporti o forse presto svaniti. La bicicletta rappresentava allora un elemento attraverso il quale scorgere altre realtà e riempire i vuoti di giornate lunghe, troppo simili le une alle altre. Sono memorie di ragazzi che riempiono le ore con brevi corse o lunghe passeggiate durante le quali si scambiano sentimenti ed impressioni. In questo succedersi di emozioni semplici c’è una vitalità che supera i singoli episodi e dà senso alla maturazione negli stati d’animo.
Pregevoli nel ritmo narrativo, sobrio e pur ricco di un linguaggio preciso, questi racconti si impongono all’attenzione come lucidi forme di ricostruzione di un passato in cui i ricordi si congiungono al mutare delle stagioni e delle condizioni: frammenti di esistenze individuali che danno spessore a tante fervide esperienze personali.