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La fantasia come necessità

Ma chi sono,questi radicali?

INTERVISTA AD ALESSANDRO DI TIZIO
domenica 12 marzo 2006 di Arturo Capasso

Argomenti: Politica


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E’ appena uscito il volume La fantasia come necessità (pp.168, Lindau, Torino), di Alessandro Di Tizio, giovane ricercatore e redattore del bimestrale Quaderni Radicali. Gli ho posto alcune domande,ed ecco le sue risposte:

- La "Fantasia come necessità" per fare cosa? La fantasia al potere?
- La fantasia è per i radicali uno strumento di azione politica, che nasce come risposta ad un sistema chiuso all’alternativa e al cambiamento, basato sulla costante violazione di quella che esso stesso ha stabilito essere legge; un sistema che Pannella e i suoi definiscono "regime", di cui anche i mezzi di comunicazione sono strumento ed espressione. La fantasia quindi è necessaria per agire in modo politicamente rilevante, per arrivare direttamente all’opinione pubblica, scavalcando gli ostacoli posti dal sistema ad un soggetto esterno ad esso, alle sue logiche e ai suoi metodi. Non è possibile capire le ragioni delle azioni politiche non ortodosse dei radicali - i digiuni, la tribuna politica con il bavaglio, i nudi, il fantasma... la fantasia, quindi - senza conoscere l’interpretazione che il partito dà della realtà italiana; è proprio da questa constatazione che nasce l’idea del mio libro. Quanto al potere, per i radicali la fantasia è un mezzo di opposizione non ad esso in quanto tale, ma a un certo modo di esercitarlo, all’appropriazione di esso da parte dei partiti.
- Quando e quanto i radicali sono stati "provocatori qualunquisti" e "visionari consapevoli"?
- Quelle che ho tentato di evocare nel sottotitolo del libro sono due immagini dei radicali che derivano da diverse letture delle stesse azioni. Alcuni vedono come esibizionismi, provocazioni e buffonate le azioni non ortodosse dei radicali, altri, a mio avviso a ragione, si rendono conto che tali scelte originali derivano da una precisa interpretazione della realtà politica e da un’ambizione non velleitaria di modificarla. Un’ambizione che si scontra con una realtà respingente, da cui deriva la necessità di rispondere alle difficoltà con la fantasia, unica strada per far sì che le "visioni" divengano realtà. Nel libro parlo anche delle strategie meno efficaci, del rischio di fare usi impropri o controproducenti della fantasia; ma anche in questi casi, la motivazione di fondo, il nucleo dell’azione radicale non è mai riducibile al desiderio di provocare: le azioni non ortodosse sono l’esplicitazione di un pensiero politico, la sua traduzione in azione diretta.
- Ha giovato tale strategia allo sviluppo del loro pensiero?
- La strategia della fantasia deriva dallo scontro tra il pensiero radicale e le condizioni storico-sociali e politiche in cui si trovano a proporlo, e il rapporto tra idee e azioni va letto in questo senso. Sarebbe impossibile immaginare 50 anni di storia del PR senza quello stile così caratteristico, che tra l’altro ha modificato i canoni della comunicazione politica del paese. È poi vero che una strategia basata su scelte simboliche o apparentemente provocatorie si presta al rischio del fraintendimento: la fantasia deve svolgere una funzione di sintesi, quindi deve essere chiara; questo non è sempre stato possibile, talvolta per difetti della strategia proposta, più spesso a causa del pressappochismo o del silenzio dei mass media, e di conseguenza il pensiero del PR è stato frainteso. Tuttavia non va dimenticato che, se la strategia è "necessaria", la componente di rischio inclusa in essa non può sempre essere una ragione sufficiente per abbandonarla. La scelta spesso non c’è: o si rischia o non si fa nulla.

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Alessandro Di Tizio e Gianfranco Spadaccia

- Quali i momenti di splendore, e quali i momenti d’ombra?
- I momenti di splendore dei radicali non coincidono necessariamente con i successi elettorali; anzi, quando nel 1979 ottengono sul suolo nazionale il risultato migliore, eleggendo 20 parlamentari, lo stesso Pannella non è soddisfatto, ritenendo tale successo insufficiente rispetto agli obiettivi ambiziosi da realizzare nelle istituzioni. I radicali sono stimati soprattutto per le battaglie degli anni ’70, quelle che più hanno inciso nella memoria del Paese e che hanno portato i successi più noti ed evidenti, modificando la realtà sociale e politica italiana. Va però ricordato anche il caso Tortora, ancora oggi pietra miliare e punto di riferimento delle battaglie per il garantismo in Italia, così come le intuizioni lungimiranti della lotta alla fame nel mondo e del tribunale penale internazionale. Più recentemente, l’attività di Emma Bonino come Commissario Europeo. C’è poi tutto il filone di successi meno noti, ma concreti: cito a titolo di esempio la campagna di Nessuno tocchi Caino per la moratoria delle esecuzioni capitali, attualmente in corso e ricca di successi. Parlando di momenti d’ombra, penso alla fase più recente dell’attività nazionale, segnata da referendum in cui non si è raggiunto il quorum e dall’assenza dalle istituzioni italiane, che ha creato un distacco con l’opinione pubblica. C’è poi il Partito Radicale Transnazionale alla deriva, senza segretario e tesoriere. Personalmente sono convinto che per i radicali sia da tempo giunto il momento di una seria riflessione interna su limiti, prospettive ed errori, soprattutto sull’organizzazione del soggetto politico: Pannella rilancia continuamente, creando nuovi soggetti,intessendo nuove alleanze e iniziando nuove battaglie. Tutto questo va benissimo, purché si accompagni a una onesta autoanalisi. Altrimenti i nodi non tarderanno a venire al pettine, e saranno sempre più numerosi e dolorosi da sciogliere.
- Quali prospettive, separati adesso o separati per sempre?
- Non c’è da sorprendersi per la scelta di Benedetto Della Vedova e dei suoi Riformatori Liberali di lasciare Pannella per schierarsi a destra: ricordo che all’interno del mondo radicale le divisioni in merito alle strategie elettorali sono tante e ben più profonde della distinzione destra/sinistra. Da alcuni anni Della Vedova insisteva sulla necessità di alleanze per entrare nelle istituzioni, mentre fino a pochi mesi fa Pannella e Bonino sembravano su posizioni diverse, lontane dalla via entrista. La scelta del leader storico è secondo alcuni quella più coerente con la storia radicale, ma i Riformatori Liberali riprendono il percorso iniziato nel 1994 e mettono in primo piano molti dei temi caratterizzanti degli ultimi anni di attività radicale. Che poi la scelta di alcuni abbia spinto altri ad agire diversamente è del tutto normale: stiamo parlando di un soggetto politico cui le categorie italiane di destra e sinistra stanno decisamente strette. Quanto durerà la separazione dipende innanzitutto da quanto dureranno le nuove esperienze politiche della Rosa nel Pugno e dei Riformatori Liberali. Va però detto che, nonostante l’evidente differenza di dimensioni tra i nuovi soggetti politici, mi pare molto più probabile rivedere nel futuro Pannella che dialoga con Berlusconi che non Della Vedova schierato a sinistra. Anzi, questa mi pare l’unica ipotesi da escludere al 100%.
- Cosa c’è nel DNA radicale, governo o opposizione?
- L’opposizione era la collocazione più naturale per i radicali nella Prima Repubblica. Poi è iniziata una stagione di occasioni perse e tentativi mancati: bisognava far tesoro dell’esperienza di Emma Bonino come Commissario Europeo non solo per spenderla poi in termini elettorali, ma per capire quanto potesse essere importante per i radicali essere forza di governo. Invece di individuare lo schieramento più adatto per portare avanti le proprie istanze, i radicali hanno guardato alle distanze dall’una e dall’altra parte, rifiutando il compromesso dell’alleanza. Così hanno rischiato di fare la fine dell’asino che, indeciso tra due mucchi di fieno, muore di fame. Ultimo episodio di questa politica dell’indecisione, che a tratti è parsa più che altro di isolamento, la richiesta di ospitalità a entrambi i poli in occasione delle regionali del 2005. Dopo i referendum sulla fecondazione assistita i radicali hanno finalmente deciso di cambiare strategia, e forse nella prossima legislatura li vedremo di nuovo nella maggioranza. Sarà un’ottima occasione per capire se nel DNA radicale ci sia, oltre all’opposizione, anche una componente di governo. Non sarebbe una contraddizione, ma il segno di grande capacità politica da parte di chi ha già dimostrato di saper fare molto in contesti oggettivamente più limitati.

Ringrazio Alessandro Di Tizio per le risposte ampie ed obiettive. Gli auguro vivamente un bel successo per il suo libro, frutto di una lunga indagine, scevra da luoghi comuni e inutilmente polemici.

Arturo Capasso

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