Lo storico Fabio Grassi Orsini presenta nelle edizioni Piero Lacaita (Manduria, 2011) il volume di Umberto Zanotti Bianco La mia Roma. Diario 1943-1944, con un saggio introduttivo nel quale illustra la personalità dello studioso, eminente simbolo di quell’Italia liberale che prima attraverso l’opposizione al fascismo poi con la partecipazione alla ripresa democratica nazionale dopo l’8 settembre 1943, testimonia il significato dei valori a un tempo umanistici e patriottici in un paese sconvolto dalle sue fondamenta morali e politiche.
L’importanza del volume è nella descrizione minuta che l’autore compie giorno per giorno negli anni dell’Italia tagliata in due subendo la duplice occupazione militare, tedesca al centro-nord e anglo-americana al Sud e nelle grandi isole. E Grassi Orsini, oltre a spiegare il ruolo e il comportamento dell’animoso difensore delle migliori tradizioni del Mezzogiorno, tiene a mettere in rilievo i colloqui che in quei mesi convulsi Zanotti ebbe con alcune persone, a cominciare da Maria Josè di Savoia, per cercare di individuare attraverso quali passaggi, formule a scelte si potessero trovare le soluzioni più adeguate per avvicinare a soluzione il problema della tenuta del sistema istituzionale. Nella confusione di quel tragico tempo i colloqui con il generale Caviglia da un lato e con gli esponenti liberali dall’altro, già collegati al Comitato nazionale di liberazione, nato a Roma l’8 settembre, con l’adesione dei maggiori partiti anti-fascisti (PLI, P. d’Azione, democrazia del lavoro, democrazia cristiana, socialisti, comunisti), rivelano il prestigio del rappresentante di quel movimento – l’unico dichiaratamente liberaldemocratico, durante l’instaurazione del potere fascista – ricostituitosi nel rinnovato ambiente politico di una Italia ormai in lotta armata per liberarsi definitivamente del fascismo e del suo alleato nazista.
D’altronde alla sua qualità di politico Zanotti unisce le doti di studioso dal campo storico a quello archeologico. Egli si dedicò, durante la “presa teutonica” su Roma, ad una incessante opera di assistenza civile, corrispondente a quell’azione umanitaria che egli aveva già svolto dall’Italia alla Russia in più occasioni. E Grassi, proprio per la sua appartenenza ad una delle famiglie pugliesi, più impegnate nella riscossa liberale nel Meridione, è in grado di puntualizzare con grande precisione significato e valori dei singoli passi e delle scelte via via compiute.
- Umberto Zanotti Bianco
Zanotti Bianco – come si legge nelle bellissime pagine del suo Diario – discuteva in quella fase circa l’eventuale decisione di Vittorio Emanuele di accettare una “reggenza” ed espose in un testo pubblicato e diffuso clandestinamente le sue opinioni. Egli spiega bene le ragioni che lo inducono a sostenere il mantenimento di quella monarchia, pur responsabile, dal 1924 al ’43, di atti indegni: occorreva infatti cercare – a suo avviso – forme di equilibrio provvisorio.
La lettura colpisce particolarmente per l’accuratezza con la quale l’autore registra e commenta tutte le voci – vere o false – che circolavano nella Roma occupata, in una condizione di generale disfacimento dello Stato e di confusione psicologica, ai vertici e alla base della piramide sociale.
Affiorano i timori per eventi scivolosi in seno alla guida politica dei partiti antifascisti, sono criticate più le esternazioni troppo leggere di La Malfa per gli azionisti che non le prese di posizioni dei comunisti. Le conoscenze e le frequentazioni di Zanotti sono tali che, mantenendosi egli sempre al centro del dibattito sulle impostazioni circa la politica da portare avanti, risalta la lucidità e prudenza dei comportamenti di una personalità così attentamente seguita dai suoi interlocutori.
Naturalmente emergono con vivacità gli eventi maggiori e peggiori di quelle giornate, e prevalgono quelli di rilievo politico (come si trova nel noto, parallelo diario di Bonomi) ma, in questo caso, emergono anche aspetti più individuali e privati, grazie alla straordinarietà delle relazioni che Zanotti riusciva a tenere non solo con le altre parti politiche, e con personaggi istituzionali, ma anche a livello di singoli perseguitati, ricercati e condannati.
L’atmosfera cupa della capitale, lasciata in balìa dei tedeschi e delle bande fasciste, risulta nella amarezza delle valutazioni e nel rincorrere, per fornirne di aiuti concreti un progredente numero di civili coinvolti e travolti dalla furia nazista.
Appare il libro una lettura istruttiva per meglio comprendere le ragioni ideali che spiegano la continuità di un liberalismo storico, spina dorsale dell’Italia unita, nell’intento di ricostruire le basi di un paese migliore, più giusto e civile. E, per chi – come l’autore di questa nota – ha vissuto quelle giornate come studente di liceo, però spesso assente da scuola per evitare le retate naziste, sembra di rivivere quelle ore di tensione e di speranza.
In particolare va sottolineata la celebrazione in maggio della messa a Santa Maria Maggiore in memoria delle vittime della strage compiuta dalle S. S. alle Ardeatine (momenti di grande emozione per tutti i presenti all’interno della chiesa e poi all’esterno). Zanotti fu in prima linea, dopo la notizia dell’orrenda carneficina, a cercare di avere informazioni più esatte (ed ogni ulteriore informazione allargava i termini di quella tragedia) per aiutare in ogni modo i familiari delle vittime. Pagine nere certamente, ma a noi sembra evidente che queste pagine confermino direttamente come Roma sia stata allora tutt’altro che “grigia” – secondo la definizione di De Felice, valida forse per altre aree – rispetto gli occupatori, perché in tutti i quartieri, dai popolari ai borghesi, comuni erano le certezze sulla validità della scelta per la libertà e contro nazisti e fascisti.