Il problema della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa fu al centro delle rivoluzioni scoppiate mentre le masse popolari, nella fase terminale della prima guerra mondiale, insorgevano contro governi della conservazione imperialistica e trovò particolare applicazione nella Germania di Weimar come in Austria: Vienna in rivolta operaia nel 1918 è stata del tutto dimenticata. Lo stesso problema fu affrontato e risolto nella Russia bolscevica con soluzioni più draconiane.
Ma l’esperienza più autentica della partecipazione del lavoro alla guida dell’azienda ha avuto maggior sviluppo nell’esperienza laburista come in quella cattolico-sociale. E a quest’ultima in particolare dedica attenzione il libro Democrazia economica (Lavoro, Roma, 2010) contenente significativi saggi. Dall’iniziale apertura di Guido Baglioni, che approfondisce il tema della visione di quella concezione del lavoro che ha preso le mosse dalla Rerum Novarum – cioè ben prima dell’esperienza operaistica – che si è progressivamente fatta strada nella governance dell’impresa. In Italia la Corte Costituzionale contiene una esplicita affermazione (art. 40) sull’argomento anche se nella prima Repubblica vi fu una sorta di ostruzionismo da parte dei comunisti che sin dall’inizio bloccarono i progetti e le riforme partecipazioniste di Morandi. In effetti solo più recentemente, dopo la sconfitta storica del “comunismo reale”, non solo da parte cattolica il tema è stato ripreso.
I saggi di Pietro Ichino, Maurizio Petruccioli ed Emanuela Di Filippo (curatrice del volume) offrono al riguardo interessanti informazioni e considerazioni, ritenendo – insieme agli autori di altri saggi – il problema di attualità, come conferma la seconda parte del volume che si sofferma su alcune specifiche realtà delle banche popolari, e di alcuni casi di varie aziende, sino al più recente evento della Fiat-Chrysler, sino all’azionariato dei dipendenti.
Quale ruolo tali propositi possano avere nel mercato del mondo globale “liberalizzatore” è chiarito dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, nella lucida presentazione nella quale richiama la mancata attuazione del citato articolo 46 della Costituzione. Il nuovo modello contrattuale del gennaio 2009 ha avviato, in forma di chiara intenzionalità rinnovatrice, attraverso metodi di partecipazione, consultazione, informazione, mutualità. Si tratta ora di compiere un passo ulteriore per realizzare concreti inserimenti di nuove fattispecie giuridiche negli accordi tra le parti sociali. Iniziative sono in corso anche in sede parlamentare. E queste prove di azionariato collettivo e di partecipazione dei lavoratori alla governance finanziaria sono destinate a divenire indicative, per trasformare effettivamente i livelli di integrazione aziendale.