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PALAZZO LANTE in Piazza dei Caprettari, (Ist. Poligr. dello Stato, Roma 2011)

Alla scoperta del palazzo Lante a Piazza dei Caprettari (Roma)

Arte e architettura di varie epoche s’incrociano nel cuore di Roma
giovedì 1 dicembre 2011 di Pietro di Loreto

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Architettura, Archeologia
Argomenti: Rita Randolfi


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Non è facile trovare tra la messe di pubblicazioni relative al nostro patrimonio artistico un volume che catturi l’interesse come quello appena uscito per i tipi dell’Istituto Poligrafico dello Stato, intitolato PALAZZO LANTE in Piazza dei Caprettari. (v. logo dell’articolo)

Non è facile, perchè amalgamare una quantità così ragguardevole di note di carattere storico, artistico, architettonico, nonchè biografico e genealogico richiede certamente anni di impegno duro e appassionato, oltre che un rigoroso metodo d’analisi e un’autentica passione per la ricerca.

Va detto subito che la splendida opera, che si presenta peraltro in una veste editoriale ricca e coinvolgente, evidenzia proprio queste caratteristiche, tanto che ci sentiamo di consigliarla oltre che agli addetti ai lavori, anche ai semplici cultori e amanti delle belle arti.

Del resto, l’autrice del libro, Rita Randolfi, è una storica dell’arte tanto preparata quanto eclettica, conosciuta già da tempo per aver dato alle stampe diversi saggi che hanno attirato l’attenzione degli studiosi e non solo, sia di carattere scientifico che divulgativo e di approfondimento, che in effetti spaziano da artisti caravaggeschi del seicento (in particolare Tornioli e Spadarino) a monografie di particolare rilievo, ultima quella sull ’Oratorio del Gonfalone.

E tuttavia non era facile misurarsi con un argomento come quello in esame, anche perchè non è la prima volta che compaiono pubblicazioni relative al palazzo Lante, concernenti però solo l’architettura e le decorazioni seicentesche, che comunque la Randolfi ha ripreso sviluppandole ed arricchendole con nuove scoperte documentarie, ampliando poi l’analisi con importanti acquisizioni storiche ed artistiche del tutto inedite sul settecento e l’ottocento.

Ne è scaturito un testo che, come nota bene Maria Giulia Aurigemma, nella Introduzione:”...è il primo completo dedicato non solo al Palazzo ma alla famiglia. Uno dei pregi che salta subito agli occhi -sottolinea la studiosa- è l’aver dato una struttura chiara ed un percorso ben scandito ai capitoli di cui sono protagonisti i singoli membri della famiglia con la loro definita personalità nell’avvicendarsi della storia, nella fortuna e nelle crisi, nei matrimoni e nelle eredità, tutte sullo sfondo del palazzo e delle sue decorazioni, di quadri ed arredi”.

Ed in effetti il filo conduttore dell’impegnativo lavoro prende avvio dall’attenzione continua al Palazzo che cambia progressivamente nel corso del tempo, senza però smarrire la sua identità (figg.2, 3), in un contesto, quello del rione Sant’Eustachio -un settore del ’centro storico’ di Roma tra i più antichi e ricchi di storia della capitale- caratterizzato invece da un processo di crescita continua e dai ritmi impetuosi : “ Si deve alla politica riformatrice di Sisto V -scrive la Randolfi- che pensò di coinvolgere le famiglie nobili … chiamate a contribuire con la costruzione di proprie dimore, a rendere più vivibili e confortevoli i diversi rioni di Roma, la prima sistemazione della zona della Dogana, proseguita poi da Alessandro VI”

Il ’committente’ del palazzo era stato, nel primo decennio del XVI secolo, papa Leone X, che intendeva farne la residenza per suo fratello Giuliano de’ Medici, ma in effetti ben presto, già intorno alla metà del Cinquecento, la proprietà finì nelle mani della famiglia Lante, una nobile famiglia pisana di antico lignaggio che, tuttavia “... non dimostrò mai un eccessivo attaccamento alle proprie origini” ed anzi tentò in ogni modo “... di adeguarsi agli usi e costumi della romanità, mantenendo con la Toscana un rapporto unicamente economico”;

Basti vedere come l’estensione stessa del primo nucleo del fabbricato -voluta da Ludovico Lante agli inizi del Seicento- promuovesse già un vero interesse verso ’soluzioni romane’; come si evidenzia, a parere della Randolfi da:” … elementi stilistici come l’imbotte dell’arcone di accesso al cortile, l’uso delle volte lunettate con peducci nelle sale a sinistra dell’ingresso, la foglia sulle mensole nella chiave degli archi, i tondi finemente intagliati, la presenza dei capitelli dorici fioriti”(figg.4, 5).

A partire da questi primi mutamenti, l’autrice ha seguito e ricostruito tutti gli sviluppi artistici ed architettonici che, in relazione degli accadimenti di ordine familiare, hanno interessato la costruzione, in un percorso ricco di novità documentarie e notizie di primissima mano, ma anche di curiosità liti scontri inter familia; un percorso esplicativo che si articola attraverso nove capitoli, ognuno dei quali, per la verità, meriterebbe una recensione.

Passano così in rassegna, oltre a Ludovico Lante, l’acquirente del palazzo, altri membri della famiglia che ebbero un rilievo di primo piano a Roma, come i cardinali Marcello (1606), Federico (1743) Antonio e Alessandro (1816); gli imparentamenti, a cominciare da quello con i della Rovere, di cui i Lante ereditarono i beni ma con l’obbligo di aggiungere il cognome della Rovere al loro, per proseguire con gli Orsini, i Borghese, i Massimo, solo per citarne alcuni; e poi soprattutto gli architetti e gli artisti chiamati via via a ristrutturare a riqualificare e ad abbellire il palazzo con le loro ’imprese’ ad affresco: da Onorio Longhi, a Carlo Rainaldi, dal Pomarancio a Romanelli a Giacinto Calandrucci. (figg. 6, 7, 8, 9, 10)

Completamente inedita è la parte dedicata al collezionismo dei Lante; qui la Randolfi ha saputo spaziare con assoluta competenza dal primo nucleo collezionistico, iniziato da Marcantonio il figlio di Ludovico nonché sposo di Lucrezia della Rovere, fino all’acquisizione della collezione Orsini, fino ad ottenere una messe di opere, comprendente dipinti di autori di grande rilievo come Giulio Romano, Rubens, Carracci, Barocci, Federico Zuccari (fig.11), Salviati, Lotto, Jacopo Tintoretto (fig.12), Reni, Lanfranco, Mattia Preti, Paul Brill Maratta ed altri di grande prestigio riportati nella lunga Appendice documentaria che correda il volume, frutto di un lavoro di scavo tra gli archivi condotto con inesausta passione dall’autrice.

Ma il lettore che vorrà dedicarsi alla lettura del libro della Randolfi sarà senza dubbio affascinato anche dalle vicende di vita vissuta, che videro protagonisti vari membri della famiglia, dal momento della ’conquista del titolo ducale e della ostentazione del potere’ (cap. III) alla vicenda dei ‘duchi sfortunati’, Antonio (1648-1716) e Luigi (1683-1727) (cap. IV) : il primo ’sfortunato’ per “ il comportamento libertino della moglie”, la bella Luisa Angelica de la Tremoille, già cameriera della regina di Spagna, Gabriella di Savoia, di cui però, a quanto pare, il duca non si preoccupava più di tanto, occupato com’era a “godersi i privilegi che gli erano stati concessi”; il secondo invece ’sfortunato’ perchè morto dopo aver messo insieme un’enorme raccolta di beni di cui non poté godere a lungo e la cui scomparsa peraltro comportò la fine della linea primogeniale maschile; come nota la Randolfi “Filippo, figlio di Luigi I, era troppo giovane per subentrare al padre che ne aveva affidato la tutela al fratello, il futuro cardinale Federico Marcello. Dunque il potere decisionale di famiglia passava temporaneamente ad un altro cadetto”. Un fatto che non sarebbe stato privo di conseguenze.

È a questo punto infatti che iniziano gli scontri e si preannuncia il declino della potente famiglia. Di particolare efficacia appare la ricostruzione dei “difficili rapporti tra Federico Marcello e il nipote Filippo” con la “lite sui rifacimenti del palazzo”, fino alla “conclusione della causa” tra i due (cap. V), seguita da “il tentativo di risorgere e la paura di naufragare” con l’inevitabile “inizio del declino della collezione” (cap. VI). Dopo aver analizzato le figure di Vincenzo Junior “un patriota in epoca napoleonica” (cap. VII) nonché “le ansie, i gusti, la cultura il carattere di Alessandro (1762-1818) tesoriere cardinale e nunzio pontificio a Bologna (cap. VIII) e il “personaggio a parte” , vale a dire l’altro cardinale Antonio, fratello di Vincenzo e Alessandro (cap. IX), il ponderoso libro si chiude con Giulio Lante, “l’ultimo duca della linea primogeniale”, allorquando si arriva alla “cessione definitiva” del palazzo e alla dispersione della preziosa raccolta artistica