Un racconto attraverso la canzone popolare che affonda le proprie radici nel teatro e in un dialetto che ha voluto ricordare il Maestro, era una lingua dolce e molto musicale, tutto il contrario di ciò che appare oggi, ossia volgare ed aggressiva, colpa chissà degli eccessi di qualche comico sguaiato. Uno spirito disincantato e verace quello romano che non si limita a chi nella città c’è nato, ma anche a chi c’è venuto e non se n’è più andato mescolandosi nel tessuto popolare, adottandone non solo il linguaggio ma anche la musica.
Non solo canzoni, ma anche drammaturgia a cura di Pietro Piovani, nipote del maestro, attraverso la quale si entra nella narrazione di quei protagonisti che a cominciare dal famoso Festival di San Giovanni di fine Ottocento, portò alla ribalta canzoni e cantanti portatori di quella romanità, di quello spirito che oggi ha bisogno di essere veicolato alle nuove generazioni, perché solo attraverso la conoscenza delle radici si può costruire il presente.
Da Fregoli primo vincitore con la canzone Le streghe a Romolo Balzani, primo vero cantautore, che seppe incarnare lo spirito verace romano, autore di Semo o nun semo canzone che dà il titolo allo spettacolo e di altre composizioni, come San Giovanni, dedicata alla festa di cui fu grande protagonista, L’eco der core e Barcarolo romano, entrambe composte nel 1926.
Tra le chicche in programma: Na serenata a Ponte (canzone giunta a noi per tradizione orale, raccolta e rielaborata da Piovani), Affaccete Nunziata, Nina si voi dormite, Canzone a Nina del grande Ettore Petrolini, cantante e comico intelligente (che non risparmiava stoccate al potere, in tempi rischiosi) insieme alla più famosa Tanto pe’ cantà.
Come un traghettatore del canzoniere della Vecchia Roma del Novecento, Massimo Wertmüller ci guida attraverso aneddoti, stornelli, tenzoni comiche e poesie del Belli che affrontano l’amore, la vita e pure la morte sdrammatizzata fin nel linguaggio: da li morté, a morto de fame, a la morte sua.
Le canzoni descrivono tutte le emozioni, da quelle dolci e sussurrate, col sentimento e il cuore sulle labbra, a quelle comiche travolgenti come la Lulù di Aldo Fabrizi interpretato con grande bravura da Pino Ingrosso fino alle nostalgiche per una Roma che fu, portate al successo da Claudio Villa, Renato Rascel, Fiorenzo Fiorentini, Serenata sincera o Roma forestiera, composta nel 1947 e il capolavoro corale di Martelli, Neri e Simi Com’è bello fa’ l’amore quando è sera, uscita allo scoppio del secondo conflitto mondiale, grande successo che ieri sera ha saputo trascinare il pubblico in una cantata liberatoria.
Come non sorridere e commuoversi con gli stornelli Fior de… o quelli a dispetto che tra metafore e freddure ritraggono la filosofia dei Romani di allora. Senza dimenticare Armando Trovajoli che con il suo capolavoro Rugantino attinse a molti versi della tradizione e scrisse canzoni ormai nel mito come Roma non fa la stupida stasera.
Un viaggio musicale nel passato coinvolgente, è impossibile non emozionarsi, non rivivere attraverso la musica, momenti vissuti in cui un nonno, un padre, una madre hanno cantato quelle stesse canzoni, come lo è soprattutto per Piovani, che ha musicato anche alcune canzoni che la zia Pina – attrice e cantante nel gruppo di Romolo Balzani –gli cantava quando era bambino, mai trascritte in musica. “Le canzoni romane sono la colonna sonora domestica della mia infanzia – racconta Piovani –: le cantava mia madre mentre si sfiancava nei lavori di casa. Da grande ho voluto studiarle per capirle di più: si ama davvero solo ciò che si conosce bene….”
In merito al primato della canzone napoletana rispetto alla nostra aggiunge: “Si è detto e scritto che la canzone romana stilisticamente non esiste, in fondo sarebbe solo un succedaneo della canzone napoletana, e in parte è vero. Ma non estremizziamo, una piccola sua fisionomia distintiva la canzone romana ce l’ha: un certo sentimento di petroliniana rassegnazione, di sulfureo disincanto, che si traduce in vago e scanzonato andamento ritmico; che non è certo la leggera tarantella partenopea, profumata di erbe marine e forni a legna, ma un cugino saltarello dai piedi pesanti, adatto ai sampietrini e odoroso di incenso e di pajata.”
Uno spettacolo che riesce ad appassionare a questa musica delle radici, ad assaporarne la bellezza, l’intelligenza, l’arguzia che diventano canto, come una liberazione, un pianto, un abbraccio alla città perché Semo o nun semo…. C’è poco da rugà!
L’ACCADEMIA FILARMONICA ROMANA E il TEATRO OLIMPICO presentano
PRODUZIONE POLITEAMA
SEMO O NUN SEMO
uno spettacolo di Nicola Piovani
con Pino Ingrosso, Donatella Pandimiglio,
Carlotta Proietti, Sara Fois e Massimo Wertmüller
testi a cura di Pietro Piovani
coordinamento scenico di Norma Martelli
Ensemble Aracoeli
Marco Loddo contrabbasso Nando di Modugno chitarra
Fabio Ceccarelli fisarmonica Alessio Mancini flauto
Sonia Maurer mandolino Pasquale Filastò violoncello