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P.P. Pasolini. Di spirito profetico dotato?

{Alì dagli occhi azzurri}: una full immersion nella calda e familiare ambientazione della vecchia osteria romana
sabato 1 aprile 2017 di Michele Penza

Argomenti: Attualità
Argomenti: Poesia


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Silvio Parrello

Possono un tavolo di legno e sopra di esso una tovaglia di carta e una foglietta [1] suscitare ancora ricordi ed emozioni? Sembra di sì ed è capitato proprio a me di verificarlo mercoledì 15 marzo u.s. quando ho partecipato, alla vecchia trattoria ‘Al Biondo Tevere’ di via Ostiense, a una serata romana dedicata a P.P. Pasolini. Si tratta di iniziativa proposta in collaborazione da talune istituzioni cittadine che si ripete a mercoledì alterni e consiste in una cena alla romana vivacizzata dalla lettura di poesie dello scrittore effettuata da uno dei suoi vecchi ragazzi di vita e da stornelli e canzoni dialettali di Alvaro Amici suonati e cantati da due bravi posteggiatori.

Già conoscevo Parrello, il promotore, che ancora oggi dopo tanti anni dedica tutta la sua vita alla conservazione della memoria di Pasolini e alla divulgazione della sua opera.

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Canzoni de na vita

Ero già andato anni fa a far due chiacchiere con lui sull’argomento nella sua tana di Monteverde, situata nel casermone dello I.A.C.P. che è stato testimone di tanti fatti e tante scene che appartengono a quella vicenda.

Ci sono tornato oggi per chiedergli il testo di una incredibile poesia che lui stesso ha declamato in questa occasione ed è appunto di questa poesia, che non conoscevo, così attuale, che intendo dire qualcosa e su di essa richiamare la vostra attenzione. S’intitola Profezia ed è molto lunga, Ne segnalo un paio di brani che mi sono apparsi singolarmente significativi:

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Migranti

Profezia di Pier Paolo Pasolini

Dedicata a Jean Paul Sartre, che mi ha raccontato la storia di Alì dagli Occhi Azzurri. Il testo completo si può trovare qui.

Alì dagli occhi azzurri uno dei tanti figli di figli
scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri sulle barche varate
nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci
asiatici e di camicie americane. Subito i calabresi diranno,
come da malandrini a malandrini: “Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio!” Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli,
e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia, nelle città della malavita.
Anime e angeli, topi e pidocchi, col germe della Storia Antica
voleranno davanti alle Willaye, essi sempre umili,
essi sempre deboli, essi sempre timidi, essi sempre infimi,
essi sempre colpevoli, essi sempre sudditi, essi sempre piccoli,
essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare…….


E già a questo punto Pasolini cinquanta anni fa ci aveva detto abbastanza ma c’è di più, molto di più:

…..deponendo l’onestà delle religioni contadine
dimenticando l’onore della malavita, tradendo il candore dei popoli barbari,
dietro ai loro Alì dagli occhi azzurri usciranno da sotto la terra per uccidere,
usciranno dal fondo del mare per aggredire,
scenderanno dall’alto del cielo per derubare
e prima di giungere a Parigi per insegnare la gioia di vivere,
prima di giungere a Londra per insegnare a essere liberi,
prima di giungere a New York per insegnare come si è fratelli
distruggeranno Roma e sulle sue rovine deporranno il germe della Storia Antica.


In realtà qui si raffigura una sovrapposizione dei due fenomeni, la migrazione e il terrorismo, che sono due cose estremamente diverse, ma è centrale il concetto che i poveri del terzo mondo siano fatalmente destinati a sovrastare quelli degli altri due, il vecchio e il nuovo, con le buone o con le cattive.

Non mi sembra che Pasolini pur presentando questo come un evento di dimensioni epocali ne accosti la natura al rango di fenomeno storico ciclico, a una razzia barbarica, differente solo nelle proporzioni da quelle precedenti. Il pensiero sembra invece incline a considerarla una nemesi del destino, il ripristino di un equilibrio violato da millenni reso possibile non tanto dai meriti di una parte quanto dai demeriti dell’altra.

Ognuno può trarre le conclusioni che vuole e non manca l’opportunità per considerazioni di ogni tipo. Ciò che personalmente avverto a pelle nel testo è il caravaggiesco contrasto cromatico tra le cupe inquietudini di Pasolini, uomo peraltro sicuramente dotato di ferrea razionalità, inquietudini che spontaneamente come erbacce urticanti germogliano nella sua anima tormentata, e il nitore lucidissimo delle sue preveggenze.

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Antica Osteria al Biondo Tevere

La full immersion nella calda e familiare ambientazione della vecchia osteria romana, in quelle rare occasioni in cui mi è consentito di ritrovarla oggi, non manca mai di suscitare in me tanti ricordi. Sempre, in gioventù ma anche in seguito, l’ho ritrovata luogo deputato di silenziose meditazioni o di accese discussione, a seconda dei casi e della compagnia. È lì che nascevano tante confidenze, lì sono state coltivate tante speranze per il futuro, maturate tante riflessioni umane e politiche che poi hanno dato una particolare configurazione alla mia personalità e perciò alla mia vita.

È lì forse che si è innestato il seme di una abitudine che ha portato a fine precoce l’esistenza di due dei miei amici più cari, che hanno ceduto all’illusione di spegnere nell’alcool le fiamme che bruciavano la loro anima.

La vecchia osteria romana è stato anche questo: luogo di crescita. Esiste ancora ma devi avere l’umiltà di ripartire da zero e devi anzitutto cercarla e poi farteli bastare un tavolo di legno, una tovaglia di carta e una foglietta innanzi da contemplare, come la palla di vetro della sibilla. Chi la vuol fare questa esperienza si accomodi, tanto più che è anche a buon mercato!

[1] Per chi non lo sapesse la foglietta, anzi, la fojetta è la bottiglia da un litro di vetro bianco con il collo svasato.


 

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