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Il paese dei campanelli

Se non fosse una tragedia ci sarebbe tanto da ridere
martedì 1 dicembre 2015 di Michele Penza

Argomenti: Attualità
Argomenti: Opinioni, riflessioni


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Il paese dei campanelli. L’avete mai vista? E’ tanto carina, una operetta deliziosa dal punto di vista musicale che è anche allegra e spiritosa per la vicenda. Narra di un paese di favola dove la notte avvengono fenomeni strani: un campanello suona ogni volta che la virtù di una donzella si arrende all’amore.

Mi vien da pensare a qualcosa del genere, ma al contrario: un paese di favola dove un campanello suoni ogni volta che un cialtrone contraddice solennemente un comportamento precedente o spara una solenne cavolata.

Un paese dove è tutto un po’ così io lo conosco bene. E’ il nostro. Gli esempi da citare di contraddizioni nei fatti o nelle parole potrebbero essere infiniti.

Chi si erge oggi a strenuo difensore della identità nazionale dall’aggressione violenta dei tanti poveracci che, sbarcati dal gommone, ci chiedono un pezzo di pane, magari asciutto, senza neanche la mortadella, perché il profeta non gliela consente?

E’ un tale Salvini che sembra abbia raccolto l’eredità politica di un certo Bossi, un signore che appena qualche anno fa sbarcava (a sua volta) molto bene il lunario lui e la famiglia battendo forte la grancassa, senza perdere d’occhio la cassa, e sollevava in fiera un gran polverone arringando un gran numero di sfaccendati assiepati attorno al palchetto che pendevano dalle sue labbra.

Fra le tante cose che propinava al colto pubblico ce n’era qualcuna veramente amena, altre invece che erano in verità solo vecchie minestracce riscaldate, come le battute sui terroni che risalgono ai primi decenni del novecento, quando iniziarono le migrazioni a Milano e Torino dei meridionali. Altre ancora erano solo scemenze fastidiose e volgari come quando ci raccontava di avercelo duro e non si comprendeva bene perché, ammesso che fosse vero, lo confidasse a noi e non chiamasse invece la signora.

Grazie a Dio (e questa è una delle prove più robuste della sua esistenza) il Bossi ha tolto il disturbo, politicamente parlando, da solo, distruggendo la sua figura coi suoi errori medesimi, e tuttavia il suo successore per altri versi non è meno pittoresco di lui.

Intendiamoci, sciocco non è, direi anzi che è piuttosto un furbacchione perché ha corretto la linea di pensiero, chiamiamolo così, del suo maestro accantonando temporaneamente alcuni dogmi da quello sbandierati che in realtà suscitavano più ilarità che consenso e, fra questi, una specie di culto celtico di Eridanio, che poi sarebbe il Po, al quale si collegava la teoria che nega l’italianità dei cittadini di una non ben definita area del paese e afferma che costoro non sarebbero affatto italiani ma altresì padani.

E’ tuttora vivo in noi il ricordo di una giornata veneziana nobilitata da una grande manifestazione leghista nella quale Bossi dichiarò ufficialmente, a fronte del gesto di una signora che esponeva polemicamente il tricolore al suo balcone, che lui con quel cencio poteva al più detergersi le natiche. Ricordiamo bene i propositi di secessione continuamente manifestati in tutte le occasioni senza poi dire del referendum all’uopo votato in Veneto dai leghisti.

Bene. Oggi colui che ne raccoglie il testimone sfuggitogli dalle mani, il Salvini, suo erede spirituale, eccolo proclamare che intende frapporre il suo petto di valoroso fra noi e la minaccia barbarica dei saraceni che minacciano l’Italia. Varie volte ci sarà capitato di scorgere in riva al mare qualche rudere diroccato che ci spiegavano trattarsi di resti di torri di avvistamento erette per prevenire la minaccia di navi corsare sui paesi della costa tirrenica e ionica.

Quella è solo fredda pietra che si è sgretolata col tempo ma ben altra è la garanzia che questo giovane ardimentoso vuole offrirci oggi. “Sol’io combatterò, procomberò sol’io” Così il poeta, chiamava idealmente gli italiani alla pugna contro lo straniero, eroica e disperata.

Sarei fortemente tentato di cogliere l’occasione favorevole che difficilmente potrà ripresentarsi e lasciare tranquillamente procombere Salvini come è sua massima aspirazione, ma poi prevale il mio inguaribile buonismo. Ma poverino, perché?

Non sarebbe generoso, via. In fondo ha buoni sentimenti il ragazzo, dice che vuol difenderci anche se tutto sommato dell’Italia a lui non dovrebbe importare più di tanto, e in fin dei conti a noi Salvini non ha fatto niente di male o almeno non ci è ancora riuscito. E’ solo un po’ ambiziosetto e lo possiamo anche capire: ha visto tanti imbonitori e filibustieri far fortuna in questo paese, perché non provarci anche lui? Del resto mica è il solo, tutta la cosiddetta seconda repubblica è sostanziata di cialtroneria.

Vogliamo ricordare le modalità della sua nascita? E’ stata consacrata da un massacro rituale, col sacrificio umano dei due personaggi che ne simboleggiavano i peccati e i pregi, Craxi e Andreotti. Il rogo, virtuale ma non troppo, di quelle due vittime avrebbe dovuto riscattare tutti gli altri marpioni. Erano solo loro due a corrompere l’aria stessa del paese, questo il messaggio. Senza di loro la corruzione sarebbe sparita, l’Italia sarebbe diventata il luogo deputato della onestà, della giustizia, della saggezza. Abbiamo visto come! Tutto quel che si deplorava è cresciuto esponenzialmente, ciò che è scomparso è una politica estera italiana decente.

Il paradosso è che quei due usavano largamente la corruzione per sostenere i loro partiti ma personalmente erano ineccepibili ed entrambi conducevano vita pressoché spartana diversamente dagli altri che in buona parte si arricchivano senza alcuna vergogna e non hanno mai smesso.

Vogliamo parlare del prestigio attuale della magistratura che di quel rogo si attribuì il merito e s’assunse la responsabilità? Vogliamo parlare di quei magistrati che cavalcando l’onda della popolarità cedettero alla tentazione di sfilarsi la toga e indossare la tunica di tribuno della plebe? Ricordare la fine ingloriosa dei Di Pietro e degli altri chiacchieroni, togati o no?

Vogliamo parlare dei penosi traccheggiamenti cui assistiamo regolarmente quando in parlamento o in regione si tenta di porre concretamente la questione di riportare nei limiti della decenza il trattamento economico degli eletti?

Sarò forse affetto da una forma estrema di acufene, ma io sento un grande squillare di campanelli.

E ne volete sapere un’altra, tanto per chiudere in bellezza? Me l’hanno riferito e non ve la posso garantire perché non conosco l’arabo ma se fosse vera, come ritengo, sarebbe carina veramente. C’è in giro da qualche parte un certo Salah, ricercato per mare e per terra, un piccolo delinquente che ha fatto un salto di qualità e non sa bene neanche lui quanti ne abbia ammazzati, senza un perché.

Bene, sapete che vuol dire Salah? Pare che questo nome che ha probabilmente radice semitica comune con “salahm” e “shalom” debba tradursi con “pace”! Suonate campane, questo sì che è un cialtrone globale, altro che Salvini.

 

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