Vittorio Sgarbi è come tutti sanno poliedrico, polemista dall’urlo squassante, politico rompiballe, critico d’arte esperto (anche se del Seicento napoletano non capisce una mazza), ma soprattutto irresistibile affabulatore ed affascinante scrittore, dal dettato fluido ed accattivante.
Nel libro Sgarbi affronta un tema di cui da sempre pittura, scultura e letteratura si sono interessate: la figura femminile, che egli giustamente ritiene tra i massimi regali che ci ha fatto il creatore.
Egli parte dalle immagini della Madonna, l’iconografia più frequentemente rappresentata sulla tela, ma tratteggia con eguale entusiasmo sante ed eroine, inseguendo il mistero della seduzione, che domina incontrastato anche nella poesia, da Dante e Petrarca fino a Leopardi, Foscolo e Montale.
Egli trasfigura il volto muliebre, spesso evanescente, nel simbolo di sogni e desideri e nel porto sicuro che ognuno di noi vuole raggiungere per riposare placido ed appagato per l’eternità.
La magia dell’arte consiste nello sfidare la caducità della materia e lo scorrere inesorabile del tempo, donando alla bellezza femminile, destinata a sfiorire un surrogato di immortalità, come nel caso del monumento funerario realizzato da Jacopo della Quercia, il quale riesce a fissare nel marmo per il suo vedovo inconsolabile la perfezione delle forme di Ilaria del Carretto (fig. 1).
Per la copertina ha scelto un volto misterioso ed ammiccante dipinto da un preraffaellita, un gruppo di meravigliosi pittori per i quali l’universo femminile ha dominato tutta la loro iconografia, da Ofelia (fig. 2) alla Beata Beatrix (fig. 3), da Everett Millais a Dante Gabriel Rossetti.
L’autore confessa che non saprebbe scegliere il suo quadro preferito, anche se fa trapelare che i capolavori ai quali si sente più legato sono la Dama con l’ermellino di Leonardo (fig. 4), il viso della Madonna della pala di Castelfranco di Giorgione (fig. 5) e l’Annunciata di Antonello da Messina (fig. 6), ma impazzisce in egual misura per le donne opulente di Tiziano (fig. 7), per le indomite eroine di Artemisia, per le bimbe impuberi di Balthus (fig. 8).
Magistrali le descrizioni della Cleopatra della Gentileschi (fig. 9), di cui ci fa percepire l’afrore ammaliante che promana prepotente dal suo corpo scultoreo, mentre l’Annunciata di Antonello sembra fulminarci con il suo sguardo, in grado di leggere nella profondità delle nostre anime.
Giunge poi a tratteggiare la trasformazione che l’arte subisce nello scontro con la contemporaneità, quando decadendo l’iconografia religiosa, immortalata nelle categorie della bontà e della bellezza, prende il sopravvento un’estetica assoluta al di là dei temi e dei generi. Caduta la bellezza ideale e la grazia la donna assume una dimensione originale e rivoluzionaria, come ne Les demoiselles d’Avignon di Picasso (fig. 10) o nella valenza demoniaca, inquietante e maligna partorita dal pennello di Klimt (fig. 11) e di Khnopff (fig. 12).
Sconvolgente la lezione offerta da Balthus, per il quale le sue modelle, tutte bambine, innocenza e peccato si incrociano, mettendo a fuoco la fragilità dell’uomo travolto dagli istinti.
Sgarbi sa che l’80% dei suoi lettori appartengono al gentil sesso, ma sono certo che questa sua ultima fatica letteraria, grazie anche al corposo corredo iconografico, avrà successo anche tra gli uomini ed in breve la vedremo tra i top ten nelle classifiche, grazie anche alla lodevole abitudine, diffusasi da qualche anno, come strenna natalizia, al posto di una cravatta o di un foulard, di regalare un bel volume, per divertirsi o meditare, in ogni caso per esercitare il nostro cervello, che personalmente, più della bellezza, ritengo sia il dono più prezioso che il creatore ha voluto elargire all’umanità.